Con questa tuta la NASA vuole tornare sulla Luna
Sarà pronta per il primo viaggio lunare del 2024, ammesso che ci sia un'astronave adatta, che ci siano i soldi e che ci sia il tempo ?♂️
L’amministratore della NASA, Jim Bridenstine, vuole che gli astronauti statunitensi tornino sulla Luna entro il 2024, un obiettivo molto ambizioso e che lascia ancora perplessi analisti ed esperti di esplorazioni spaziali. Per confermare il suo impegno e quello della sua agenzia, martedì 15 ottobre Bridenstine ha presentato i primi prototipi delle tute che un giorno saranno utilizzate dagli astronauti per le loro escursioni sul suolo lunare. Le nuove tute, che richiederanno almeno un paio di anni di sviluppi, traggono ispirazione da quelle utilizzate durante le missioni Apollo a partire da 50 anni fa, ma con diversi accorgimenti per renderle più resistenti e affidabili.
La nuova tuta si chiama xEMU (Exploration Extravehicular Mobility Unit) e può essere considerata un’evoluzione delle tute che attualmente gli astronauti utilizzano per le loro attività extraveicolari (EVA, “passeggiate spaziali”) all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale, il grande laboratorio di ricerca che si trova a circa 450 chilometri di distanza dalla Terra e sulla quale solitamente vive un equipaggio di sei persone.
La xEMU è più flessibile delle attuali tute e permette di compiere più movimenti con il torso e con le braccia. Le gambe hanno inoltre un numero maggiore di snodi, non necessari per le EVA visto che nell’orbita terrestre gli astronauti fluttuano e si spostano per lo più usando le braccia, favoriti dall’assenza di peso.
Le tute spaziali hanno di solito il difetto di non essere molto versatili per quanto riguarda le taglie. Devono essere personalizzate per i singoli astronauti, ma capita spesso che alcuni debbano adattarsi a impiegare tute sovradimensionate, faticando molto di più per muoversi e svolgere le loro attività. La tuta per l’EVA è sostanzialmente una piccola capsula spaziale flessibile e personale, che consente a chi la abita di muoversi rimanendo isolato dall’ambiente spaziale esterno, che lo ucciderebbe. Ogni tuta è quindi pressurizzata e sigillata, ha bombole di ossigeno e sistemi di ventilazione e climatizzazione per mantenere temperature accettabili all’interno, sia per quando ci si trova al Sole sia per quando si finisce in ombra.
La NASA ha spiegato che le nuove xEMU comporteranno meno complicazioni per quanto riguarda le taglie, potendosi adattare alla quasi totalità degli astronauti senza particolari problemi. Non tutti gli analisti sono ancora convinti sull’effettiva versatilità del nuovo sistema, visti i precedenti con EVA annullate o rinviate per la mancanza di tute adatte all’interno della Stazione Spaziale Internazionale.
I prototipi presentati dalla NASA sono un notevole passo avanti rispetto alle simulazioni al computer presentate finora, ma il lavoro da fare prima di averne modelli completamente funzionanti è ancora lungo. I progettisti e gli ingegneri incaricati del progetto avranno tempo fino al 2021 per perfezionarle, e per decidere come collocare al loro interno tutte le strumentazioni necessarie per renderle sicure. Poi inizierà la fase di test per verificarne la resistenza, anche nel vuoto in ambienti che simulano quello lunare.
La NASA confida di avere tempo per eseguire i test delle nuove tute all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale. Gli astronauti potrebbero utilizzarle al posto delle classiche tute, verificandone le funzionalità. I responsabili del progetto hanno comunque chiarito che i test aggiuntivi in orbita sono opzionali e che potrebbero essere cancellati, nel caso in cui non ci fosse tempo a sufficienza.
Gli astronauti che camminarono sulla Luna, a cominciare da Neil Armstrong e Buzz Aldrin nel 1969, riuscirono a eseguire buona parte dei compiti e degli incarichi con le loro tute, ma segnalarono comunque di avere avuto qualche problema a causa delle polveri lunari, estremamente sottili e volatili, che tendevano a infilarsi nelle giunture e in altre parti delle loro tute. Le nuove xEMU sono state progettate per evitare questi imprevisti: non hanno cerniere e cavi esposti, e tutti gli altri componenti esterni sono sigillati. Una volta completate, le tute potranno resistere alle forti escursioni di temperatura sulla Luna, mantenendo una temperatura costante al loro interno anche nei passaggi dalle minime di circa -150 °C alle massime di oltre 120 °C.
Il programma spaziale per il ritorno sulla Luna, annunciato più volte nel corso dell’ultimo anno, si chiama Artemis (Artemide) come la dea greca sorella gemella di Apollo e identificata come la personificazione della Luna crescente. La NASA aveva lavorato a diversi progetti per tornare sulla Luna, poi accantonati per puntare direttamente all’esplorazione di Marte. Su spinta dell’attuale governo di Donald Trump, le cose sono cambiate e l’agenzia spaziale è tornata a lavorare sulle missioni lunari con astronauti, considerate una soluzione per sperimentare nuovi sistemi e tecnologie da adottare in futuro per l’esplorazione di Marte.
Attraverso il suo vicepresidente Mike Pence, che ha la delega alle attività spaziali, Trump ha imposto alla NASA di tornare sulla Luna entro il 2024, una scadenza che a molti analisti sembra difficile da realizzare. Attualmente l’ente spaziale è indietro su buona parte dei fronti: non c’è ancora un sistema di trasporto completo e potente a sufficienza per raggiungere la Luna, manca il veicolo spaziale per compiere l’allunaggio e non sembrano esserci risorse economiche sufficienti per portare avanti il progetto. Trump ha chiesto al Congresso 1,6 miliardi di dollari in più per la NASA il prossimo anno da dedicare ad Artemis, ma non è detto che i fondi siano concessi.
E proprio per contenere i costi, la NASA vuole costruire solamente un paio di xEMU che potranno essere utilizzate per il primo viaggio lunare del 2024. In seguito, la costruzione e il mantenimento delle tute saranno affidati ad aziende private, verso le quali l’agenzia spaziale ha grandi aspettative, e non solo per le sue xEMU. La NASA confida infatti di affidare molte delle attività e delle responsabilità per le esplorazioni spaziali con esseri umani ai privati, aumentando le iniziative in appalto che del resto ha sempre condotto nel settore.
Nel frattempo SpaceX e Boeing, i due principali partner commerciali della NASA, non hanno ancora terminato il loro programma per portare astronauti in orbita con i loro mezzi, accumulando ritardi significativi e che impediscono agli equipaggi statunitensi di raggiungere l’orbita dal suolo degli Stati Uniti. Per farlo, possono fare affidamento solamente sulle Soyuz russe, pagando svariate decine di milioni di dollari per ogni viaggio verso la Stazione Spaziale Internazionale.