La NASA ha rinominato l’oggetto spaziale più distante mai visitato “Arrokoth”
Martedì la NASA ha ufficialmente rinominato l’oggetto spaziale più distante mai visitato – sorvolato all’inizio dell’anno dalla sonda New Horizons – “Arrokoth”, una parola che significa “cielo” nella lingua nativa americana della tribù dei Powhatan, dopo essere stata criticata per il nome scelto in precedenza, “Ultima Thule”. Questo nome infatti, sebbene inizialmente usato nella tarda antichità e nel Medioevo per indicare un’ipotetica terra ai confini del mondo, fu usato all’inizio del Novecento dai gruppi di estrema destra tedeschi che credevano nell’esistenza della “razza ariana”. Tuttora l’espressione è usata in ambienti di estrema destra.
Arrokoth è un oggetto spaziale relativamente piccolo con un’estensione massima di 30 chilometri che si trova nella fascia di Kuiper, un’area del Sistema Solare oltre l’orbita del pianeta Nettuno densa di oggetti congelati e sui quali sappiamo ancora poche cose. È appena visibile data la sua grande distanza dal Sole e per la sua forma è stato paragonato a una coscia di pollo e a un pupazzo di neve. Il suo nome tecnico, quello usato dagli scienziati, è 2014 MU69.
'Arrokoth': a Native American term meaning “sky” in the Powhatan/Algonquian language. With consent from Powhatan Tribal elders and representatives, it's now the official name for the Kuiper Belt object visited by @NASANewHorizons. About today's ceremony: https://t.co/1jp3Y2CvNX pic.twitter.com/ni7TGq8zYE
— NASA (@NASA) November 12, 2019
Da circa 30 anni sappiamo dell’esistenza della fascia di Kuiper e da allora gli astronomi stanno cercando di comprenderne meglio la composizione. Si ipotizza che la fascia sia occupata da milioni di corpi celesti formati per lo più da ghiaccio. A differenza della fascia principale, che si estende tra Marte e Giove, quella di Kuiper non ospita asteroidi, ma frammenti che divennero una sorta di scarto dopo il processo di formazione del nostro Sistema Solare, circa 4,5 miliardi di anni fa. Da allora sono rimasti praticamente invariati, quindi il loro studio potrebbe fornire importanti informazioni per capire come si formarono i pianeti, compreso quello che abitiamo.