La Corte Penale Internazionale ha condannato l’ex ribelle congolese Bosco Ntaganda a 30 anni di carcere, la maggior pena mai decisa finora dal tribunale

L'ex miliziano congolese Bosco Ntaganda, durante l'udienza per la lettura della sentenza per la sua condanna per crimini di guerra e contro l'umanità alla Corte Penale Internazionale dell'Aia, il 7 novembre 2019 (AP Photo/Peter Dejong, Pool)
L'ex miliziano congolese Bosco Ntaganda, durante l'udienza per la lettura della sentenza per la sua condanna per crimini di guerra e contro l'umanità alla Corte Penale Internazionale dell'Aia, il 7 novembre 2019 (AP Photo/Peter Dejong, Pool)

La Corte Penale Internazionale, tribunale internazionale con sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, ha emesso la sentenza di condanna per l’ex ribelle congolese Bosco Ntaganda che a luglio aveva giudicato colpevole di crimini di guerra e crimini contro l’umanità: lo ha condannato a 30 anni di carcere, la maggior pena mai emessa dalla Corte. Ntaganda, che ha 46 anni, è stato la prima persona a essere condannata dalla Corte Penale Internazionale per il reato di schiavitù sessuale; tra gli altri reati per cui è stato condannato – 18 in tutto – ci sono l’omicidio, lo stupro e l’impiego di bambini soldato.

Cresciuto in Ruanda ma trasferitosi da adolescente nella Repubblica Democratica del Congo, Ntaganda iniziò a combattere a 17 anni, spostandosi di frequente tra i due paesi. Le condanne della Corte Penale Internazionale si riferiscono ai crimini commessi tra il 2002 e il 2003 nella regione orientale di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo, quando era a capo di un gruppo di combattenti ribelli. Noto anche con il soprannome di “Terminator”, Ntaganda si consegnò all’ambasciata statunitense della Repubblica Democratica del Congo nel 2013, secondo alcuni analisti per scampare al pericolo di una rappresaglia di una fazione rivale all’interno del suo gruppo di ribelli.