Cosa andrà di moda
Il Settecento, l'arancio ma anche il nero, i gilet e gli abiti sensuali (ed ecosostenibili), tirando le fila delle ultime sfilate femminili per la primavera
L’autunno non ha fatto in tempo ad arrivare (e qui trovate molte ragioni per rallegrarvene) che è già il momento di parlare di primavera ed estate, perlomeno nel mondo della moda, dove si è appena conclusa la carrellata di sfilate femminili – iniziata a New York, proseguita a Londra e poi a Milano e terminata a Parigi – dedicata alla prossima stagione (il ready-to-wear, cioè i vestiti confezionati già pronti, viene presentato con sei mesi di anticipo, come avevamo spiegato qui).
Non è semplice capire come le passerelle, con la loro raffinatezza e stravaganza, influiranno sulla vita quotidiana delle persone comuni, un po’ perché ogni stilista propone una sua idea di come ci dovremmo vestire e alla fine della stagione le proposte sono centinaia, un po’ perché la storia del successo di ogni capo è imprevedibile: ci si può infilare in mezzo la scelta di una persona famosa o di un influencer di indossarla, o le decisioni dei buyer più rilevanti (quelli che comprano dalle aziende i vestiti poi venduti nei negozi e nei grandi magazzini). Quello che si può fare è osservare l’aria che tira, le tendenze che sono comparse in più sfilate e quelle che resistono dalle stagioni precedenti. Tenendo conto di quello che si è visto e di quello che hanno scritto molti giornalisti di moda, abbiamo messo insieme quelle che probabilmente saranno le tendenze principali nei prossimi mesi e che troveremo nei negozi.
A questo giro per esempio, uno dei temi più condivisi è stato quello ecologista, che si è tradotto in abiti con tessuti riciclati, materiali ecosostenibili e scenografie con alberi e fiori a volte anche solo di facciata (come quella un po’ criticata di Dior). Tutto questo si è accompagnato a una riflessione che dura da anni contro i ritmi elevati dei tempi della moda, con le aziende di fast-fashion (come Zara e H&M) che propongono nuovi capi economici ogni settimana, e le stesse sfilate che chiedono di rivoluzionare il guardaroba ogni sei mesi senza curarsi delle conseguenze sull’ambiente. Come ha scritto la giornalista Steff Yotka su Vogue «dobbiamo costruire un guardaroba di abiti che amiamo e che indossiamo anno dopo anno»: per questo si sono visti alcuni capi e colori senza tempo, come il trench, il bianco e il nero. Un altro tema è stato il recupero della sensualità, con vestiti che riportano l’attenzione sui fianchi e che espongono il corpo fasciandolo o scoprendolo, contrariamente alla “moda modesta” degli ultimi anni, fatta di pantaloni larghi e fluidi, gonne lunghe, forme maschili, scarpe basse. Ne è convinta anche la giornalista del Guardian Jess Cartner-Morley, che ha fatto notare come «l’abito che andrà di moda è quello che avete già nell’armadio», una scelta condivisa anche da persone famose e influenti, come Meghan Markle che ha da poco indossato un abito che si era messa già lo scorso autunno.
Oltre agli aspetti pragmatici, le passerelle sono anche il momento in cui gli stilisti esprimono la loro visione di mondo e di umanità e sono quindi una buona occasione per provare a capire questa, forse nuova, forma d’arte. Come si è chiesta ancora Yotka: «E se la moda potesse plasmare le nostre vite, il modo in cui pensiamo o siamo, così come un buon libro e un grande film possono riformulare il mondo attraverso il modo di vedere di un grande artista?»
