C’è tutto un mondo, nelle sigle delle società quotate in borsa
Servono a identificare le aziende, ma in certi casi nascono gag e interessi sorprendenti
Ogni società quotata in borsa, in Italia o nel resto del mondo, deve scegliere un codice identificativo che consiste in una sequenza da una a cinque lettere o numeri. La maggior parte delle volte questi codici contengono le iniziali della società, o le lettere del suo nome, ma in certi casi alcune aziende hanno scelto le sigle in modo da fare delle specie di gag, cercando dei giochi di parole. Uno dei casi più famosi, per esempio, è Slack, il popolare servizio di messaggistica interna per aziende, la cui sigla è WORK, lavoro.
Ma ci sono un sacco di esempi: Cheesecake Factory, una popolare catena di ristoranti specializzati nelle torte, è quotata come CAKE; la casa d’aste Sotheby’s è quotata come BID, cioè offerta, mentre l’azienda di parchi divertimento Cedar Fair si chiama FUN. Il fondo investimenti Asia Tiger Fund è invece GRR, come il ruggito della tigre, mentre l’azienda di bibite National Beverage Company è FIZZ, che in inglese significa bollicine. La compagnia di autonoleggio Avis è CAR, mentre la società che si occupa di investimenti nel campo dell’energia solare Guggenheim Solar è TAN, abbronzatura. Global Wind Energy, che si occupa di energia eolica, è FAN, ventilatore, mentre VCA Antech, che produce medicinali per animali, è WOOF. Gibraltar Industries, che si occupa di materiali edili, è ROCK, cioè pietra; Dynamic Materials Corporation, società metalmeccanica che usa esplosivi, è BOOM; Southwest Airlines è LUV, come love, in riferimento a una delle parole chiave della propria identità pubblicitaria, basata su cuori e atmosfere familiari.
Un articolo di Michael Waters su Medium ha raccontato un po’ di storie sui codici delle società di borsa, e su una certa piega che hanno preso di recente. «Ad alcune persone non interessano le sigle. Ma altri sono fissati, ed è una specie di obiettivo dettato dalla vanità» gli ha spiegato Patrick Healy, un consulente finanziario che si occupa spesso di sigle di borsa.
Le sigle per le società quotate in borsa esistono dalla seconda metà dell’Ottocento, e nacquero per l’esigenza di abbreviare i nomi delle compagnie, rendendoli però immediatamente riconoscibili per gli investitori. Nel 1867 Edward Calahan inventò una macchina capace di trasmettere informazioni sull’andamento dei titoli attraverso le linee del telegrafo, che venivano stampate su un lungo nastro di carta facilmente interpretabile per chi sapeva come fare. All’inizio, i codici consistevano in una sola lettera, ma poi con l’aumentare delle società quotate cominciarono a complicarsi.
Come ha spiegato Healy, in passato le sigle sono state usate dai mercati per provare ad attirare le società: negli anni Novanta la borsa di New York voleva aggiudicarsi Microsoft, soffiandola al Nasdaq, l’altro grande indice statunitense, e tra le altre cose propose la sigla M, riservata appositamente. La sigla di Microsoft – che rimase al Nasdaq – è MSFT. In tempi più recenti, intorno alle sigle si è sviluppato un vero e proprio mercato: un po’ come per i domini dei siti web, alcune società più piccole hanno provato a vendere il proprio codice a società più grandi che avrebbero potuto desiderarlo.
Healy ha raccontato che nei primi anni Duemila fu incaricato dalla società petrolifera Chevron di trovare una nuova sigla dopo la fusione con Texaco: contattò quindi una società che aveva una sigla che poteva interessare, che chiese due milioni di dollari in cambio. Erano troppi, e rinunciò. Questi episodi però non succedono più, perché nel 2008 la SEC – l’agenzia che controlla la borsa negli Stati Uniti – ha creato un’altra agenzia incaricata di impedire scambi segreti di questo tipo, proibendo ai mercati di usare le sigle come incentivo per le società. Ora devono concedere i codici alle prime aziende che li chiedono, anche se in realtà possono ancora riservarne fino a un massimo di 40.
Le sigle sono ovviamente uniche: quando la società di motociclette Harley Davidson decise di fare un rebranding nel 2006, voleva abbreviare la sua sigla a HD, che però era già stata presa dalla catena di supermercati di bricolage Home Depot. Harley Davidson virò allora su HOG, cioè maiale, il nome con cui sono chiamate le Harley Davidson dagli appassionati, perché le prime mascotte della società, ai tempi delle corse motociclistiche del primo Novecento, erano dei maialini.
«Se una società non può avere una sigla molto simile al proprio nome perché è già presa, diventa creativa», ha spiegato Bob McCooey, che si occupa delle nuove quotazioni al Nasdaq. Non tutti devono farlo, però: se possono, la maggior parte delle società scelgono sigle immediatamente riconoscibili, per questioni di praticità. Uber per esempio è UBER, Google è GOOG, la catena di farmacie CVS è CVS, e Facebook è FB.
Ma c’è anche chi ha avuto dei problemi, coi nomi originali: la catena di caffetterie Furr’s/Bishop’s voleva chiamarsi FBI, ma la richiesta fu respinta dalla borsa di New York perché avrebbe potuto confondere gli investitori. Altri invece hanno beneficiato di equivoci simili: la sigla FORD appartiene a una società di custodie per dispositivi elettronici che si chiama Forward Industries, ma spesso ha beneficiato dell’andamento di mercato positivo della casa automobilistica Ford. Tweeter, un rivenditore di elettronica che aveva come sigla TWTRQ, vide le sue azioni aumentare del 1.800% quando Twitter (TWTR) si quotò in borsa.
Secondo Waters, ci sono studi che hanno messo in relazione un buon andamento sul mercato e un codice intelligente, o uno facilmente pronunciabile, o uno che cominci con una delle prime lettere dell’alfabeto. «Gli investitori e gli analisti sono persone, soggette agli stessi pregiudizi dei consumatori. Le persone usano l’euristica per ridurre le risorse cerebrali impiegate: gli studenti scelgono più spesso la lettera C nelle risposte multiple, anche se non ha più probabilità della A» ha spiegato Nita Umashankar, docente di strategie di marketing alla San Diego State University.
Altri codici originali e brillanti delle società quotate in borsa sono, per esempio, LVB, la sigla dell’azienda di pianoforti Steinway, che si rifà alle iniziali di Ludwig van Beethoven. Schlotzsky’s, catena di bar specializzati nei panini, si chiama BUNZ (i bun sono le pagnotte), mentre BioTelemetry, che sviluppa apparecchiature di monitoraggio cardiaco, si chiama BEAT, battito.