Perché Netflix sta facendo accordi con tutti
Dalla Rai a Mediaset a Sky – cioè teoricamente la concorrenza – con formule diverse ma con obiettivi comuni
Netflix è in Italia dall’ottobre 2015 e all’inizio le cose erano semplici: Netflix offriva in streaming film e soprattutto serie tv, molte delle quali americane, diverse da quelle che si trovavano su Rai, Mediaset e Sky. Non erano compartimenti stagni, ma quasi: ognuna di queste aziende funzionava comprando o producendo da sé programmi, serie e film, che poi mettevano a disposizione sui propri canali. Negli ultimi due anni le cose sono molto cambiate: Netflix ha fatto accordi prima con la Rai, poi con Sky e infine con Mediaset. Quattro anni fa era impensabile, ma ora è possibile usare un decoder Sky per accedere all’app di Netflix all’interno della quale guardare una serie della Rai; ed è stato anche possibile, in una sera di luglio, vedere sulla Rai un programma in cui Simona Ventura promuoveva una serie di Netflix. Nell’attesa di vedere, tra qualche mese, sempre su Netflix, un film Netflix co-prodotto con Mediaset.
Quando Netflix esisteva negli Stati Uniti ma non era ancora attivo in Italia, in genere sceglieva di vendere le serie che si produceva e che prima che in ogni altro posto finivano su Netflix – le cosiddette “serie originali Netflix” – a chi già operava in Italia. È il motivo per cui House of Cards, una serie originale Netflix, è stata trasmessa su Sky (che in base a precedenti accordi ne mantenne i diritti italiani anche dopo l’arrivo di Netflix in Italia) e le prime tre stagioni di Orange is The New Black finirono su Infinity e Mediaset Premium. Netflix in Italia ancora non esisteva e quindi sceglieva di guadagnare attraverso la vendita ad altri dei diritti per mostrare le sue serie in Italia.
Dopo il suo arrivo in Italia, l’interesse di Netflix era invece avere le sue serie originali in esclusiva, senza che si potessero vedere altrove. Le serie erano infatti un’importante leva per convincere più persone possibile ad abbonarsi, un modo per mostrarsi diversa dalla tv generalista e cosiddetta lineare (cioè Rai e Mediaset), ma anche da quella a pagamento (cioè Sky). Su Netflix c’erano serie nuove, spesso percepite (o anche solo raccontate) come innovative e moderne, che si potevano vedere in binge watching, un episodio dietro l’altro. Altrove c’erano altre serie, spesso percepite come meno fresche, e comunque proposte con modalità di fruizione differenti: uno o due episodi alla settimana, spesso con in mezzo la pubblicità.
Netflix e Rai
I compartimenti iniziarono a farsi un po’ meno stagni nell’ottobre 2017, quando Netflix – che nel frattempo aveva già nella sua piattaforma le prime stagioni di serie come The Crown, Glow, Tredici e The OA – fece il suo primo accordo con la Rai. L’accordo prevedeva che su Netflix sarebbero finite un po’ di fiction e serie tv della Rai – tra cui le prime stagioni di Don Matteo e Braccialetti Rossi, ma anche Non Uccidere, Adriano Olivetti, Il Giovane Montalbano, Volare, L’Ispettore Coliandro e Il Paradiso delle Signore – e che, in cambio, la Rai avrebbe ottenuto un po’ di soldi. Proprio nell’ottobre 2017 arrivò su Netflix Suburra – La serie, la prima serie originale italiana di Netflix, alla cui produzione aveva partecipato anche la Rai. Su Netflix la prima stagione di Suburra è disponibile dal 6 ottobre 2017; sulla Rai è andata in onda nel febbraio 2019, dopo che su Netflix era arrivata la seconda stagione.
Nel maggio 2019 il presidente della Rai Marcello Foa parlò di Netflix in termini non propriamente concilianti: «Nell’era della globalizzazione anche mediatica solo un servizio pubblico che vuole restare tale può raccontare l’Italia. Netflix infatti è interessato a raccontare il nostro paese solo se questo ha un riflesso sul mercato globale. Noi riusciremo a contrastare Netflix solo accentuando la nostra italianità». Nonostante questo Netflix e Rai hanno continuato a collaborare, come dimostra la presenza su Netflix della serie Il nome della rosa, che pochi mesi prima era sulla Rai (che ci aveva tra l’altro puntato molto, con risultati però tutt’altro che entusiasmanti). Nelle prossime settimane dovrebbe arrivare su Rai 4 anche la prima stagione di Narcos (altra serie originale Netflix, dove intanto è già arrivata la quarta stagione).
