Ma alla fine, servono davvero le cannucce?
Quelle in plastica inquinano, ma le alternative hanno vari difetti e non sempre sono sostenibili: la cosa più facile sarebbe eliminarle del tutto
Le cannucce di plastica, dopo essere state per decenni parte della routine quotidiana di milioni di persone nel mondo, sono diventate negli ultimi tempi una specie di simbolo delle cattive abitudini che dobbiamo abbandonare se abbiamo a cuore la questione ambientale. La plastica monouso è in generale uno dei materiali più inquinanti tra quelli di larga diffusione, e i governi di mezzo mondo stanno provando a ridurla: l’Unione Europea, per esempio, ha proibito la vendita di molti oggetti usa e getta in plastica, come piatti, cotton fioc e proprio le cannucce, a partire dal 2021. Per questo motivo produttori e ristoratori, principalmente negli Stati Uniti, stanno studiando un modo per sostituire un oggetto che è rimasto uguale – e ha funzionato perfettamente – da quando fu inventato, nella prima metà del Novecento: ma non è per niente facile.
Ci sono posti, nelle più grandi e progressiste città americane come New York o San Francisco, in cui le cannucce di plastica sono ormai una specie di tabù, ha raccontato il New York Times: chi le usa è guardato con disapprovazione dagli altri. È una cosa un po’ simile a quella che sta interessando le bottigliette di plastica, viste con sempre maggiore ostilità in certi ambienti, principalmente tra gli abitanti più istruiti delle grandi città europee. Poi c’è il resto del mondo, dove continuano a essere usate senza alcun tipo di problema, ma è opinione comune che l’attenzione alla questione ambientale è destinata a interessare sempre più persone, e per questo molte aziende si stanno preparando. Le borracce stanno passando un periodo di grande popolarità, ma non si può ancora dire lo stesso delle cannucce in metallo, in carta o in silicone.
Secondo le stime fatte dalla società di ricerche Eunomia, in Italia si usano circa due miliardi di cannucce l’anno; negli Stati Uniti invece almeno venti miliardi. La prima è una stima fatta partendo dagli unici dati disponibili (quelli sui McDonald’s), la seconda è una stima fatta dall’associazione statunitense dei produttori di plastica (quindi probabilmente al ribasso). Sono miliardi di oggetti che ogni giorno, nel mondo, vengono prodotti, usati per pochi minuti e poi buttati. Ricicliamo soltanto una frazione della plastica che usiamo, e una percentuale rilevante di quella che usiamo finisce in mare, dove minaccia gravemente la fauna marina, oltre a rilasciare microplastiche che poi finiscono nel nostro cibo. Non a caso, uno dei più importanti contributi alla sensibilizzazione sul tema delle cannucce di plastica arrivò qualche anno fa dal video di una tartaruga a cui viene estratta una cannuccia dalla narice, pubblicato da una ricercatrice del Texas nel 2015 e visto decine di milioni di volte su YouTube.
Si stima comunque che le cannucce in plastica rappresentino soltanto lo 0,03 per cento della massa totale della plastica che finisce in mare, una percentuale minima rispetto per esempio alle reti da pesca, di cui però si parla molto meno.
Ci sono molte importanti aziende che si sono già impegnate contro la plastica monouso, anche tra quelle considerate – spesso a ragione – come dirette responsabili della crisi climatica in corso. Per esempio McDonald’s, che con i suoi hamburger di manzo di certo non aiuta la questione delle emissioni, in alcuni paesi distribuisce soltanto cannucce di carta, mentre in Italia le fornisce ormai soltanto su richiesta, disseminando i suoi ristoranti di volantini che ne illustrano l’impatto ambientale.
Iniziative di questo genere, quelle cioè che riguardano le grandi aziende, sono quelle che possono davvero fare la differenza, molto più del pur importante impegno individuale. Ma non è facile: le cannucce di materiali alternativi alla plastica costano molto di più, funzionano peggio e talvolta non sono riciclabili. Quelle metalliche, considerate più soddisfacenti per come sostituiscono quelle in plastica, hanno causato delle morti tra le persone che le hanno ingerite inavvertitamente, e costano diversi euro ciascuna. I ristoranti che hanno provato a offrirle ai clienti si sono lamentati che molte vengono rubate: e i vantaggi ambientali di una cannuccia di metallo spariscono se diventa a sua volta monouso. Come per le borse per la spesa riutilizzabili, le cannucce in metallo devono essere impiegate molte volte prima che diventino più sostenibili di quelle monouso. E proprio come per le borse per la spesa, c’è chi dice che la soluzione migliore per ridurre l’uso di cannucce sia tassarle, in modo che le persone si rendano conto del loro impatto.