Pantaloncini, ma lunghi
Poche donne indossano gli shorts, i pantaloncini, nella vita reale, ma gli stilisti insistono nel proporli, ultimamente in una versione allungata e allargata: «più sono grandi e simili ai bermuda, meglio è», scrive Elizabeth Paton sul New York Times. Max Mara li ha proposti in color pastello con cravatte abbinate, da Tod’s erano larghi e marroni da portare con i blazer (le giacche informali), Bottega Veneta si è ispirata a quelli dei giocatori di basket e Celine ha proposto i polpe, i pantaloni al ginocchio portati prima della Rivoluzione francese dai nobili. Sono un capo interessante perché contraddittorio: scoprono il corpo rispetto a una gonna lunga ma permettono di muoversi, camminare, ballare più liberamente.
Borsoni
La moda dei vestiti extra-large è passata anche agli accessori, come si è visto a New York da Sies Marjan e Proenza Schouler; a Milano da Bottega Veneta con i borsoni di pelle, da Hugo Boss con gli zainoni color canarino e da Fendi con le grandi borse di tela; a Parigi, Stella McCartney ha proposto grossi cesti intrecciati e Lanvin ancora borsoni. Le borsette minuscole e i marsupi da portare a tracolla sono ancora in circolazione, ma le novità più interessanti si sono viste negli accessori grossi e voluminosi.
Gli anni Settanta
Nelle stagioni passate erano tornati gli anni Ottanta, ora stanno tornando i Settanta; le spalle larghe e le linee maschili della primavera passata lasciano il passo a completi più puliti e longilinei, a pantaloni attillati e blazer con un solo bottone, come si è visto soprattutto da Celine – con un’intera collezione ispirata – ma anche da Prada, Louis Vuitton, Burberry, Gucci e Marc Jacobs.
Il gilet
Come conseguenza, scrive Justine Carreon su Elle potreste finire a indossare i gilet: con giacca e pantalone o anche da solo, come ha insegnato Ralph Lauren.
Tagli e buchi
Molti stilisti hanno mostrato la pelle nuda delle modelle attraverso tagli negli abiti: semicircolari e sui fianchi da JW Anderson, piccoli e raffinati da Gucci e Marni; la collezione di Off-White, il marchio di streetwear dello stilista Virgil Abloh, era piena di buchi (“un motivo a gruviera”, lo definisce il New York Times) mentre le modelle di Haider Ackermann e di Saint Laurent mostravano spalle e pance scoperte.
Il trench
In quanto classico delle piovose mezze stagioni, il trench era presente in moltissime collezioni, anche perché nella versione a doppiopetto beige è un modello senza tempo, visto il bisogno di una moda più duratura. I più memorabili però sono quelli con i dettagli più originali, come quello rivestito di cristalli disegnato dallo stilista Riccardo Tisci per Burberry o quello con vari drappeggi di Proenza Schouler.
Colori luminosi, giallo e arancione
Nelle scorse sfilate (quelle della stagione in corso) si era visto molto verde – in particolare nel tono Chartreuse, a metà strada tra il verde e il giallo – mentre per la primavera/estate ci sarà molto arancione: mandarino per Eckhaus Latta ed Emilia Wickstead e corallo per Valentino e Gabriela Hearst, mentre da Prada si sono notati due cappotti, uno doppiopetto e uno con felci azzurre ricamate sopra.
Ci sarà anche molto giallo brillante, classico colore estivo, come si è visto da Sies Marjan, Pyer Moss e molti altri.
Ma anche bianco e nero
Secondo Steff Yotka di Vogue «i vestiti più favolosi e inquietanti» della stagione erano completamente neri, una tendenza già iniziata con gli abiti dell’autunno «che si chiedevano se fosse mai esistita un’epoca più tremenda di questa»; allo stesso tempo assecondano il bisogno di indossare abiti senza tempo. Vale soprattutto per le collezioni di Simone Rocha, Rick Owens e Marine Serre, che ha chiamato la sua Marée Noire, marea nera.
Il bianco, l’altro colore senza tempo, è stato usato soprattutto per i completi come da Deveaux, Jonathan Simkhai, Tory Burch e Prabal Gurung. Ha aperto anche la sfilata di Valentino, che ha rivisitato la camicia bianca di cotone in abiti dai tagli eleganti, pieni di pieghe, applicazioni di piume, arricciamenti.
