Centinaia di sostenitori dell’ISIS sono scappati da un campo in Siria
Erano civili e parenti di miliziani che hanno approfittato del caos seguito a un bombardamento della Turchia, che continua ad avanzare
Centinaia di sostenitori dell’ISIS sono scappati da un campo in Siria durante l’offensiva militare turca in corso nel nord est del paese, nella zona controllata dai curdi. La notizia è stata data dall’esercito curdo, e riguarda il campo di Ain Issa, circa 70 chilometri a sud est di Kobane, dove vivevano circa 13mila persone: tra di loro, secondo il New York Times, meno del 10 per cento era rappresentato da sostenitori dell’ISIS e da parenti dei miliziani rinchiusi nelle carceri del nord est della Siria. Secondo le autorità curde, a migliaia hanno lasciato il campo nel caos che è seguito a un bombardamento turco, e tra di loro c’erano circa 700 parenti dei miliziani dell’ISIS e sostenitori del gruppo terrorista.
Il New York Times ha scritto di non essere riuscito a verificare con certezza la cifra, ma ha aggiunto che ci sono testimoni che hanno visto centinaia di persone lasciare il campo domenica mattina. Una portavoce della ong Save the Children ha detto che una struttura che ospitava i parenti dei miliziani dell’ISIS si è svuotata, notizia riportata anche dal Washington Post. Il New York Times scrive che nelle campagne al confine tra Siria e Turchia è stata issata una bandiera dell’ISIS, in un territorio che prima dell’operazione militare turca era saldamente sotto il controllo dei curdi siriani.
Oltre alle migliaia di sostenitori dell’ISIS che vivono nei campi che ospitano le persone che vivevano nei territori del Califfato Islamico, si stima che nelle prigioni curde nel nordest della Siria siano detenuti circa 11mila miliziani dell’ISIS, 9mila siriani e iracheni e 2mila “foreign fighters”, i combattenti stranieri. Quello che succederà loro durante la guerra in corso è una delle maggiori preoccupazioni nella comunità internazionale: negli ultimi giorni sono già arrivate notizie di piccole evasioni.
Le altre notizie delle ultime ore dall’operazione “Fonte di pace” – come si chiama l’offensiva turca con la quale il presidente Recep Tayyip Erdoğan vuole creare una zona cuscinetto allontanando i curdi dai confini nazionali, e che è potuta avvenire grazie a un implicito via libera degli Stati Uniti – riguardano quelle che secondo il New York Times sono state uccisioni sommarie di prigionieri di guerra. Ne sono avvenute almeno due, compiute da gruppi di miliziani arabi siriani affiliati all’esercito turco, in un caso ai danni di un uomo curdo che aveva le mani legate dietro la schiena.
Sabato, invece, era stata uccisa Hervin Khalaf, segretaria generale 35enne di un partito progressista curdo molto stimata e attiva nel campo diplomatico. L’esercito curdo ha accusato del suo omicidio un gruppo di mercenari arabi affiliati alla Turchia.
Sempre sabato, la Turchia era entrata a Ras al-Ain, importante città al confine precedentemente controllata dai curdi, in quella che è considerata la prima occupazione strategicamente rilevante dell’offensiva. Sembra però che l’esercito turco non abbia ancora il pieno controllo della città, nonostante i proclami.
Il ministro della Difesa statunitense Mark Esper, intanto, ha annunciato il ritiro di circa 1.000 soldati americani dal nord della Siria, definendo la situazione «terribile» e spiegando che le forze statunitensi sono chiuse tra due parti in guerra tra loro. Esper ha aggiunto che la Turchia probabilmente vuole espandere la sua avanzata più a sud e più a est di quanto ritenuto originariamente. Venerdì, gli Stati Uniti avevano detto che alcuni colpi di artiglieria erano caduti vicino ad alcuni soldati americani nei pressi di Kobane, città al confine tra Siria e Turchia. L’esplosione, aveva detto il Pentagono, era avvenuta in una zona che la Turchia sapeva essere presidiata dalle forze statunitensi.