L’intervista di Francesca Mannocchi ad “al Bija”
Cosa ha detto a Propaganda Live l'ex capo della guardia costiera libica di Zawiyah sull'incontro con il governo italiano avvenuto nel 2017
Venerdì sera il programma di La7 Propaganda Live ha trasmesso un’intervista della giornalista Francesca Mannocchi – tra le maggiori esperte di Libia in Italia – ad Abd al Rahman Milad “al Bija”, ex capo della cosiddetta guardia costiera della città libica di Zawiyah, accusato estesamente di essere un criminale in combutta coi trafficanti di migranti.
Di al Bija, un personaggio da tempo conosciuto da chi si occupa di migranti e di Libia, si era tornati a parlare nelle scorse settimane perché il giornalista di Avvenire Nello Scavo aveva raccontato di un suo sorprendente (e prima di allora segreto) incontro con il governo italiano nel 2017. La notizia è stata molto importante ed è risultata particolarmente imbarazzante per le autorità italiane, perché avvalora la tesi degli accordi tra il ministero dell’Interno – allora guidato da Marco Minniti – e le milizie libiche che controllavano il traffico di esseri umani per fermare il flusso di migranti.
Dall’intervista di Mannocchi ad al Bija sono emerse alcune notizie: la prima è che, secondo la sua testimonianza, la trattativa tra la guardia costiera libica e il governo italiano andava avanti già da anni, e non da mesi, quando ci fu l’incontro nel maggio del 2017. La seconda è che al Bija è di nuovo parte della guardia costiera libica, come si deduce dall’uniforme e dal fatto che ha partecipato all’intervista insieme al portavoce ufficiale del corpo. Nel 2017 era stato sollevato dal suo incarico dopo un report delle Nazioni Unite che l’aveva sanzionato accusandolo di traffico di esseri umani.
Al Bija dice poi che l’invito a partecipare all’incontro gli arrivò tramite l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che è collegata alle Nazioni Unite, il cui consiglio di sicurezza sanzionò esplicitamente al Bija pochi mesi dopo l’incontro accusandolo di traffico di essere umani. Durante il suo soggiorno in Italia, ha raccontato, andò a Roma e in Sicilia, entrando nel paese con un visto regolare e non sotto falsa identità, come aveva scritto qualcuno. Con lui, nella delegazione libica, c’era una dozzina di altre persone, principalmente membri del governo, con le quali entrò anche in quello che definisce «il palazzo del ministero dell’Interno» e «in tanti altri posti ufficiali». Al Bija dice di non ricordare se agli incontri ci fosse anche Minniti in persona. Spiegando i suoi metodi, poi, al Bija dice di aver picchiato talvolta i migranti per calmarli durante le operazioni di trasbordo tra i barconi e le motovedette libiche.