La sera del 19 luglio, poi, Rai 2 ha trasmesso una sorta di speciale, condotto da Simona Ventura, per promuovere la terza stagione della serie originale spagnola La casa di carta, disponibile su Netflix proprio da quel giorno. La Rai trasmise cioè un vero e proprio programma – non solo un normale spot – il cui chiaro scopo era convincere gli spettatori a vedere una serie che non era sulla Rai.
Yo soy Simona (Fuerte) Ventura e soy prigioniera de la Banda!!! Questa sera su Rai 2 ore 23:00 scoprirete di più! Passo e chiudo! @RaiDue @netflixit #LCDP3 pic.twitter.com/8yqOBh602p
— Simona Ventura (@Simo_Ventura) July 19, 2019
Netflix e Mediaset
Al momento non ci sono contenuti originali di Netflix disponibili su Mediaset, ma succederà: a inizio ottobre le due aziende hanno annunciato che produrranno insieme cinque film – tra cui uno che fa pensare a Tommaso Paradiso e uno su Roberto Baggio – e che una volta completati saranno messi prima su Netflix e poi, passato un anno, su Mediaset. Un po’ come nel caso di Netflix e della Rai, quindi, due aziende che si possono considerare almeno un po’ rivali hanno deciso di collaborare anziché farsi concorrenza, con Netflix che anche in questo caso mostra i contenuti per prima.
Mediaset e Netflix sono finite fianco a fianco in molti discorsi e articoli anche dopo che il 3 luglio di quest’anno, un giorno prima dell’uscita su Netflix della terza stagione di Stranger Things, Italia 1 modificò la sua programmazione per celebrare gli anni Ottanta, molto rilevanti in ogni aspetto di Stranger Things. Italia 1 trasmise famosi film di quel decennio, ma non solo.
Netflix e Sky
Nei due casi precedenti gli accordi hanno riguardato i contenuti, e Mediaset e Rai hanno molte cose in comune: hanno entrambe canali televisivi in chiaro (a cui negli ultimi anni hanno aggiunto possibilità e servizi per mostrare i propri contenuti anche in streaming e on demand). Gli accordi di Netflix con Sky sono differenti. Dal 9 ottobre, infatti, è diventato possibile guardare Netflix attraverso la piattaforma satellitare Sky Q. In questo caso l’accordo – i cui dettagli erano in parte noti dal marzo 2018 – ha coinvolto le due società a livello europeo, non solo italiano, e riguarda la presenza di Netflix in un’altra piattaforma. In questo senso, è un accordo dello stesso tipo di quello che Netflix ha fatto in Francia con Canal+, o di quello che in Italia Sky ha fatto con Dazn: si tratta di rendere possibile, per certi spettatori, guardare cose diverse utilizzando la stessa piattaforma.
Perché?
Se l’accordo con Sky – seppur a suo modo storico – non ha bisogno di grandi spiegazioni, le collaborazioni di Netflix con Rai e Mediaset sono molto più interessanti, in tutte le loro tre principali declinazioni:
- Le pubblicità di Netflix su altri canali (come per La casa di carta 3 e Strangers Things 2 su Rai 2 e su Italia 1)
- La presenza su Netflix di contenuti non suoi (come successo con Don Matteo e più di recente con Il nome della rosa)
- La coproduzione di qualcosa che finirà prima su Netflix e poi anche altrove (come nel caso di Suburra o di tutti i nuovi film dell’accordo con Mediaset).
Il caso delle pubblicità, in particolare quella su Rai 2, era stato criticato da qualcuno che lo aveva giudicato come un cedimento della Rai – o, ancora meglio: del “servizio pubblico” – nei confronti di Netflix. Giovanna Vitale aveva scritto su Repubblica: «Una cosa così non si era vista mai. Una televisione pubblica, finanziata coi soldi dei cittadini, che dedica uno speciale in seconda serata per lanciare non uno dei suoi programmi di punta, bensì la più seguita serie (straniera) della concorrenza. E neppure un concorrente qualsiasi, bensì il colosso americano Netflix». Ma è in realtà il caso più facile: Netflix, infatti, aveva offerto una cifra tale – Repubblica parlava di 600mila euro, cioè 20mila euro al minuto – da convincere la Rai, per quella volta, a fare pubblicità a un programma della concorrenza, sapendo che qualcuno dei suoi spettatori poco dopo avrebbe guardato Netflix anziché qualsiasi altra cosa avrebbe proposto il palinsesto di Rai 2.
