Le diverse elezioni in Uruguay
Mentre nel resto del Sudamerica si alternano golpe e violente manifestazioni, nel paese che si appresta a votare per le presidenziali è tutto tranquillo
Domenica si vota per il secondo turno delle elezioni presidenziali in Uruguay, in un clima quasi insolito per questo momento storico. Mentre nel resto del continente, dalla Bolivia al Venezuela, passando per Brasile e Cile, golpe militari o tentativi di golpe si alternano a violente manifestazioni di piazza con morti e feriti, in Uruguay tutto procede in maniera apparentemente tranquilla. Il New York Times, per esempio, ha raccontato che quando pochi giorni fa due gruppi di sostenitori dei candidati al ballottaggio si sono incontrati in un parco, una situazione potenzialmente molto tesa in quasi tutti gli altri paesi della regione, gli uruguaiani ne hanno approfittato per iniziare a ballare tutti insieme.
Non tutto è così semplice in Uruguay, dove per esempio gli omicidi sono aumentati di circa il 50 per cento tra 2018 e 2019, ma è vero che il paese, uscito dalla dittatura nel 1985, è riuscito a costruire un sistema politico e istituzionale molto stabile e poco incline ai tumulti comuni a molti altri paesi latinoamericani. L’Uruguay è il paese dove è stato a lungo presidente José Mujica, il capo di stato divenuto famoso in tutto il mondo per il suo stile di vita austero (guidava un vecchio maggiolino e viveva in una minuscola casa nella periferia di Montevideo) e per il suo passato nel movimento di guerriglia che combatteva la dittatura.
Metà dei circa trent’anni di democrazia vissuti dall’Uruguay è stata dominata politicamente dalla coalizione di centrosinistra Frente Amplio (formata da socialdemocratici, comunisti ed ex membri della guerriglia). La coalizione, però, inizia a mostrare segni di logoramento. Al primo turno delle elezioni, lo scorso ottobre, il suo candidato Daniel Martinez, 60 anni, ex sindaco della capitale Montevideo ed ex ministro dell’Industria, è arrivato primo con il 40 per cento dei voti, ma in vista del secondo turno non è riuscito ad accordarsi con nessuno dei suoi rivali. Alle elezioni parlamentari, che si sono svolte lo stesso giorno, il Frente Amplio ha perso la maggioranza dei seggi.
Secondo gli analisti, l’elettorato uruguaiano sarebbe oramai pronto a cambiare partito di governo dopo 15 anni di sinistra al potere, e dopo che negli ultimi anni la situazione economica ha iniziato a peggiorare (la disoccupazione è cresciuta negli ultimi anni, come in quasi tutti i paesi del continente: un fenomeno dovuto soprattutto a una serie di fattori internazionali). Nonostante questo, però, nessun partito di opposizione è riuscito singolarmente a superare le forze progressiste.
Luis Lacalle Pou, il leader conservatore pro-business del Partido Nacional, per esempio, ha ottenuto poco meno del 30 per cento dei voti nel corso del primo turno. Lacalle Pou, che ha 46 anni ed è figlio di un ex presidente del paese, è riuscito però a raggiungere rapidamente un accordo con gli altri due candidati di centro e centrodestra, che hanno preso ciascuno poco più del 10 per cento, assicurandosi così una buona possibilità di rimontare al secondo turno.
La piattaforma politica di Lacalle Pou è opposta a quella di Martinez. Promette misure di austerità per riportare sotto controllo l’inflazione e il costo della vita. Accusa i governi del passato di aver speso troppi soldi pubblici e di aver tassato troppo le imprese, e ricorda sempre agli uruguaiani come la disoccupazione sia aumentata negli ultimi anni. Martinez, candidato della sinistra, risponde alle accuse facendo appello al tradizionale elettorale del Frente Amplio, i poveri e poverissimi, che negli ultimi anni hanno visto migliorare moltissimo la loro situazione (la povertà assoluta nel paese si è ridotta di più di due terzi durante gli ultimi 15 anni), anche grazie alle misure di sostegno condizionato e di lotta alla povertà, introdotte nel paese come in quasi tutto il resto del continente nel corso degli ultimi anni.