Il senso del monocolo
L'Atlantic racconta la storia di un accessorio maschile amato dai dandy e dagli ufficiali dell'esercito tedesco, ma deriso da tutti gli altri fin quasi dalla sua invenzione
Austin Grossman, giornalista dell’Atlantic, ha raccontato che a causa delle imperscrutabili ragioni che regolano gli algoritmi della pubblicità, di recente si è imbattuto in numerose pubblicità di monocoli. Esatto: monocoli, le lenti da vista rotonde che si usano (usavano?) incastrandole nell’orbita degli occhi.
Tra tutti gli oggetti improbabili che possiamo trovare pubblicizzati su internet, una singola lente da vista per un solo occhio merita un posto nella lista delle cose più bizzarre: nessuno ne indosserebbe uno a meno di trovarsi a una festa in maschera, e per ottime ragioni che vanno oltre il normale cambiamento delle mode, come ha spiegato Grossman raccontando la storia di questo bizzarro accessorio maschile.
Per quanto siamo in grado di ricostruire, il monocolo venne introdotto in Germania nel corso del Diciottesimo secolo (e la sua invenzione è generalmente attribuita al barone Philipp von Stosch, un tipetto piuttosto interessante). All’epoca, racconta Grossman, il monocolo era una curiosa novità, un bell’oggetto, perfetto per suscitare l’interesse della prima generazione di aristocratici proto-dandy che proprio allora stava nascendo nelle varie corti europee (“Non più andrai farfallone amoroso“, avete presente?).
Il monocolo è rimasto sostanzialmente identico: allora come oggi era ottagonale o circolare. La lente di vetro di solito è bordata di un metallo prezioso da cui discende una catenella o una cordicella di seta che lo tiene legato alla giacca. Idealmente sarebbe dovuto servire per pareggiare la vista di un occhio debole con l’altro. In pratica veniva più spesso usato per osservare meglio un oggetto da vicino (oppure soltanto per fare scena). Non era (e non è nemmeno oggi) un oggetto particolarmente funzionale. La prima ragione è che non è così utile a vedere meglio, a meno che qualcuno non abbia davvero un grossissimo problema a un solo occhio (e in quel caso, la lente è così forte che farà apparire un occhio molto più grande dell’altro, con effetti esteticamente non così piacevoli).
Anche nei rari casi in cui potrebbe essere utile, un monocolo è difficilissimo da portare. Non reggendosi sul naso né a nessun’altra sporgenza naturale del viso, l’equilibro del monocolo dipende dalla capacità di tenerlo ben stretto tra i muscoli che circondano l’occhio, un esercizio che richiede una certa abitudine oppure un certo sforzo (sforzo che è purtroppo impossibile, come ricordava Charles Dickens in un suo romanzo, per persone che hanno gli occhi un po’ sporgenti).
Come tutti gli accessori graziosi ma sostanzialmente poco pratici, anche il monocolo ha avuto una vita relativamente breve. Non tanto nel senso che smise completamente di essere utilizzato, ricorda Grossman, quanto piuttosto nel senso che molto presto divenne qualcosa su cui scherzare e da prendere poco seriamente. A metà Ottocento il monocolo era già protagonista di innumerevoli vignette in cui improbabili dandy venivano ritratti in pose esagerate.
Quando nel 1925 il New Yorker decise di utilizzare come mascotte un personaggio dall’aria affettata (battezzato “Eustace Tilley”) che osserva una farfalla attraverso un monocolo, la trasformazione del significato di monocolo era oramai compiuta. Tilley, spiega Grossman descrivendo l’illustrazione, rappresenta il prototipo del pretenzioso cialtrone che cerca di darsi un tono, ma che viene rimesso al suo posto dalla semplice bellezza della natura, cioè la farfalla (in maniera un po’ contorta, spiega Grossman, l’illustrazione strizzava l’occhio al lettore del settimanale che avrebbe dovuto intenderla come una sorta di “Noi sì che siamo sofisticati, non come questo personaggio qui sulla copertina”).
Proprio in quegli anni c’era stata un’altra evoluzione in questa storia, quella che forse ci è rimasta più familiare. Come abbiamo visto il monocolo venne inventato in Germania e lì rimase a lungo molto popolare. Visto che l’aristocrazia tedesca (e in particolare quella dello stato più forte tra quelli che nell’Ottocento si riunirono nella Germania, la Prussia) aveva fortissime tradizioni militari, il monocolo divenne presto l’attributo fondamentale di ogni austero ufficiale dell’esercito tedesco.
Basta passare in rassegna qualche fotografia ufficiale dell’Alto Comando Imperiale tedesco della Prima guerra mondiale per trovarsi di fronte a una carrellata di severe facce decorate da grandi baffi e adorne dell’inevitabile monocolo. Ai nazisti la tradizione aristocratica prussiana non piaceva molto, ma molti ufficiali, generali e feldmarescialli continuarono a portare il loro monocolo anche nel primo dopoguerra e durante la Seconda guerra mondiale.
I ritratti ufficiali e la propaganda che raffigurava gli ufficiali tedeschi come altezzosi nobilotti con il loro monocolo sono forse l’eredità più nota di questo accessorio. Facebook, Instagram e i loro algoritmi possono farci probabilmente molto poco: condannato dalla sua mancanza di praticità, sembra difficile che il monocolo possa tornare di moda e la cosa più probabile è che continui ad essere ricordato come un accessorio destinato a pretenziosi dandy o a spietati aristocratici tedeschi.