L’acqua lunare è un mistero misterioso
Sappiamo che c'è: trovarla, estrarla e sfruttarla per creare una base sulla Luna è estremamente complicato, ma la NASA non demorde
L’anniversario per i 50 anni del primo allunaggio è stato ampiamente ricordato e festeggiato negli ultimi mesi, ma c’è un altro anniversario lunare più recente e meno noto ai più, che non dovrebbe essere trascurato. Nell’ottobre di 10 anni fa, la sonda spaziale LCROSS (Lunar CRater Observation and Sensing Satellite) della NASA offrì una delle prove più consistenti sulla presenza di acqua – sotto forma di ghiaccio – nel Polo Sud della Luna. Anche se da allora altre missioni hanno portato nuovi indizi sulla presenza di tracce di ghiaccio, la questione dell’acqua lunare continua a essere molto discussa dagli scienziati, e da chi gestisce a livello politico la NASA e prospetta un futuro in cui sarà possibile colonizzare la Luna proprio grazie alle sue presunte riserve di acqua.
Tra i principali sostenitori di questa possibilità c’è Jim Bridenstine, l’attuale amministratore della NASA, che sotto la guida del governo Trump ha impegnato l’agenzia spaziale a tornare sulla Luna con astronauti statunitensi entro il 2024. Questa settimana, Bridenstine ha presentato i prototipi delle tute spaziali che serviranno a questo scopo, nonostante molti altri pezzi del programma Artemis per tornare sulla Luna siano ancora da definire, compresa la messa a punto del sistema di lancio che dovrebbe permettere agli astronauti di raggiungere l’orbita lunare. Il capo della NASA ha detto in più occasioni che sulla Luna ci sono “centinaia di milioni di tonnellate di ghiaccio” che potranno essere utilizzate per rifornire una base lunare, ma la realtà è un po’ più complicata.
Grazie alle esplorazioni e alle osservazioni degli ultimi decenni, oggi sappiamo che la presenza di acqua sotto forma di ghiaccio è piuttosto frequente nello Spazio, da Marte alle polveri interstellari. Un tempo si riteneva, invece, che ci fossero corpi celesti come la Luna rimasti completamente a secco. Secondo la teoria più diffusa, la Luna si formò in seguito all’impatto di un corpo celeste molto grande con la Terra, circa 4,5 miliardi di anni fa. Da quello scontro si separò molto materiale, che infine si unì formando la Luna, il nostro unico satellite naturale. L’ipotesi era che la forza dell’impatto fosse stata tale da aver fatto vaporizzare l’acqua, lasciando il materiale che avrebbe poi formato la Luna all’asciutto.
Alla fine degli anni Novanta, la sonda Lunar Prospector fornì dati sorprendenti: rilevò una grande quantità di idrogeno sui poli lunari, un elemento che combinato con l’ossigeno forma l’acqua. La presenza dell’idrogeno fu considerata come un indizio importante per ipotizzare che nelle parti polari della Luna, sempre in ombra dal Sole, ci potesse essere del ghiaccio.
Il 9 ottobre di dieci anni fa, quell’ipotesi trovò ulteriori conferme grazie alla missione LCROSS. La sonda era stata portata in orbita intorno alla Luna grazie alla spinta dello stadio superiore di un razzo Centaur. Terminato il suo compito, il razzo fu fatto schiantare al Polo Sud della Luna: l’impatto fece sollevare numerosi detriti che furono analizzati dalla sonda LCROSS, che rilevò la presenza di acqua in piccoli grani di ghiaccio, protetti dall’oscurità sulla superficie lunare da chissà quanti miliardi di anni.
Le nuove prove erano convincenti e incentivarono ulteriori ricerche sull’acqua lunare. Studiando il vetro vulcanico prelevato dalle missioni Apollo, i ricercatori rilevarono la presenza di tracce di acqua al loro interno (il vetro vulcanico si forma quando la lava si raffredda molto velocemente, il tipo più diffuso sulla Terra è l’ossidiana). Altre sonde, come Cassini, di passaggio durante il suo viaggio verso Saturno, segnalarono la presenza di altri indizi sulla presenza di ghiaccio che rendeva molto meno arida la storia della Luna immaginata fino a pochi anni prima.
Come ricorda Marina Koren sull’Atlantic, oggi gli scienziati concordano sul fatto che la Luna ospiti del ghiaccio sia sulla superficie, sia al suo interno. L’ipotesi è che ci sia un’antica riserva d’acqua interna, che anticamente fuoriuscì spinta dalle eruzioni vulcaniche congelandosi nello Spazio e ricadendo poi sulla superficie intrappolata nel vetro vulcanico. Questo spiegherebbe perché materiale simile fosse stato trovato e raccolto dagli astronauti delle missioni Apollo, a distanza dai poli della Luna. Sarebbe estremamente complicato estrarre acqua da questi frammenti, e non se ne produrrebbe comunque a sufficienza per dissetare gli astronauti.
Il ghiaccio che potrebbe rivelarsi più utile per sostenere una base lunare si trova nei crateri, dove si accumulò portato da asteroidi e comete che anticamente andarono a sbattere contro la Luna. Nelle zone esposte al Sole, il ghiaccio si vaporizzò velocemente, mentre si ipotizza che possa essere rimasto tale e quale nelle parti perennemente in ombra. È a quelle riserve che fa riferimento Bridenstine quando parla di “centinaia di milioni di tonnellate” di acqua sotto forma di ghiaccio. Le sue affermazioni derivano da alcune stime fatte dagli scienziati della NASA, che però sono molto più cauti del loro amministratore e dicono che le quantità potrebbero differire sensibilmente a seconda delle variabili.
C’è inoltre un equivoco intorno all’idea del “ghiaccio sulla Luna”. Quando pensiamo a un cratere con del ghiaccio, tendiamo a pensare ai ghiacciai delle montagne terrestri: bianchissimi e per lo più incontaminati, fonte di acqua pura e potabile. Sulla Luna le cose sono un po’ diverse: un astronauta si ritroverebbe davanti qualcosa di simile a una grande palla di neve sporca contenente cose poco raccomandabili da bere come: anidride solforosa, ammoniaca, frammenti di rocce e vetro vulcanico. L’estrazione dell’acqua richiederebbe quindi sistemi di depurazione piuttosto elaborati, diversi da quelli che vengono comunemente utilizzati sulla Terra.
Per capirci qualcosa di più, la NASA ha da tempo in programma nuove missioni spaziali con sonde e robot (rover) per esplorare i poli lunari, alla ricerca di frammenti di ghiaccio da analizzare. Il problema è che missioni di questo tipo sono costose e non garantiscono successi, perché la ricerca delle giuste aree contenenti ghiaccio è difficoltosa da realizzare a distanza. L’esplorazione con astronauti potrebbe rivelarsi più efficiente per questo scopo: il programma Artemis prevede di raggiungere il Polo Sud della Luna, mantenendo un equipaggio nella zona per una settimana. Appare però improbabile che la NASA riesca a rispettare l’obiettivo del 2024 per un nuovo allunaggio e per risolvere il mistero dell’acqua lunare.