Cosa sono questi aiuti militari all’Ucraina
L'Atlantic racconta la questione tornata attuale con l'impeachment di Donald Trump: serve a qualcosa dare all'Ucraina soldi e armi?
Gli aiuti militari e finanziari che gli Stati Uniti versano all’Ucraina dal 2014 sono al centro del procedimento di impeachment contro il presidente statunitense Donald Trump, arrivato la scorsa settimana a uno dei suoi momenti culminanti. In sostanza, Trump è accusato di aver bloccato gli aiuti destinati al paese nel corso di quest’estate e di aver chiesto in cambio della loro erogazione l’annuncio dell’apertura di un’indagine nei confronti del suo rivale politico Joe Biden (il cui figlio è stato coinvolto in una complicata vicenda nel paese).
Trump, in altre parole, avrebbe usato gli strumenti della politica estera statunitense – la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina – come arma di ricatto per spingere il governo ucraino a danneggiare un suo avversario politico. E visto che gli aiuti all’Ucraina sono considerati un investimento nella sicurezza nazionale degli Stati Uniti, di fatto Trump avrebbe anteposto i suoi interessi personali e politici a quelli del suo paese: una caso da manuale tra quelli che consentono la messa in stato d’accusa e la rimozione del presidente degli Stati Uniti dal suo incarico.
Per questa ragione, la principale linea d’attacco dei Democratici che alla Camera presiedono la commissione d’inchiesta è dimostrare non solo l’esistenza di un ricatto nei confronti del governo ucraino (che sembra oramai acclarato, per ammissione degli stessi membri del governo Trump), ma anche la centralità degli aiuti all’Ucraina per la politica della sicurezza del paese. Apparentemente non ci sono dubbi che sia così. Bill Taylor, il diplomatico americano più alto in grado in Ucraina, ha detto durante la sua testimonianza alla commissione di inchiesta che gli aiuti militari al paese «influenzano il mondo in cui viviamo e in cui cresceranno i nostri figli e nipoti. L’Ucraina è sulla linea del fronte» dove si «difende la pace che ha regnato in Europa per quasi 70 anni».
Secondo l’Atlantic, però, questa difesa così convinta è meno semplice da portare avanti di quanto potrebbe sembrare. Innanzitutto, se davvero l’Ucraina è un pilastro dell’ordine internazionale, non è chiaro perché la politica di inviarle aiuti militari sia così recente. È soltanto dal 2014, quando grandi proteste di piazza portarono alla deposizione del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, che gli Stati Uniti inviano aiuti militari al paese.
In questi cinque anni sono stati inviati nel paese circa 1,6 miliardi di dollari in aiuti, una cifra non proprio colossale, e nel solo 2019 sono stati inviati circa 400 milioni di dollari (è lo stanziamento inizialmente sospeso da Trump nel corso di questa estate). Fino al 2018, poi, erano stati inviati soltanto strumenti militari non-letali: sistemi per la visione notturna, protezioni personali, radar per individuare colpi d’artiglieria in arrivo e così via. Più di recente gli Stati Uniti hanno iniziato a inviare anche armi vere e proprie, imponendo però condizioni molto restrittive al loro utilizzo.
Da poco, per esempio, l’Ucraina ha ricevuto un carico di moderni missili anti-carro Javelin, un sistema d’arma particolarmente moderno, costoso ed efficiente. L’accordo però impone agli ucraini di conservare queste armi in depositi lontani dalla linea del fronte. Sono insomma un deterrente, che gli ucraini al momento non possono utilizzare in combattimento (alcuni esperti citati dall’Atlantic sostengono che sapere di avere queste armi in riserva ha comunque migliorato il morale dei soldati).
Questi aiuti sono senza dubbio serviti all’esercito ucraino, che all’inizio delle ostilità con i separatisti – e l’esercito russo che li sostiene – era drammaticamente impreparato. Mentre sulla carta poteva contare su 100 mila soldati, in realtà le truppe pronte al combattimento erano appena seimila. Per difendere il Donbass, la regione orientale occupata dai separatisti e dall’esercito russo, il governo ha dovuto contare sui battaglioni di volontari, spesso finanziati dagli oligarchi del paese. Mariya Omelicheva, professoressa alla National Defense University, finanziata dal dipartimento della Difesa statunitense, sostiene che senza gli aiuti l’area controllata dai ribelli e dai loro alleati russi sarebbe molto più grande e il governo ucraino controllerebbe una porzione più piccola del paese.
Sul fatto invece che l’aiuto all’Ucraina sia fondamentale per la sicurezza statunitense ci sono molti più dubbi. Il presidente Barack Obama disse che, per quanto gli Stati Uniti potessero avere interessi nel paese, la Russia ne aveva di più grandi e quindi sarebbe sempre stata disposta a fare di più per raggiungere i suoi scopi. «Il punto», disse Obama con una certa rassegnazione, «è che l’Ucraina non è una nazione che fa parte della NATO e quindi sarà sempre vulnerabile alla dominazione militare della Russia, non importa quel che faremo».
Alcuni hanno portato questo ragionamento a conclusioni ancora più radicali. Benjamin Friedman, direttore del centro studi Defense Priorities, che sostiene la necessità di ridurre il coinvolgimento militare degli Stati Uniti all’estero, ha detto che gli aiuti statunitensi all’Ucraina rischiano di prolungare il conflitto, ritardare una soluzione pacifica con la Russia e aumentare il numero di morti, feriti e distruzioni subite dal paese. Gli aiuti militari, sostiene Friedman, rischiano di rendere il governo ucraino meno incline ad accettare un compromesso, nella speranza che un flusso crescente di armi e denaro gli permetta di rovesciare le sorti del conflitto.
Così facendo l’Ucraina rischia di trasformarsi in una sorta di “protettorato” statunitense, dove l’iniziativa e il vantaggio sono sempre della Russia, ma dal quale gli Stati Uniti non possono più staccarsi. «Mi piacerebbe tenere separata la questione degli aiuti all’Ucraina e della loro utilità dal fatto che questi stessi aiuti siano stati trattenuti illegalmente dal presidente», conclude Friedman. Questo alla fine sembra il punto della questione. Sull’utilità di sostenere militarmente l’Ucraina le opinioni sono differenti e il dibattito è aperto; sull’aspetto giudiziario della vicenda, invece, la questione sembra molto più trasparente.
Il rischio comunque, almeno per il momento, appare remoto. Più che trasformare la questione Ucraina in un punto centrale della politica estera statunitense, l’impeachment l’ha fatta praticamente dimenticare. Mentre a Washington non si fa che parlare degli aspetti politici e giudiziari interni della vicenda ucraina, tra un paio di settimane i delegati di Russia, Francia, Germania e Ucraina si incontreranno a Parigi per discutere del futuro del paese. Non sembra ci saranno inviati degli Stati Uniti.