Una canzone di Natalie Merchant
Questa parla di non fare, di non farcela a fare, di sapere cosa si dovrebbe fare e non farlo
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera.
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I may know the word
Natalie Merchant non ha i fans: ha proprio i perdutamente innamorati. In Playlist l’avevo messa così, parlando della sua ex band, i 10,000 Maniacs.
Come quelle donne che dicono di trovare più belli John Malkovich, Harvey Keitel e Steven Tyler di Brad Pitt e Robert Redford, ci sono uomini che sostengono che la donna dei loro sogni non sia Nicole Kidman ma Natalie Merchant, la cantante dei 10,000 Maniacs (pronuncia: tentàusan mèniacs) prima di mettersi in proprio con risultati altrettanto egregi. Erano sei, bravi; Robert Buck è morto nel 2000, a 42 anni.
Tra i risultati egregi ci sarebbe da attingere moltissimo (per esempio). Lei è dello stato di New York e ora ha 56 anni: aveva un nonno italiano che si chiamava Mercante prima di arrivare in America. Questa è la prima canzone che scrisse dopo aver lasciato i 10,000 Maniacs nel 1993: doveva andare nella colonna sonora di Philadelphia (quella dove c’è il pezzo molto bello di Neil Young; quello più famoso di Springsteen non è memorabile), poi non se ne fece niente. Parla di non fare, di non farcela a fare, di sapere cosa si dovrebbe fare e non farlo. Nel 2015 lei registrò di nuovo tutto quel primo disco con arrangiamenti diversi, e con la sua voce che aveva vent’anni di più: questa è l’originale, quelle sotto le versioni del 2015, ma non chiedetemi quale preferisca.
Nel 2014 siamo andati a vederla al Barbican a Londra con Emilia che aveva dieci anni, e si è un po’ addormentata: che è poi il senso di questa newsletter.
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