L’epidemia di HIV tra 900 bambini in una città del Pakistan
Da mesi a Ratodero c'è un picco di infezioni del virus legato all'AIDS e causato dal riuso di siringhe, secondo le autorità locali
Dall’inizio di quest’anno a Ratodero, una città di 200mila abitanti nel Pakistan centrale, circa 900 bambini hanno contratto l’HIV, il virus che può comportare l’AIDS. Centinaia di genitori lo hanno scoperto dopo che i loro figli hanno iniziato a mostrare sintomi come febbre e spossatezza, che li costringevano a letto per uno strano malessere difficile da identificare. Le analisi sui bambini hanno confermato il picco inatteso di contagi da HIV, portando a nuovi sforzi sanitario internazionali per affrontare in modo più sistematico il problema.
Le prime notizie sull’epidemia da HIV a Ratodero erano iniziate a circolare la scorsa primavera, quando i casi accertati erano circa 600 e le autorità locali ritenevano che un singolo pediatra potesse essere la causa del problema. Le indagini condotte negli ultimi mesi suggeriscono però che le cause dei contagi sopra la media siano dovute alla scarsa igiene e a pratiche sanitarie scorrette, seguite da molti medici, dentisti e perfino dai barbieri che lavorano in città.
Gli investigatori inviati dal governo del Pakistan in primavera a Ratodero avevano notato che molti bambini con HIV avevano frequentato lo stesso pediatra, Muzaffar Ghanghro, conosciuto dalla popolazione locale per essere molto economico e quindi popolare tra i più poveri, che altrimenti non si potrebbero permettere le cure per i loro figli. Diversi testimoni raccontarono di avere visto Ghanghro utilizzare le stesse siringhe per iniezioni su bambini diversi, facendo aumentare enormemente il rischio di infezioni virali comprese quelle da HIV.
Come racconta il New York Times, tra i primi giornalisti a occuparsi della vicenda di Ratodero ci fu Gulbahar Shaikh, insospettito dall’alto numero di malesseri tra i figli dei suoi amici e conoscenti. Shaikh in seguito avrebbe scoperto che anche una sua figlia di 2 anni era diventata sieropositiva, dopo essere stata portata una volta da Ghanghro per ricevere le sue cure. Il pediatra era del resto molto economico, con tariffe intorno ai 20 centesimi di dollaro per una visita, in una città dove molte famiglie vivono con meno di 60 dollari al mese.
Le testimonianze di altri genitori fornite agli investigatori, alle autorità sanitarie e alla stampa locale pfornirono ulteriori conferme circa le pratiche per nulla igieniche seguite da Ghanghro. Un genitore raccontò di avergli portato tutti e sei i suoi figli, quattro dei quali sarebbero poi risultati positivi all’HIV. I suoi due figli più piccoli, di 14 mesi e di 3 anni, sarebbero morti nei mesi successivi. Ricostruendo il momento della visita, il genitore spiegò di essersi allarmato quando vide Ghanghro rovistare nel cestino dei rifiuti del suo studio per cercare una siringa da riutilizzare. Protestò, ma il pediatra gli rispose di non intromettersi, e che se stava riciclando una siringa era semplicemente perché era troppo povero per permettersene una nuova. Non potendosi permettere medici più costosi, il genitore non ebbe alternativa.
In seguito alle indagini e alle testimonianze, Ghanghro era stato arrestato perché sospettato di negligenza e di omicidio colposo. Le accuse non sono però state confermate dai magistrati e quindi attualmente Ghanghro è libero di continuare a esercitare la propria professione. Di recente ha rinnovato l’abilitazione e lavora come medico presso un ospedale pubblico alla periferia di Ratodero. Al New York Times ha detto di essere innocente e di respingere ogni accusa nei suoi confronti.
