Cosa c’è di vero in “The Irishman”
Tutti i personaggi e molti degli eventi, tranne – forse – il più importante di tutti
The Irishman, il molto apprezzato film di gangster di Martin Scorsese, con Joe Pesci, Al Pacino e Robert De Niro, è su Netflix da mercoledì, dopo che all’inizio del mese era stato in alcuni cinema. The Irishman è tratto da I Heard You Paint Houses, un libro del 2004 scritto dall’avvocato ed ex pubblico ministero Charles Brandt, dopo che Frank Sheeran, l’irlandese del titolo, gli aveva raccontato la sua vita. Il libro è anche stato tradotto in italiano e ne girano due versioni: una, di alcuni anni fa, con una confessione-spoiler nel titolo; l’altra, più recente, intitolata The Irishman. Nel libro Sheeran racconta la sua vita, a metà tra il mafioso Russell Bufalino e il sindacalista Jimmy Hoffa. Tutte persone realmente esistite, le cui storie si incastrano più volte con alcuni grandi eventi della storia statunitense.
Da qui in poi si parla di chi fossero davvero i personaggi di The Irishman e di quanto siano fedeli o attendibili gli eventi mostrati. In altre parole: spoiler.
The Irishman – un film in cui «i sindacalisti sono quasi indistinguibili dai gangster, la morale si scioglie in una rete di alleanze in conflitto tra loro e gli amici sono più pericolosi dei nemici» – è in genere molto fedele a quel che viene raccontato nel libro da cui è tratto. Il fatto, però, è che negli ultimi anni molti esperti di mafia americana e molti studiosi o giornalisti che si sono occupati della misteriosa scomparsa di Hoffa hanno espresso diversi dubbi sulla versione dei fatti di Sheeran, e quindi del libro, e quindi del film. Una cosa che, comunque, non toglie niente al notevole valore del film. Perché appunto è un film, non un documentario.
Tra l’altro, quasi tutti i dubbi riguardano quel che Sheeran dice di sé e quella che sostenne essere la fine di Hoffa. Di molte altre cose che succedono nel film, e di molti altri personaggi che ci compaiono, si può dire, al contrario, che siano probabilmente molto simili a come furono nella realtà. Partiamo dai personaggi.
Frank Sheeran
Il tuttofare di origini irlandesi interpretato da De Niro – e combattuto tra la fedeltà al capo mafioso Bufalino e quella al sindacalista Hoffa – è il narratore del film, che si basa su quel che raccontò a Brandt pochi mesi prima di morire. Sheeran però è un narratore non necessariamente affidabile. Per chi si sta chiedendo perché mai qualcuno dovrebbe inventarsi un omicidio come quello di Hoffa, la risposta ha a che fare con i soldi. Chi non crede a Sheeran spiega infatti che negli ultimi anni di vita non aveva molti soldi e pensa che per rendere interessante e cinematografica la sua storia, e quindi far guadagnare più soldi alla sua famiglia, l’abbia in parte inventata.
Sheeran nacque nel 1920 e morì nel 2003. Una notevole differenza con De Niro sta nell’altezza: era alto quasi due metri, circa venti centimetri più dell’attore. È certamente vero che combatté in Europa durante la Seconda guerra mondiale, ma non c’è modo di sapere se e quanti prigionieri nemici uccise in quella guerra. È vero che incontrò Bufalino e finì a lavorare anche per la mafia, e in seguito per Hoffa, diventandone amico. Sono veri anche gli altri principali dettagli della sua biografia, compresi i due matrimoni. Ma non ci sono prove rilevanti del fatto che possa aver compiuto decine di omicidi per la mafia – come quello di Joe Gallo e soprattutto come quello di Hoffa – e che abbia avuto un ruolo in eventi come l’omicidio del presidente Kennedy o nell’invasione della Baia dei Porci di Cuba. Come ha scritto Time, dipende a chi chiedete: «Per qualcuno era un sindacalista da quattro soldi di Philadelphia, per qualcuno uno dei più prolifici killer della storia mafiosa».
Russell Bufalino
Il mafioso interpretato da Joe Pesci nacque nel 1903 e morì nel 1994. Apparteneva a una delle storiche famiglie della mafia americana ed era noto per essere in genere pacato e riservato (uno dei suoi soprannomi era “The Quiet Don“), ma era considerato molto influente in vari settori: dalla politica, persino quella estera, al cinema (Vulture ha scritto che si pensa fosse stato lui a far scritturare Al Martino per una parte in Il padrino).
Bufalino era nato in Sicilia ma era cresciuto in Pennsylvania e un articolo del 1973 parlò di lui dicendo che era stato spesso accusato ma mai dichiarato colpevole, «nemmeno di qualche infrazione stradale». Il New York Times ha scritto che una volta gli Stati Uniti provarono a farlo espatriare, ma non ci riuscirono perché l’Italia non volle accoglierlo. È famoso, tra le altre cose, per il grande incontro di mafiosi che contribuì a organizzare nel 1957; un incontro che venne scoperto e diede il via alla lotta alla mafia dell’FBI diretta da J. Edgar Hoover. Non ci sono vere conferme, ma molte versioni – non solo quella di Sheeran – dicono che fosse uno dei mafiosi a cui la CIA chiese una mano per organizzare l’assalto alla Baia dei Porci. Nel 1981 finì in carcere perché ritenuto colpevole di aver cercato di far uccidere un testimone protetto dall’FBI, che aveva testimoniato contro di lui in un precedente processo. Una rilevante differenza rispetto al film è che morì in un ospizio quattro anni dopo essere stato rilasciato; non in carcere, dopo essere andato in chiesa.
