I lavoratori giapponesi di Microsoft sono diventati più produttivi lavorando di meno
L'azienda ha ridotto la settimana lavorativa a quattro giorni per un esperimento estivo, ottenendo più vendite e meno consumi
Riducendo la settimana lavorativa a quattro giorni, Microsoft ha ottenuto un notevole aumento della produttività nei suoi uffici in Giappone, uno dei paesi in cui si fanno più ore di straordinario. La riduzione dell’orario lavorativo ha fatto parte di un esperimento condotto lo scorso agosto e che ora la società dice di voler ripetere per comprenderne meglio gli effetti. Il tema della riduzione dell’orario di lavoro è discusso da tempo ed è legato all’idea che mentre modalità lavorative e impieghi sono cambiati sensibilmente negli ultimi anni, le ore da lavorare sono rimaste pressoché identiche.
La divisione giapponese di Microsoft ha riassunto i risultati del suo esperimento con un comunicato, nel quale spiega di avere dato cinque venerdì consecutivi liberi ai suoi impiegati la scorsa estate. I risultati: le vendite per impiegato sono aumentate del 40 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando i dipendenti avevano lavorato con il classico orario di cinque giorni alla settimana. La società ha inoltre rilevato un miglioramento nei suoi consumi, con un calo del 59 per cento delle pagine stampate e una riduzione del consumo di energia elettrica pari al 23 per cento. Il 94 per cento dei dipendenti ha detto di essere rimasto soddisfatto dal test, che ha permesso di avere più ore libere nella settimana.
L’esperimento faceva parte del progetto “Work Life Choice Challenge 2019 Summer”, condotto da Microsoft per provare soluzioni di vario tipo per migliorare l’esperienza lavorativa dei suoi dipendenti, in un periodo dell’anno come quello estivo che offre qualche margine in più per cambiare le cose senza particolari conseguenze per i carichi di lavoro. A ogni partecipante Microsoft ha garantito il giorno libero pagato, con l’obiettivo di incentivare i dipendenti a “lavorare in periodi di tempo più brevi, riposarsi e apprendere meglio” le tecniche per aumentare la loro produttività e creatività.
Oltre alla settimana lavorativa di quattro giorni, l’esperimento ha compreso l’applicazione di diverse altre regole per ottimizzare i tempi, come un limite di 30 minuti per la durata delle riunioni. I dipendenti sono stati inoltre incentivati a usare strumenti come Microsoft Teams per chattare tra loro e organizzare riunioni online, riducendo i tempi morti delle riunioni tradizionali.
Microsoft Giappone ha annunciato di voler ripetere l’esperimento nei mesi invernali, partecipando al dibattito intorno agli orari lavorativi che sta interessando il Giappone e che vede impegnato lo stesso governo. Il primo ministro Shinzo Abe negli ultimi tempi ha introdotto nuove regole per ridurre le ore di straordinario, incentivare gli impieghi part-time con stipendi più alti e le possibilità di lavori occasionali.
Nelle classifiche dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il Giappone non è tra i primi paesi per ore lavorate l’anno, ma censire correttamente il tempo dedicato al lavoro dai giapponesi è piuttosto complicato e secondo gli analisti le stime sono ampiamente in difetto. Molti dipendenti trascorrono più ore al lavoro di quelle dichiarate e spesso non segnano gli straordinari, anche perché formalmente le leggi più recenti hanno introdotto soglie più basse per provare a ridurli.
La riduzione degli orari lavorativi è sempre più dibattuta e ha tra i suoi sostenitori chi ritiene che i progressi della tecnologia abbiano cambiato il modo in cui si lavora, offrendo nuove opportunità per essere più produttivi in tempi ridotti rispetto a un tempo. Le proposte si concentrano di solito sulla riduzione degli orari giornalieri o su settimane lavorative più corte, come sperimentato da Microsoft in Giappone.
In molti paesi si discute da tempo sull’opportunità di rivedere gli orari lavorativi, ma il confronto politico e sindacale per ora non ha portato a cambiamenti significativi. In attesa di indicazioni più chiare o leggi che modifichino l’organizzazione del lavoro, alcune aziende come Microsoft hanno sperimentato soluzioni alternative.
Il Washington Post segnala il caso di Perpetual Guardian, un fondo d’investimento della Nuova Zelanda, che per un paio di mesi ha sperimentato 30 ore di lavoro alla settimana, lasciando comunque invariato il pagamento delle 37 ore e mezza per i dipendenti. I risultati hanno compreso minori livelli di stress tra gli impiegati e un mantenimento dei livelli di produttività, con un maggiore coinvolgimento da parte dei dipendenti. Visti i risultati promettenti, il fondo ha reso permanente la modifica, alla quale ogni impiegato potrà aderire volontariamente.
Nel Regno Unito si parla da tempo della possibilità di ridurre a quattro giorni la settimana lavorativa, una proposta che trova favorevoli i principali sindacati e parte del Partito Laburista, che ha anche commissionato uno studio su questa possibilità. Diversi economisti non sono però convinti che la soluzione ideale sia limitare per legge il numero di ore lavorative, ritenendo che debbano essere le singole aziende ad applicare soluzioni a seconda delle loro esigenze e di quelle segnalate dai loro impiegati.
Imprese di varie dimensioni hanno condotto esperimenti simili anche in Italia, seppure con l’obiettivo di rendere più pratico il lavoro per i dipendenti, più che per ridurre i loro orari lavorativi. Tra le soluzioni più esplorate ci sono quelle sul cosiddetto “smart working”, con la possibilità di lavorare almeno un giorno da casa collegandosi a distanza con il proprio computer, senza la necessità di recarsi in ufficio.
La riduzione dell’orario lavorativo porta con sé comunque qualche preoccupazione, per esempio sul rischio che le giornate lavorative diventino molto più intense e stressanti per completare in minor tempo una mole comunque consistente di lavoro. Potrebbero inoltre esserci rischi per gli impiegati, con le aziende che potrebbero utilizzare la scusa delle minore ore lavorate per ridurre sensibilmente gli stipendi.