Il secondo caso di incrocio tra Netflix e la tv generalista, cioè la scelta di Netflix di rendere disponibili alcuni contenuti Rai sulla sua piattaforma, si spiega con la necessità, da parte di Netflix, di riempire dei buchi e di accontentare ogni tipo di utente. Il catalogo di Netflix è pieno di serie pensate apposta per il binge watching e probabilmente molto viste dai più giovani, o comunque da chi non trova particolarmente interessante la maggior parte delle cose fatte dalla Rai. Ma Netflix punta anche ad altri clienti, per esempio quelli che trovano Don Matteo più interessante di Stranger Things, o quelli che a tutte le novità sfornate ogni mese da Netflix preferiscono la possibilità di rivedere, sempre su Netflix, Fantaghirò. È difficile pensare che qualcuno si sia abbonato a Netflix apposta per vedere Fantaghirò o Don Matteo, ma di certo sono servite ad allargare il tipo di contenuti disponibili sulla piattaforma. Per Netflix è una spesa minore rispetto a quella necessaria per produrre da sola serie di questo tipo; per chi ha ceduto a Netflix i diritti per mostrare quelle serie è stata una possibilità in più di guadagno. Succede da anni, in Italia come all’estero, che si spendano soldi per la possibilità di ritrasmettere vecchie serie che però continuano a essere viste.
Per quanto riguarda invece le coproduzioni di nuove serie e nuovi film, la collaborazione tra Rai e Netflix ricorda quelle che Netflix fa all’estero con altre case di produzione o addirittura con canali televisivi. Per esempio, ha collaborato con la BBC per Bodyguard o Channel 4 per The End of the F***ing World. In genere funziona che un canale come Channel 4 trasmette in anteprima una serie ma solo in un paese (in questo caso il Regno Unito), e poi – non molto tempo dopo – Netflix renda disponibile quella serie nel resto del mondo. Il caso dell’accordo con Mediaset, che riguarda la coproduzione di cinque film, è invece più raro e finora probabilmente unico.
Sia nel caso degli accordi con Mediaset che con quelli con la Rai è interessante notare soprattutto una cosa: Netflix ha sempre mantenuto una posizione di forza. Netflix non solo ha ottenuto la possibilità di distribuire certi contenuti all’estero, ma anche di essere la prima a distribuirli in Italia. Questo mostra che Netflix si trova, almeno in Italia, in una posizione di vantaggio rispetto alle società che da anni occupano i primi sei canali di tutti i telecomandi. La Rai ha accettato di partecipare alla produzione di Suburra sapendo che l’avrebbe trasmessa con grande ritardo rispetto a Netflix; Mediaset ha accettato di co-produrre almeno cinque film con Netflix, sapendo che quei film finiranno sui suoi canali un anno dopo che Netflix li avrà messi a disposizione di quelli che si pensa siano almeno due milioni di utenti, solo in Italia.
È difficile dire chi ci abbia guadagnato e chi ci abbia perso, anche perché Netflix non comunica ufficialmente quante persone vedono i suoi contenuti. Si può però dire che Suburra, il primo frutto della collaborazione tra Netflix e Rai, non ha avuto grandi risultati quando è stata trasmessa sulla Rai, al punto che fu spostata dalla prima alla seconda serata. Lasciando che altri canali trasmettano le prime stagioni delle sue serie, Netflix riesce a fare due cose: guadagnare soldi da chi compra i diritti di trasmissione di quelle prime stagioni, e usare quelle prime stagioni trasmesse da altri come occasione per far appassionare nuove persone a quelle serie tv, e magari decidere di abbonarsi.
Tutti questi accordi arrivano, tra l’altro, poco prima che il contesto mondiale dei contenuti in streaming cambi tantissimo, per via dell’arrivo nel mercato di nuovi e temibili concorrenti come Disney, Apple ed HBO Max. Netflix si troverà quindi a dover competere con tanti nuovi avversari, prima o poi anche in Italia. Gli accordi con Rai e Mediaset possono quindi essere visti come una piccola mossa in preparazione di quel momento, per fare soprattutto tre cose: trovare nuovi alleati produttivi, sviluppare nuove fonti di guadagno e aumentare il più possibile i contenuti prodotti. Sono tutte cose che hanno lo scopo di rendere Netflix ancora più forte in quello in cui già è molto forte. Rispetto a tutti i nuovi e pericolosi concorrenti, infatti, Netflix ha dalla sua soprattutto tre cose: una ormai grande esperienza produttiva, un grande bacino di abbonati e la capacità di presentare ogni mese decine di nuovi contenuti, di ogni tipo e da ogni paese.