Scorsese ha stroncato i film della Marvel (e il cinema moderno in generale)
In un articolo sul New York Times ha chiarito e spiegato il giudizio che aveva già espresso sbrigativamente («Non sono cinema»)
Circa un mese fa Martin Scorsese, uno dei più grandi registi viventi, aveva espresso durante un’intervista un’opinione forte e poi molto discussa sui tantissimi film “di supereroi” dei nostri anni, in particolare quelli dell’Universo Cinematografico Marvel. «Non li guardo. Ci ho provato, sai? Ma non sono cinema. Sinceramente, la cosa a cui mi fanno pensare – pur ammettendo quanto bene sono fatti e come gli attori riescano comunque a tirarne fuori il meglio possibile – sono i parchi a tema. Quei film non sono un cinema fatto da esseri umani che provano a trasmettere emozioni ed esperienze psicologiche ad altri esseri umani». Il suo giudizio aveva fatto parlare e in alcuni casi era stato ricondotto a una più generale contrapposizione tra “il nuovo” (i film Marvel) e “il vecchio” (i film di Scorsese). Il 4 novembre Scorsese ha deciso di spiegarsi meglio, scrivendo sul New York Times un articolo dal titolo: “Ho detto che i film della Marvel non sono cinema. Lasciate che mi spieghi“.
Scorsese – il cui ultimo film The Irishman è stato molto apprezzato, è in questi giorni nei cinema e a fine mese arriverà su Netflix – inizia l’articolo spiegando:
Molte saghe cinematografiche sono fatte da persone di notevole talento e capacità. Si vede, sullo schermo. Il fatto che quei film a me non interessino è una questione di gusti e temperamento. So che se fossi più giovane, se fossi cresciuto più tardi, sarei probabilmente stato entusiasta di vedere questi film, e magari persino di farne uno io stesso. Ma sono cresciuto in un altro periodo storico e ho sviluppato un gusto per i film – per quello che furono e potrebbero essere – che è lontano dall’Universo Marvel tanto quanto la Terra è lontana da Alpha Centauri.
Scorsese spiega quindi che il cinema che gli piace ha a che fare con l’estetica, le emozioni e la spiritualità, ma anche con quella che lui definisce «la complessità delle persone, le loro contraddizioni e a volte la loro natura paradossale; il modo in cui possono farsi male a vicenda e amarsi tra loro, oppure scoprire improvvisamente chi sono». Più sinteticamente, Scorsese parla del cinema – del cinema che piace a lui, almeno – come di una «forma d’arte» secondo lui di valore uguale alla letteratura, alla musica o alla danza. Fa anche qualche esempio: Corea in fiamme di Sam Fuller, Persona di Ingmar Bergman, È sempre bel tempo di Stanley Donen e Gene Kelly, Scorpio Rising di Kenneth Anger, Questa è la mia vita di Jean-Luc Godard e Contratto per uccidere di Don Siegel.
Scorsese torna poi alla sua definizione di cosa siano i film Marvel e scrive che persino certi film di Alfred Hitchcock, per esempio L’altro uomo e Psyco, «erano come dei parchi a tema», perché chi li vedeva «voleva essere sorpreso ed emozionato». Bisogna dire però, aggiunge Scorsese, che se oggi riguardiamo quei film non è solo per essere sorpresi o emozionati, ma per la loro qualità artistica e per quello che secondo lui manca ai film Marvel: «Le scoperte, i misteri, o un sincero pericolo emotivo». Scorsese scrive che nei film Marvel «non c’è niente a rischio» perché sono «fatti per soddisfare una specifica serie di richieste, progettati per essere variazioni su un numero limitato di temi». Sono «sequel nel nome, ma remake nell’essenza»: film «basati su ricerche di mercato, testati sugli spettatori, esaminati, modificati, riesaminati e di nuovo modificati finché non sono pronti per il consumo».
Scorsese aggiunge che i film della Marvel sono tutto quello che invece non sono i film di registi e registe contemporanei come Paul Thomas Anderson, Claire Denis, Spike Lee, Ari Aster, Kathryn Bigelow o Wes Anderson. Scorsese scrive che quando va a vedere un film di uno di questi registi sa di poter essere spiazzato e disorientato, sa che sono film che potranno espandere «il modo in cui le immagini in movimento possono essere usate per raccontare qualcosa». Quelli Marvel invece, sostiene, sono film fatti in modo che non falliscano, che per questo motivo vengono replicati all’infinito sempre identici a se stessi, e quindi comportano che nessuno si prenda mai nemmeno mezzo rischio artistico.
Successivamente Scorsese sostiene che il proliferare dei film di supereroi tutti uguali sia un problema, perché sono diventati «la prima scelta se vuoi vedere qualcosa al cinema». Non è una semplice questione di offerta e di domanda, dice, ma di un’offerta che si è troppo standardizzata e di una domanda (cioè il pubblico) che si è semplicemente adeguata. In altre parole, secondo lui film di questo tipo sono stati “imposti” agli spettatori, che ormai hanno poche alternative. La sua idea, di conseguenza, è che dovrebbero averne di più, ma che le alternative mancano perché chi fa film non vuole più rischiare. Il rischio più grande consiste secondo lui nel puntare sulla «visione unificante di un artista».
Scorsese scrive che ormai nel mercato cinematografico ci sono due campi separati: «L’intrattenimento audiovisivo e il cinema». Due campi che «a volte capita ancora che si sovrappongano» ma in cui teme che «il dominio finanziario di uno finisca per marginalizzare e persino screditare l’esistenza dell’altro». Nella sua spiegazione di ciò che pensa dei film Marvel – e quindi di quello che il cinema è diventato negli ultimi anni – Scorsese non tralascia il fatto che il suo ultimo film sia stato fatto per Netflix e che senza Netflix non sarebbe stato possibile farlo (per via dell’alto budget, che difficilmente altri avrebbero finanziato). Ma pur dicendosi molto grato verso Netflix, conclude che lui vorrebbe vedere i suoi film nei cinema: solo che spesso sono «affollati» da film come quelli della Marvel.
L’articolo finisce così:
Per chiunque sogni di fare film o stia appena iniziando a farli, il contesto è crudele e desolato. E anche solo scrivere queste parole mi riempie di tremenda tristezza.