Trump ha scaricato i curdi in Siria
Ha annunciato che non ostacolerà operazioni militari della Turchia nel nordest del paese, ribaltando quanto avevano fatto gli Stati Uniti finora
Domenica sera la Casa Bianca ha diffuso un comunicato per annunciare un cambiamento importante di strategia degli Stati Uniti in Siria: ha detto che ritirerà le proprie forze dal nordest del paese, dove si trovano oggi i curdi siriani, i principali alleati degli statunitensi durante la guerra contro lo Stato Islamico (o ISIS), data per terminata diversi mesi fa. Il ritiro è stato deciso per evitare che i militari statunitensi si trovino in mezzo a un’operazione militare che farà presto la Turchia proprio in quell’area, con l’obiettivo di prendere il controllo dei territori oggi dei curdi e stabilire una specie di “safe zone”, zona di sicurezza, tra il confine turco e i curdi siriani, che la Turchia considera terroristi e una minaccia alla propria sicurezza nazionale.
Il comunicato è stato reso pubblico poco dopo una telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Durante la conversazione, Erdoğan aveva espresso la sua frustrazione per la mancanza di progressi nella creazione di una “safe zone” nel nordest della Siria che gli era stata promessa ad agosto dai suoi alleati della NATO. Il presidente turco vorrebbe avere il controllo di una fascia di territorio piuttosto ampia: sarebbe un corridoio profondo una trentina di chilometri e lungo più di 400 chilometri lungo il confine tra Turchia e Siria, a est del fiume Eufrate, dove si trovano i curdi (a ovest dell’Eufrate ci sono già forze alleate con la Turchia). In questo territorio, Erdoğan vorrebbe rimandare tutti i profughi siriani che negli ultimi anni si sono rifugiati in Turchia.
Le Forze Democratiche Siriane (SDF), la coalizione militare che ha combattuto contro l’ISIS insieme agli Stati Uniti e che è formata soprattutto dai curdi siriani, hanno risposto piuttosto duramente all’annuncio degli Stati Uniti.
Hanno sottolineato come avessero fatto la loro parte prevista dall’accordo di agosto, smantellando alcune postazioni difensive nel nordest della Siria che erano state messe in piedi proprio in funzione anti Turchia. Di fatto, ha scritto il giornalista del Wall Street Journal Yaroslav Trofimov, le SDF si erano fatte convincere a smantellare le proprie postazioni dagli Stati Uniti, che avevano promesso in cambio di garantire loro sicurezza e protezione: «Una volta che i curdi delle SDF sono diventati senza difese, Trump ha dato a Erdogan il via libera per invadere», ha scritto Trofimov. Le SDF hanno aggiunto che faranno di tutto per difendere il proprio territorio, e hanno detto che un’eventuale operazione della Turchia nel nordest della Siria potrebbe avere la conseguenza di creare caos e insicurezza e favorire un ritorno dell’ISIS.
Per il momento non si hanno molte informazioni sulle reali intenzioni della Turchia, e soprattutto sui tempi di una eventuale invasione. Se le forze turche fossero già pronte per invadere il nordest della Siria, per le SDF ci sarebbe poco tempo per reagire e organizzarsi in maniera efficace. Secondo alcuni analisti, i curdi siriani potrebbero anche provare a cercare protezione altrove, ora che hanno perso quella degli Stati Uniti: potrebbero per esempio rivolgersi al regime siriano di Bashar al Assad e alla Russia, sua alleata.
Non è la prima volta che la Turchia prende di mira il nord della Siria, dove negli ultimi anni si è rafforzata molto la presenza curda. Nell’agosto 2016 la Turchia era entrata in Siria con i carri armati insieme a un gruppo di ribelli, e aveva preso il controllo di alcuni territori dell’ISIS prima che fossero conquistati proprio dai curdi. Da allora si era consolidata la situazione per cui la Turchia decideva per i territori a ovest del fiume Eufrate, mentre i curdi siriani avrebbero continuato a controllare tutti i territori a est. Con l’annuncio di domenica della Casa Bianca, questo accordo si può considerare saltato.