Anche Instagram è pieno di notizie false
Migliaia di profili pubblicano falsità e teorie del complotto e gli strumenti per evitarne la diffusione sono ancora limitati
Nel grande dibattito sulla diffusione delle notizie false tramite i social network – e su come queste abbiano influenzato eventi importanti come le presidenziali del 2016 negli Stati Uniti – Instagram è rimasta quasi sempre in disparte e lontana dalle polemiche, a differenza di Facebook (che comunque detiene la proprietà di Instagram) e di Twitter. Eppure, un recente rapporto commissionato dal Senato degli Stati Uniti ha evidenziato come Instagram sia stata “forse la piattaforma più efficace” per le campagne di disinformazione nel 2016, gestite in buona parte dalla Internet Research Agency, l’agenzia di troll ritenuta colpevole della diffusione di molte notizie false legata al governo della Russia.
Instagram ha circa un miliardo di utenti, più di tre volte quelli di Twitter, e grazie ad alcune modifiche introdotte negli ultimi anni – come le Storie – è diventata una fonte di informazione primaria per moltissime persone, a cominciare dai più giovani, molti dei quali il prossimo anno voteranno per la prima volta alle presidenziali statunitensi. Sul social network ci si imbatte facilmente in account che diffondono notizie false e teorie del complotto, di solito contro i Democratici e a favore del presidente Donald Trump. Gli algoritmi di Instagram, che favoriscono la scoperta di nuovi contenuti simili a quelli che si stanno osservando, fanno sì che partendo da un post complottista si possano trovare centinaia di altri account che condividono falsità di ogni tipo.
Jesselyn Cook dell’Huffington Post ha fatto di recente una prova, creando un nuovo account su Instagram (in modo che l’algoritmo che lavora sulla personalizzazione dei contenuti non fosse condizionato dalle attività svolte in precedenza) e mettendosi alla ricerca dei profili che promuovono le teorie QAnon, quelle riconducibili a diversi movimenti di estrema destra e che sostengono (senza prove concrete) che sia in corso una cospirazione contro Trump, portata avanti dal “deep-state”, una sorta di governo parallelo clandestino.
Cook ha trovato facilmente un account QAnon con 60mila follower e, dopo averci cliccato sopra, Instagram ha iniziato a consigliarle decine di profili legati alle teorie cospirazioniste.
I profili mostravano meme, fotomontaggi e immagini per lo più contro politiche e candidate democratiche. Dopo averne seguiti alcuni, la pagina “Esplora”, che mostra contenuti consigliati da Instagram provenienti dai profili che non si seguono, si è riempita di altri contenuti riconducibili ai QAnon, con immagini contro Hillary Clinton, Michelle Obama e la candidata alle primarie democratiche Kamala Harris.
Lo scorso marzo, l’Atlantic aveva svolto una ricerca simile, segnalando come Instagram ospitasse numerosi account che sostengono teorie del complotto e posizioni di estrema destra, diffondendo informazioni false su larga scala. Stando alla ricerca di Cook, le cose non sono cambiate e il social network non sembra abbia fatto molto per affrontare il problema o per disincentivare la condivisione di quei contenuti.
Chi comincia a seguire alcuni profili QAnon, e non ha grandi capacità di distinguere le notizie vere da quelle false (semplicemente perché non utilizza altri canali d’informazione), può facilmente finire nei meccanismi della disinformazione senza rendersene conto, sviluppando convinzioni molto distanti dalla realtà, soprattutto per quanto riguarda la politica. Un elettore indeciso, per esempio, potrebbe maturare le sue convinzioni sui candidati da votare basandosi su informazioni completamente false.
Il recente rapporto sulle presidenziali statunitensi del 2016 ha stimato che le attività dell’Internet Research Agency abbiano coinvolto almeno 187 milioni di utenti su Instagram, molti di più dei 77 milioni su Facebook e dei 73 milioni su Twitter. A differenza degli ultimi due, Instagram è un social network che privilegia le immagini, e di conseguenza i suoi post riescono a far presa con maggiore facilità, soprattutto se hanno contenuti che attirano l’attenzione come un meme. La rilevanza avuta da Instagram nella produzione di notizie false e di propaganda pone diverse domande su cosa potrà accadere, o stia già accadendo, sul social network in vista delle elezioni del prossimo anno.
Instagram ha risposto all’articolo dell’Huffington Post dicendo che “la lotta alla disinformazione è essenziale” e che il 2016 ha permesso di imparare molte cose, per evitare di ripetere certi errori. Il problema è che per ora gli interventi sugli account QAnon e simili non sembrano essere molto incisivi. Invece di metterli al bando, Instagram segue una politica “caso per caso”, decidendo di volta in volta se mantenere online o nascondere un singolo post. Il social network ha inoltre aggiunto una nuova opzione per segnalare la presenza di notizie false, in modo da incentivare gli stessi utenti a tenere in ordine la piattaforma. Un post che promuove notizie false non viene comunque eliminato, ma viene solo nascosto dalla sezione “Esplora”, per renderlo più difficile da trovare.
I meccanismi per fare in modo che gli utenti restino il più a lungo possibile all’interno di un sito o di un’applicazione, vedendo quindi più pubblicità, sono piuttosto comuni tra le piattaforme. Di solito per invogliare gli utenti a restare vengono proposti contenuti simili a ciò che stanno già osservando, in modo che passino dall’uno all’altro senza sentire l’esigenza di dedicarsi ad altre attività. YouTube nei mesi scorsi ha ricevuto critiche per il sistema che incentiva la visione di video correlati, e che talvolta porta a vedere intere rassegne di contenuti non adatti ai più piccoli, oppure con teorie del complotto di vario tipo. Instagram fa altrettanto, ma finora non ha ricevuto le stesse attenzioni.
In seguito agli scandali sulla privacy che hanno coinvolto Facebook lo scorso anno, il social network ha limitato pesantemente l’accesso alle informazioni per capire che cosa funziona di più e riceve più attenzioni da parte degli utenti. Lo stesso è avvenuto per Instagram, rendendo praticamente impossibile lo studio dei dati sui contenuti che circolano nei suoi profili. Senza quelle informazioni è difficile comprendere l’estensione del problema della disinformazione su Instagram e questo spiega, almeno in parte, perché finora Instagram abbia ricevuto meno attenzioni rispetto ad altri social network.