Il secondo turno delle presidenziali in Tunisia
Entrambi i candidati che andranno al ballottaggio sono considerati degli “outsider”, e uno di loro era in carcere fino a pochi giorni fa
Domenica 13 ottobre in Tunisia ci sarà il ballottaggio delle elezioni presidenziali: i due candidati che hanno preso più voti al primo turno (ma che non hanno superato il 50 per cento) sono Kaïs Saïed e Nabil Karoui, che hanno rispettivamente ottenuto il 18,4 per cento e il 15,6 per cento. Saied è un professore di diritto costituzionale e si è presentato da indipendente, mentre Karoui è un potente uomo d’affari arrestato a fine agosto con l’accusa di riciclaggio, frode finanziaria e corruzione e scarcerato la sera di mercoledì 9 ottobre. Tra il primo e il secondo turno delle presidenziali si è votato anche per le legislative e per rinnovare i 217 seggi del parlamento: il partito più votato è stato quello islamista, Ennahda.
Entrambi i candidati che andranno al ballottaggio delle presidenziali sono considerati degli “outsider” della politica tunisina, che dalla rivoluzione del 2011 è stata praticamente dominata dal partito islamista Ennahda. La commissione elettorale ha detto che l’affluenza al primo turno è stata del 45 per cento degli e delle aventi diritto al voto: molto più bassa del 63 per cento del 2014, quando ci furono le prime elezioni presidenziali dopo la cosiddetta “primavera araba”. Secondo alcuni esperti, tra cui l’analista politico Hamza Meddeb, l’alta astensione e i pochi voti raccolti da alcuni dei politici più in vista degli ultimi anni sono stati il risultato delle politiche fallimentari dei precedenti governi (nove dal 2011), che non sono riusciti a ridurre la povertà e la disoccupazione. L’ultimo di questi governi aveva stretto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito di quasi tre miliardi di dollari distribuiti in quattro anni, in cambio di riforme economiche. Le riforme sono entrate in vigore dal primo gennaio 2018, e oltre ai rincari hanno previsto anche un taglio agli stipendi e alle nuove assunzioni nel settore pubblico, che da solo rappresenta la metà delle spese statali. L’austerità ha causato diverse proteste e molto malcontento. Anche l’affluenza alle legislative di domenica 6 ottobre è stata bassa: pari al 41 per cento, quasi 30 punti in meno rispetto al 2014.
Nabil Karoui è un potente uomo d’affari arrestato a fine agosto con l’accusa di riciclaggio, frode finanziaria e corruzione. Lui ha negato le accuse e sostiene che il suo sia stato un arresto politico per screditarlo. Ha 56 anni ed è proprietario di Nessma TV, un canale privato molto seguito nel paese: per questo viene spesso descritto come il “Berlusconi tunisino”. Nel 2017 ha fondato un’associazione benefica per combattere la povertà e durante la campagna elettorale si è presentato come il candidato della povera gente. La sua popolarità è aumentata dopo una serie di visite e donazioni ai villaggi più poveri dell’entroterra e del sud del paese, iniziative generosamente pubblicizzate attraverso i canali che possiede. Il suo successo, dicono gli osservatori, è il sintomo di una reazione contro il sistema, alimentata dalle promesse sociali ed economiche non mantenute dai governi usciti dalla rivoluzione del 2011.
Dopo l’annuncio dei risultati del primo turno gli avvocati di Nabil Karoui avevano inoltrato una nuova richiesta di scarcerazione che lo scorso 18 settembre, e per la terza volta, era stata però rifiutata. Sono dunque ricorsi in appello: mercoledì 9 ottobre la Corte di cassazione ha accolto il ricorso e Karoui è stato scarcerato. Da più parti era stata comunque espressa la preoccupazione per la credibilità del risultato finale contaminato dall’impossibilità di uno dei due candidati di fare campagna elettorale e lo stesso Kaïs Saïed aveva annunciato che avrebbe rinunciato a fare campagna elettorale, «per evitare qualsiasi dubbio sulle pari opportunità tra i candidati». Ora Karoui è tornato in libertà, anche se alcuni analisti ritengono che la sua liberazione sia in qualche modo legata al risultato delle legislative.
In vista del secondo turno delle presidenziali, il partito islamista moderato Ennahda ha dichiarato il proprio sostegno a Kaïs Saïed. Ennahda è anche il movimento che ha ottenuto i migliori risultati alle legislative di domenica scorsa, mentre il secondo partito più votato è stato quello di Karoui, Qalb Tounes. I risultati finali dicono comunque che lo scenario politico è estremamente frammentato e il rischio è che non si riesca a formare una maggioranza. Ennahda ha dunque subito parlato della necessità di formare un “governo di salvezza nazionale” di cui potrebbe far parte anche Qalb Tounes. Il problema è che Karoui accusa Ennahda di aver avuto un ruolo nel suo arresto. Secondo alcuni osservatori, non è escluso che la sua liberazione faccia parte ora delle trattative per la formazione di una futura coalizione di governo.
Kaïs Saïed ha 61 anni, è un professore di diritto costituzionale e si è presentato alle elezioni da indipendente. È stato definito un personaggio atipico: ha rifiutato il finanziamento pubblico a cui era legalmente autorizzato, e non ha né un partito né una struttura che lo supporti direttamente. I 10mila dinar (3 mila euro) di deposito richiesti dalla commissione elettorale per presentare una candidatura, li ha raccolti all’interno della sua famiglia. Finora Saïed ha messo al centro della propria campagna la critica verso la classe politica tradizionale e un discorso molto conservatore sulle questioni sociali, tanto che alcuni critici lo hanno definito un “salafita”, un islamista radicale.
Nelle settimane precedenti al primo turno i media lo hanno seguito molto poco e gli analisti non lo hanno preso molto sul serio. È stato comunque etichettato come un “idealista” più che un “populista”. A differenza di Nabil Karoui, e dei candidati dei partiti tradizionali, non era sostenuto ufficialmente da nessuno, non ha organizzato alcuna conferenza stampa, non si è circondato di un gruppo di lavoro di professionisti per la campagna elettorale, ma di una rete di “giovani volontari” che lavoravano senza compenso o una linea guida precisa. Saïed non era comunque uno sconosciuto per i tunisini: come costituzionalista era stato invitato spesso in tv, soprattutto a commentare il processo post-rivoluzionario. Il suo volto impassibile e la sua voce pacata e profonda gli erano valsi il soprannome di “Robocop”.
Saïed è un convinto sostenitore del decentramento e vorrebbe una riforma costituzionale che andasse in questa direzione: «La decisione deve procedere dal locale verso il centro, attraverso il livello regionale», dice. Pertanto, secondo lui, ciascun consiglio locale dovrebbe gestire le questioni economiche adottando il modello di sviluppo che più corrisponde a quel preciso contesto. Tra le altre cose, Kaïs Saïed è un sostenitore della pena di morte e della disuguaglianza di genere in tema di successione ereditaria.