La notte di scontri e violenze a Barcellona
La terza consecutiva per protestare contro le condanne ai leader indipendentisti catalani, che intanto hanno chiesto a tutti di mantenere la calma
Mercoledì sera ci sono state nuove grandi proteste a Barcellona e in altre città catalane contro le condanne ai leader indipendentisti annunciate lunedì dal Tribunale Supremo, per i fatti che portarono alla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna nell’ottobre 2017. Alcuni manifestanti hanno bruciato una decina di automobili e hanno lanciato acido e bombe molotov contro la polizia, che a sua volta ha iniziato diverse cariche. Secondo il governo locale, nel centro della città sono stati appiccati 45 piccoli incendi, usati per creare barricate e frenare l’avanzata degli agenti. Il País ha scritto che 33 persone sono state arrestate e altre 80 hanno avuto bisogno di assistenza medica.
Quella di mercoledì è stata la terza notte di proteste contro le condanne ai leader indipendentisti catalani. Scontri tra manifestanti e polizia si erano già verificati lunedì all’aeroporto cittadino di El Prat, raggiunto da migliaia di persone a piedi dopo l’interruzione temporanea di alcune linee di bus e metro.
Dopo gli ultimi scontri, il presidente catalano Quim Torra, indipendentista, ha fatto un discorso per chiedere di mantenere la calma e di non usare la violenza: «Il movimento indipendentista non è e non è mai stato violento. Abbiamo sempre condannato la violenza, e lo facciamo anche ora. Non si possono permettere gli incidenti che stiamo vedendo nelle vie del nostro paese». Torra ha condannato gli atti vandalici come per esempio gli incendi delle auto, ma ha incolpato “elementi infiltrati” e non ha fatto alcun riferimento a gruppi violenti all’interno del movimento.
La condanna di Torra è arrivata un giorno dopo quella dei leader indipendentisti condannati lunedì a pene comprese tra i 9 e i 13 anni di carcere: dopo alcuni episodi violenti, tutti e nove i leader detenuti avevano pubblicato un tweet che mostrava l’immagine di una grande manifestazione indipendentista a Barcellona e che diceva: «Nessuna violenza ci rappresenta».
Tot el suport a les mobilitzacions i a les marxes massives i pacífiques.
Cap violència no ens representa. pic.twitter.com/ismncABiSd— Oriol Junqueras 🎗️ (@junqueras) October 16, 2019
Mercoledì il primo ministro spagnolo, il Socialista Pedro Sánchez, ha incontrato i leader degli altri partiti per parlare della situazione in Catalogna. Albert Rivera e Pablo Casado, leader rispettivamente di Ciudadanos e Partito Popolare, i due principali partiti di destra in Spagna, hanno fatto pressioni a Sánchez affinché applichi nuovamente l’articolo 155 della Costituzione, quello che permette allo stato spagnolo di costringere una Comunità autonoma (come la Catalogna) a tornare a rispettare la legge, prendendosi eccezionalmente competenze attribuite alle regioni. Sánchez ha detto che per il momento non ci sono le condizioni per l’applicazione dell’articolo 155, che era già stato imposto una prima volta dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza dell’ottobre 2017, tra moltissime polemiche. Il governo ha comunque annunciato l’invio in Catalogna di altri due agenti di polizia e ha lasciato aperta la possibilità di prendere altre misure eccezionali.
Le condanne contro gli indipendentisti catalani hanno ravvivato il movimento indipendentista, che da diversi mesi sembrava avere perso parte della sua capacità di mobilitare i propri sostenitori. Per il momento sembra improbabile che i principali partiti politici spagnoli si mettano d’accordo sul comportamento da tenere in Catalogna, visto che tra meno di un mese in Spagna si torna a votare e la questione catalana sarà come sempre al centro delle varie campagne elettorali.