La soluzione che ognuno ne porti sempre una con sé sembra a molti impraticabile. Il Guardian, che l’anno scorso aveva fatto un test su tutti i principali tipi di cannucce di materiali alternativi alla plastica, aveva messo quelle in metallo al primo posto, ammettendo comunque che erano uno strumento poco pratico.
Il gestore di un grande locale notturno di Brooklyn ha raccontato al New York Times che nel primo anno di attività ha usato 1,4 milioni di cannucce di plastica, a 0,5 centesimi di dollaro ciascuna. Quando provò per la prima volta a sostituirle con quelle in carta, le più economiche costavano 25 centesimi, 50 volte tanto. Alla fine scoprì l’azienda americana Aardvark Paper Straws, convinse diversi locali a comprarle in modo da abbassarne molto il prezzo e arrivò così a pagarle 2,5 centesimi. Oggi Aardvark è tra le principali aziende produttrici di cannucce in carta, e in pochi anni è passata da produrre migliaia di cannucce al giorno a milioni.
Ma le cannucce in carta si sfaldano, soprattutto se rimangono a lungo immerse nel liquido, e sono spesso più sottili di quelli in plastica, cosa che non piace a molti ristoratori. Poche settimane fa, poi, la stampa inglese aveva rivelato che le cannucce in carta utilizzate da McDonald’s in Regno Unito per sostituire quelle in plastica erano molto difficili da riciclare, a differenza di quelle precedenti in plastica (il fatto che fossero riciclabili, come abbiamo già detto, non vuole però dire che fossero riciclate). Per produrle, poi, bisogna abbattere degli alberi, oppure riciclare la carta, un’operazione che richiede spesso più acqua ed energia di quanta sia necessaria per produrre lo stesso oggetto in plastica.
Nonostante la diminuzione dei prezzi delle cannucce di carta, per molti bar e ristoranti la differenza tra pagarle 0,5 e 2,5 centesimi l’una significa la differenza tra rimanere aperti o chiudere, ha spiegato il gestore del locale di Brooklyn. Ma per molti altri, sostanzialmente nelle grandi città, quella scelta di per sé non redditizia fa parte di una strategia commerciale precisa, e ripaga in termini di immagine pubblica.
Nonostante tutti questi problemi, la carta è di gran lunga la migliore alternativa alla plastica trovata finora per le cannucce. Esistono però anche quelle in bambù, quelle ricavate dal fieno, quelle in silicone e perfino quelle fatte di carne, usate per cocktail come il Bloody Mary. Ma sono quelle in metallo le più diffuse: soprattutto dopo la grande ascesa dell’azienda FinalStraw, che promosse un modello di cannuccia ripiegabile che raccolse 1.894.878 dollari da 38.443 finanziatori su Kickstarter. L’idea per FinalStraw fu talmente apprezzata che la startup dovette assumere due persone soltanto per far rimuovere da Amazon gli oggetti che ne copiavano il brevetto.
Convincere un gran numero di persone a girare portandosi sempre dietro un astuccio soltanto per una cannuccia sembra tuttavia una strada molto difficile da percorrere, almeno per ora. Le cannucce in carta sono migliori di quelle in plastica dal punto di vista ambientale, ma non sono di per sé molto sostenibili. Insomma, non se ne esce facilmente. Per questo, c’è chi propone un approccio diverso al problema.
Come ha recentemente spiegato l’Atlantic in un pezzo intitolato “Le ragioni contro le cannucce in carta”, le cannucce non sono davvero un bisogno fondamentale per la grande maggioranza delle persone, se non per alcune persone con disabilità. Sono un oggetto di cui potremmo benissimo fare a meno, cambiando un po’ le nostre abitudini e nello specifico il modo in cui beviamo: pensare di risolvere il problema delle cannucce di plastica sostituendone il materiale si basa sul principio, spesso fallace, che si possano ridurre i danni dovuti al consumismo consumando. Probabilmente dovremmo smettere di usarle e basta. Anche perché spesso le cannucce sono usate per bere da bicchieri in plastica, o con un coperchio in plastica: anche se le cannucce sono uno degli oggetti usa e getta più inquinanti, ce ne sono molti altri di uso quotidiano a cui spesso non pensiamo perché troppo concentrati sulle cannucce.