Trump ha firmato due leggi a sostegno dei manifestanti di Hong Kong
E la Cina non è contenta
Mercoledì 27 novembre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato due leggi che, tra le altre cose, impongono sanzioni in caso di violazione dei diritti umani a Hong Kong dove la crisi prosegue dallo scorso giugno, con manifestazioni e proteste che trovano una repressione sempre più violenta. Le leggi firmate da Trump rappresentano, di fatto, un sostegno ai manifestanti e una presa di posizione contro la Cina che per fermare le proteste a Hong Kong ha minacciato di intervenire militarmente, e i cui rapporti con gli Stati Uniti sono già piuttosto complicati.
Il primo provvedimento si chiama Hong Kong Human Rights and Democracy Act: prevede sanzioni per i funzionari pubblici colpevoli di violazioni dei diritti umani e vincola il trattamento speciale riservato dagli Stati Uniti ad Hong Kong a revisioni periodiche sullo stato dei diritti umani e civili. Lo status di semi-autonomia di Hong Kong rispetto alla Cina fa sì che anche le norme che regolano i rapporti con gli Stati Uniti siano diverse e più morbide: una revisione di queste regole potrebbe causare danni economici notevoli a Hong Kong. Il secondo disegno di legge firmato da Trump vieta la vendita a Hong Kong di armi per il controllo e la gestione dell’ordine publico come lacrimogeni e proiettili di gomma. Per mesi i manifestanti di Hong Kong avevano chiesto agli Stati Uniti di approvare questi disegni di legge. Lo scorso ottobre era stata anche organizzata una manifestazione specifica a cui avevano partecipato oltre 100 mila persone: molte di loro sventolavano bandiere americane.
I due provvedimenti rappresentano dunque un aperto sostegno ai manifestanti pro-democrazia e antigovernativi. Se Trump avesse o meno intenzione di firmarli era piuttosto incerto. Fino a qualche giorno fa si era rifiutato di impegnarsi a farlo spiegando che sosteneva i manifestanti, ma che il presidente cinese Xi Jinping era un suo amico. Gli restavano comunque poche opzioni, poiché entrambi i provvedimenti erano stati approvati con una maggioranza trasversale da entrambe le camere del Congresso.
Il ministero degli Esteri cinese ha fatto sapere di essere molto contrario alla firma da parte degli Stati Uniti della nuova legislazione e, in una nota ufficiale, ha detto che l’iniziativa rappresenta una grave interferenza negli affari interni di Hong Kong, della Cina e «viola in modo grave il diritto internazionale e le norme di base che regolano le relazioni internazionali». Per questo motivo, conclude la nota, ci saranno delle conseguenze. Ora, i colloqui commerciali in corso tra Stati Uniti e Cina e che nelle ultime settimane sembravano essere arrivati a una svolta potrebbero essere compromessi: entrambi i paesi, fino ad ora, avevano cercato di mantenere la questione di Hong Kong separata dai negoziati. Anche il governo di Hong Kong ha parlato di «forte opposizione e delusione» alla firma di Trump definendo le due misure «inutili e ingiustificate», soprattutto dopo le elezioni locali che si sono svolte domenica scorsa e che sono state stravinte dai candidati antigovernativi. Il voto ha mostrato che «la democrazia è viva e vegeta» a Hong Kong, ha dichiarato un membro del gabinetto della governatrice Carrie Lam.
Trump ha risposto che la sua decisione non voleva essere una mancanza di rispetto nei confronti del presidente cinese o del governo di Hong Kong, ma un segno di speranza «che i leader e i rappresentanti di Cina e Hong Kong» siano presto in grado «di risolvere amichevolmente le loro differenze portando a una pace e una prosperità a lungo termine per tutti».