Piante, uccelli, tramonti, tropici
La collezione di Marni è costruita attorno alla natura, con materiali riciclati, stampe e copricapi floreali. In generale, la preoccupazione ambientale è stata protagonista o è spuntata in molte passerelle; la collezione di Stella McCartney era ecosostenibile al 75 per cento; da Alexander McQueen, la stilista Sarah Burton ha riciclato pezzi di stoffa da altre vecchie collezioni e lo stesso hanno fatto giovani marchi come Marine Serre, Chopova Lowena, Dilara Findikoglu, e Matty Bovan. Stampe di palme, fiori esotici, tramonti si sono visti anche da Versace, Valentino, Fendi e moltissimi altri: «consideratelo un richiamo visivo a quel che conta di più», ha scritto Yotka.
Il XVIII secolo
Soprattutto a Parigi molte sfilate si sono ispirate al Settecento riprendendo alcuni elementi del vestiario tipici dell’epoca o riadattandoli ai nostri giorni. Da Loewe c’erano colletti ricamati, pizzi elaboratissimi, bustini e pannier, cioè la crinolina; Comme de Garçons ha mostrato spalle a sbuffo, mantelle con fiori ricamati, gonne dalla struttura elaborata e motivi jacquard (cioè con disegni elaboratissimi e geometrici); e poi piume, broccati e cappotti lunghi fino ai piedi da Dries Van Noten. A Londra anche Richard Quinn ha proposto spalle a sbuffo, fiocchi, gonne voluminose e stampe floreali, Simone Rocha merletti e arricciature delicate con ricami che ricordano la porcellana bianca e blu. Il gusto settecentesco è evidente ma aggiornato nei tagli e nelle linee contemporanee da Yohji Yamamoto mentre prende piena forma nei corsetti, nei colori confettati e nei completi tromp l’oeil (che sembrano reali ma sono solo disegnati sugli abiti) di Thom Browne. In generale, molti stilisti hanno reso omaggio ai modi di vestire delle antiche corti reali, con tagli, accessori, forme e tessuti a effetto.
Vestiti erotici e sensuali
Negli ultimi anni la moda è diventata meno sexy, i vestiti si sono allungati e accollati e i tacchi ridotti. Tra le ragioni c’è un rinnovato femminismo che pone l’accento su abiti comodi e sul disinteresse a scoprirsi e a piacere, e poi l’influenza della moda modesta da altre culture. Queste passerelle hanno visto un ritorno dell’esaltazione del corpo e della sua bellezza, attraverso abiti generalmente più fascianti e che lasciano intravedere pezzi di pelle (anche se continuano i pantaloni larghi, gli abiti lunghi e le sneaker). Il direttore creativo di Gucci Alessandro Michele – che finora aveva proposto abiti eccentrici e adatti a entrambi i sessi – ha disegnato una sfilata sensuale, e la stessa atmosfera si è respirata tra le passerelle di Tom Ford, Christopher Kane e Mugler, con una apprezzata collezione ispirata al bondage.
Contemporaneamente molti stilisti hanno attirato l’attenzione e accentuato i fianchi, tradizionale simbolo di femminilità e fertilità; tra loro ce ne sono di rivoluzionari come la giapponese Rei Kawakubo per Comme des Garçons e il georgiano Demna Gvasalia per Balenciaga, che ha chiuso una delle sfilate migliori di Parigi con degli abiti da sera dalle gonne spropositate. Un’altra tendenza è quello di mostrare l’intimo e trattarlo come un qualsiasi capo da esporre, dai reggiseni ai bustini. Da un lato le spalle larghe delle stagioni passate si uniscono ai fianchi larghi di questa per creare una nuova linea femminile, dall’altro può essere una nuova pagina della riflessione sul corpo femminile: è un modo per riappropriarsene e per sentirsi potenti e indipendenti senza doverlo per forza coprire.