Cosa si sa della strage di mormoni in Messico
Lunedì tre donne e sei bambini sono stati uccisi vicino al confine con gli Stati Uniti, in un attacco brutale forse compiuto da una gang criminale
Lunedì nove persone di religione mormone, tre donne e sei bambini tra i 14 anni e i 10 mesi, sono state uccise con particolare brutalità mentre stavano viaggiando a bordo di tre auto nel nord del Messico, vicino al confine con gli Stati Uniti. La strage e gli eventi successivi sono stati ricostruiti negli ultimi giorni dal ministro della Sicurezza messicano, Alfonso Durazo, dalla polizia locale e da alcuni giornali americani che hanno pubblicato diversi articoli sull’accaduto, anche perché le persone uccise avevano doppia nazionalità, messicana e statunitense.
La storia che sta emergendo dalle diverse testimonianze è particolarmente violenta, con molti aspetti ancora da chiarire, per esempio l’identità degli assalitori e la loro eventuale appartenenza a gang criminali legate al traffico di droga.
Cosa è successo
La strage è avvenuta lunedì mattina sulla strada che collega una piccola cittadina dello stato messicano di Sonora al vicino stato di Chihuahua, dove tre donne e 14 dei loro figli erano diretti per incontrare alcuni familiari. Il gruppo, formato da 17 persone, era a bordo di tre SUV quando è stato attaccato in due punti diversi del cammino.
Secondo le ricostruzioni fatte finora, il primo SUV è stato attaccato alle 9.40 ora locale da un gruppo di uomini armati di cui ancora non si conosce né identità né appartenenza: tutte e cinque le persone a bordo – Rhonita Miller, 30 anni, e i suoi quattro figli – sono stati uccisi sul posto, e l’auto bruciata. Le altre due auto sono state attaccate attorno alle 11 ora locale a 18 chilometri di distanza. Lafe Langford, parente di alcune delle vittime, ha raccontato a CNN che i passeggeri della seconda auto hanno visto la macchina davanti a loro venire attaccata da un gruppo di uomini armati: «[Le donne] hanno iniziato a prendere i bambini e cercare di nasconderli, e all’improvviso i proiettili sono piovuti dal cielo. Una volta che gli spari sono terminati, gli uomini sono scesi dalla montagna, hanno tirato fuori i bambini dall’auto e hanno detto loro di andarsene».
Gli uomini armati hanno poi attaccato anche la seconda auto.
I sopravvissuti
I bambini sopravvissuti nel secondo attacco, sette fratelli, alcuni dei quali feriti da proiettili, si sono rifugiati a circa 300 metri di distanza dal luogo dell’assalto. Uno di loro, Cody, era stato ferito a un fianco e a una gamba e non riusciva a camminare, e altri avevano riportato diverse ferite. La madre dei bambini, Dawna Langford, era stata uccisa, così come due loro fratelli, Trevor, 11 anni, e Rogan, 2 anni.
Devin, uno dei bambini sopravvissuti, di otto anni, ha raccontato di avere lasciato i fratelli nel nascondiglio vicino al luogo dell’assalto e di avere cominciato a camminare per chiedere aiuto. Ha percorso 23 chilometri fino a che è arrivato a Bavispe, la cittadina da dove erano partite le auto assaltate, e ha dato l’allarme.
Le prime squadre di soccorso sono arrivate sul luogo della prima macchina bruciata solo la sera, dieci ore dopo l’assalto, per ragioni di sicurezza. I soccorritori hanno individuato i bambini impauriti e feriti nello stesso luogo indicato da Devin, e hanno trovato una bambina di sette mesi ancora viva all’interno di una delle macchine attaccate. L’unica bambina inizialmente dispersa, McKenzie Langford, 9 anni, è stata trovata viva solo diverse ore dopo a qualche chilometro di distanza: McKenzie si era allontanata per cercare aiuto, dopo che aveva visto che Devin tardava a tornare.
La sera stessa i bambini feriti sono stati trasferiti in un ospedale messicano, poi un elicottero fornito dall’esercito li ha portati al confine con gli Stati Uniti, e da lì a un ospedale di Tucson, Arizona.
Chi ha compiuto l’attacco?
Funzionari e familiari delle vittime credono che gli assalitori siano membri dei cartelli della droga messicani, anche se non è chiaro il motivo della strage, ha scritto CNN.
Alfonso Durazo, ministro per la Sicurezza, ha detto che l’assalto potrebbe essere stato compiuto per sbaglio, come risultato di un errore di identificazione degli obiettivi; la stessa ipotesi è stata fatta da Alex LeBaron, un familiare, che ha parlato di un assalto compiuto da due diversi gruppi appartenenti allo stesso cartello della droga, che avrebbe scambiato le vittime per un gruppo rivale. Di opinione diversa è invece l’ex ministro degli Esteri messicano Jorge Castañeda, che ha detto di credere che l’obiettivo della strage fossero proprio i membri delle famiglie mormoni, che da tempo avevano un rapporto di tensione con i cartelli: come ha detto Kendra Lee Miller, cognata di Rhonita Miller, una delle donne uccise, «i cartelli hanno ucciso molti dei membri della nostra famiglia».
Negli ultimi giorni i funzionari locali hanno cercato di capire quale gruppo o quali gruppi criminali avessero compiuto l’attacco. Il procuratore generale dello stato messicano di Chihuahua, Cesar Peniche Espejel, ha detto di credere che i responsabili siano membri del cartello dei “Los Jaguares”, che fino a un po’ di tempo fa facevano parte del noto cartello di Sinaloa. Martedì, ha scritto CNN, un funzionario statunitense ha detto che le indagini si stavano concentrando anche sul cartello La Línea. Finora le autorità hanno arrestato solo una persona, che è già stata rilasciata perché si pensa non coinvolta nella strage.
Chi sono le vittime
Le prime comunità mormoni arrivarono in Messico negli anni Ottanta dell’Ottocento, dopo avere lasciato gli Stati Uniti a seguito dell’approvazione di una legge statunitense che vietava la poligamia.
Le vittime dell’attacco erano parte della comunità di mormoni di circa 3mila persone che ancora oggi vive in Messico e che pratica una versione fondamentalista del mormonismo, che in alcuni casi (pochi) include anche la poligamia: questa comunità non fa parte della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, comunemente nota come Chiesa mormone, che da tempo cerca di prendere le distanze dai fondamentalisti mormoni.
Diverse vittime si chiamavano LeBaron, un cognome legato a una importante famiglia mormone fondamentalista i cui discendenti continuano a essere presenti sia nello stato di Chihuahua sia a Bavispe, nello stato di Sonora. Patrick Mason, storico del mormonismo all’Università dello Utah, ha detto che «negli ultimi decenni il nome LeBaron è stato spesso associato alla violenza». La famiglia LeBaron, infatti, era già arrivata alle cronache nazionali in diverse occasioni, ed era conosciuta soprattutto per una serie di omicidi compiuti da alcuni suoi membri negli anni Settanta e Ottanta sia in Messico che negli Stati Uniti.
Più di recente, membri della famiglia LeBaron erano stati obiettivo della violenza dei cartelli della droga in Messico. Nel 2009 uno di loro, Eric LeBaron, fu sequestrato da un gruppo criminale e liberato solo una settimana dopo. Suo fratello maggiore Benjamin diventò poco dopo un importante attivista contro il crimine organizzato e tra le altre cose convinse le comunità locali a ribellarsi alle violenze: nel luglio 2009 fu ucciso insieme a suo cognato, Luis Widmar, durante un assalto compiuto da uomini armati nella sua casa nello stato di Chihuahua.