James Riddle Hoffa
Il personaggio interpretato da Al Pacino è senza dubbio il più famoso tra quelli principali di The Irishman: per quanto fece in vita, raggiungendo una popolarità che nel film si dice essere paragonabile a quella dei Beatles, ma ancora di più per la sua morte. Hoffa era nato nel 1913 ed era diventato sindacalista dell’International Brotherhood of Teamsters (IBT), in breve “Teamsters”, la principale associazione di autotrasportatori del Nordamerica. Hoffa entrò nel sindacato a meno di vent’anni e ci restò per più di quaranta, diventandone presidente nel 1958. Lo rese molto potente e influente, portandolo a un milione e mezzo di iscritti. In parte perché sapeva fare il suo lavoro, in parte perché non sempre operò nella legalità. Fu coinvolto in diversi processi – per frode, uso illecito di fondi e tentata corruzione – e fu in effetti vicino a molti esponenti della criminalità organizzata.
Nel 1967 fu condannato a 13 anni di carcere, ma cinque anni dopo uscì grazie a una decisione del presidente Richard Nixon, provando – senza riuscirci – a riprendersi il controllo del sindacato. È vero che Robert Kennedy, fratello di John Fitzgerald, provò con insistenza a farlo incriminare, molto probabilmente a ragione. Come ha scritto Time, Robert Kennedy una volta disse: «Tolto il governo, i Teamsters sono l’istituzione più potente del paese». Hoffa sparì nel luglio 1975 e mai nessuno è stato condannato per il suo omicidio. Per alcuni anni proseguirono le ricerche, finché nel 1982 fu ufficialmente dichiarato morto, sebbene non si fosse trovato il cadavere.
Sheeran uccise Hoffa su ordine di Bufalino?
In The Irishman, l’evento che decide la sorte di Hoffa è la serata organizzata a Philadelphia in onore di Sheeran, a cui sono presenti sia Bufalino che Hoffa, ancora ostinatamente convinto di riprendersi il sindacato, nonostante gli evidenti messaggi per fargli capire che non era cosa. In questo caso il film si è preso qualche libertà rispetto al libro – in cui l’incontro decisivo tra i tre è la sera prima dell’evento, in un vicino ristorante – ma è lecito pensare che, bene o male, le posizioni degli interessati fossero più o meno quelle. Hoffa che non voleva cedere, Bufalino che glielo chiedeva con sempre maggiore decisione, e Sheeran nel mezzo.
È vero anche che nel 1975 ci fu un matrimonio a cui Hoffa avrebbe dovuto partecipare. Quel che si sa è che Hoffa fu visto per l’ultima volta il 30 luglio 1975 in un ristorante fuori Detroit, dove secondo l’FBI è probabile che si trovasse anche Sheeran. Il problema è che, come ha scritto Esquire, da allora almeno «14 persone hanno detto di aver ucciso Hoffa».
Dal 31 luglio 1975 non è possibile sapere cosa successe a Hoffa. È evidente, per i legami tra Hoffa e la malavita, che la mafia potesse avere dei motivi per ucciderlo, ma non ci sono conferme davvero attendibili del fatto che qualcuno abbia effettivamente ordinato quell’omicidio, per non parlare di eventuali informazioni su chi potrebbe averlo compiuto.
La critica principale al racconto di Sheeran è stata fatta alcuni mesi fa in un lungo articolo di Slate, intitolato “Le bugie dell’Irlandese“, a cui la casa editrice del libro ha risposto con un’altrettanto lunga lettera. Le critiche alla versione di Sheeran – che in altre versioni si trovano qui, qui e qui – girano tutte intorno al fatto che sia improbabile che un tuttofare apparentemente senza grandi ruoli nella mafia – anche perché di origini irlandesi, e quindi non italoamericane – possa aver fatto tutto quello che Sheeran disse di aver fatto, compreso un omicidio di grande rilevanza come quello di Hoffa. Per di più, come scrive Slate, l’unico ad aver concretamente accusato Sheeran di un qualche omicidio – non solo quello di Hoffa – è Sheeran stesso.
Come scrive il sito History vs. Hollywood, ottimo per approfondire anche altri aspetti di quel che viene mostrato in The Irishman, dopo la confessione di Sheeran l’FBI provò a cercare conferme sul suo racconto: andò nella casa in cui lui sostenne di aver ucciso Hoffa e, diciamo dietro la vernice, trovò alcune tracce di sangue. Nessuna di quelle da cui si riuscì a recuperare almeno un po’ di DNA apparteneva ad Hoffa.
The Irishman, comunque, è un film: un’opera di finzione tratta da un libro, che racconta – provando alcune cose e non potendone provare molte altre – il resoconto di un uomo, che non necessariamente va preso per vero. In più, The Irishman usa personaggi veri ma non cerca in nessun modo di far passare per vera la storia che racconta. In una delle tante interviste fatte per promuovere il film, hanno chiesto a Scorsese la sua opinione in merito. Ha risposto che non gli interessa.