Negli ultimi mesi ulteriori indagini sembrano avere ridimensionato le responsabilità di Ghanghro, che difficilmente può essere stato l’unica causa del picco di nuovi casi di HIV a Ratodero. Le autorità sanitarie hanno rilevato irregolarità in altri ambulatori, ricevendo notizie e testimonianze su diversi medici che per motivi economici riciclano le siringhe per le iniezioni. I dentisti, su alcuni dei quali ci sono dubbi sulle effettive licenze e abilitazioni, tolgono denti e fanno i loro interventi in condizioni igieniche a dir poco precarie, riutilizzando gli stessi strumenti e senza badare alla sterilizzazione. Il problema riguarda anche i barbieri, che quasi sempre riciclano le lamette dei rasoi tra un cliente e l’altro, con il rischio di trasferire il virus nel caso di ferite con perdita di sangue durante la rasatura.
Problemi di questo tipo non sono limitati a Ratodero: in Pakistan le pratiche antigieniche sono considerate la principale causa dell’aumento delle infezioni da HIV negli ultimi anni, in un contesto globale dove invece si inizia ad assistere a un calo dei contagi, per lo meno in alcune parti del mondo. Se si comprendono gli adulti, le verifiche hanno finora portato a identificare 1.112 nuovi casi confermati di HIV a Ratodero, ma il numero potrebbe essere molto più alto, considerato che finora meno di un quarto della popolazione ha condotto il test sull’HIV.
Secondo i dati di UNAIDS, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di HIV e di AIDS, tra il 2010 e il 2018 il numero di infezioni in Pakistan è praticamente raddoppiato. Le stime attuali parlano di 160mila casi, ma c’è la consapevolezza che il dato sia ampiamente in difetto, considerato che buona parte della popolazione non effettua i test e che solo un decimo delle persone con HIV sono trattate adeguatamente, con farmaci che impediscono al virus di moltiplicarsi e fare danni. Il governo pakistano spende pochissimo per la prevenzione e molti progetti sanitari contro l’AIDS sono finanziati dall’estero attraverso programmi di sostegno.
Negli ultimi 15 anni ci sono state 8 epidemie da HIV in Pakistan, e a Ratodero se ne era già registrata una tre anni fa: all’epoca furono riscontrati almeno 1.500 nuovi casi in pochi mesi tra i maschi adulti, secondo le autorità locali dovuti alla frequentazione di alcune prostitute sieropositive. L’attuale epidemia è invece la prima a coinvolgere un numero così significativo di bambini nella zona.
In primavera, dopo le prime notizie su Ghanghro, il governo aveva disposto la chiusura di vari ambulatori nella zona di Ratodero, riscontrando irregolarità nella loro gestione e nelle attività di alcuni medici. Le chiusure avevano anche interessato alcune banche del sangue clandestine, dove era stato riscontrato il riciclo di siringhe. A distanza di qualche mese, spiega ora il New York Times, alcune di quelle cliniche sono nuovamente aperte e regolarmente operative.
Secondo Imran Akbar Arbani, un medico tra i primi ad accorgersi dell’aumento di casi di HIV e che si era poi messo in contatto con il giornalista Shaikh, dalla fine di aprile almeno 35 bambini sono morti nella zona di Ratodero perché malati. I timori sulla diffusione dell’HIV stanno inoltre portando a psicosi e superstizioni, che si diffondono facilmente a causa degli scarsi livelli di alfabetizzazione e istruzione.
Molti abitanti sono convinti che basti entrare in contatto con un sieropositivo per contrarre l’HIV, mentre è ormai chiaro da decenni che il virus si trasmette solamente attraverso lo scambio di alcuni fluidi corporei, per esempio se si hanno rapporti sessuali non protetti o se il proprio sangue entra in contatto con quello di una persona portatrice del virus.
I timori e il panico di nuove infezioni hanno fatto sì che le centinaia di bambini con HIV siano emarginati, spesso dalle stesse famiglie, che li costringono a vivere in ambienti separati della casa e a non entrare in contatto con altre persone. L’emarginazione riguarda anche le scuole, dove i genitori dicono ai loro figli di non giocare con i bambini con HIV per non correre rischi, precauzioni ingiustificate e che aggiungono inutili sofferenze.