Si può lottare contro l’evasione fiscale con le lotterie?
Il governo vuole mettere in pratica una vecchia proposta – trasformare gli scontrini in biglietti di una lotteria – ma nei paesi che ci hanno già provato non è stato risolutivo
Si può combattere l’evasione fiscale trasformando gli scontrini in biglietti della lotteria? A leggere i giornali è quello che spera il governo, che starebbe studiando un modo per trasformare in una proposta concreta un’idea che circola da anni in Italia (e non solo) nella speranza che contribuisca a trovare almeno una parte di quei 7 miliardi di euro che ha promesso di recuperare dall’evasione fiscale nel corso del 2020.
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La lotteria dovrebbe funzionare così: periodicamente saranno estratti dei codici abbinati agli scontrini fiscali emessi nel periodo immediatamente precedente. Chi è in possesso dello scontrino vincente otterrà un premio in denaro (ma varranno solo gli scontrini oltre una certa somma per acquisti fatti in settori a rischio di evasione, come la ristorazione o i lavori di manutenzione domestica). L’idea è che in questo modo si crei un incentivo per i clienti, che avranno convenienza a chiedere gli scontrini, così da avere maggiori possibilità di vincere il premio estratto. È un’altra versione del famoso “contrasto di interessi” con il quale lo Stato cerca usare gli stessi cittadini come strumento per spingere commercianti, artigiani e professionisti a diventare contribuenti (o sostituti di imposta) più fedeli.
La lotteria dovrebbe partire dal primo gennaio 2020 e sarebbe abbinata all’entrata in vigore dello scontrino elettronico, praticamente l’unico modo di renderla concretamente praticabile. Lo scontrino elettronico dovrebbe funzionare più o meno come funzionano già oggi gli acquisti in farmacia: dando al commerciante il proprio codice fiscale o strisciando in un apposito lettore la propria tessera sanitaria, lo scontrino digitale sarebbe automaticamente trasmesso all’Agenzia delle Entrate e sarebbe visualizzabile dal cliente accedendo al portale con le proprie credenziali (per esempio lo SPID). Insomma: non sarebbe necessario tenere in casa centinaia di scontrini e controllarli a mano al momento dell’estrazione.
I dettagli sull’esatto funzionamento del sistema devono ancora essere decisi, ma sui giornali circolano già diverse ipotesi. Il Corriere della Sera, per esempio, scrive che ci saranno tre estrazioni ogni mese ognuna con un primo premio da 50 mila euro, un secondo da 30 mila e un terzo da 10 mila. Nel 2021, scrive sempre il Corriere, le estrazioni dovrebbero divenire settimanali. Già dal 2020 invece dovrebbe iniziare l’estrazione annuale, in cui saranno rimessi in palio tutti i biglietti emessi nell’anno con un premio previsto al momento in un milione di euro.
Per incentivare i pagamenti elettronici, il sistema dovrebbe assegnare un numero di biglietti “doppio” per chi paga con carta o bancomat. Chi paga con questi strumenti, inoltre, vedrà il suo pagamento automaticamente associato al suo nome nell’apposita pagina che sarà creata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, mentre chi pagherà in contanti dovrà fornire il suo codice fiscale (o strisciare la sua tessera sanitaria nel lettore).
L’imposta che viene evasa quando si fa un pagamento senza scontrino è l’IVA, l’imposta che grava su tutte le transazioni e gli scambi di beni e servizi. È una delle imposte più evase non solo in Italia ma in tutto il mondo. Secondo il governo italiano ogni anno circa 35 miliardi di euro di IVA, il 26 per cento del totale, non vengono versati (il dato è comunque in calo rispetto ai più di 40 miliardi di evasione dell’IVA stimati nel 2013).
Secondo la Commissione Europea ogni anno gli stati dell’Unione perdono in media l’11,2 per cento del totale di IVA che dovrebbero raccogliere. Chi fa peggio di noi, con un’evasione superiore al 30 per cento, sono Grecia e Romania, mentre in Svezia (dove la quasi totalità dei pagamenti avviene in maniera elettronica) l’evasione dell’IVA è stimata all’1,5 per cento.
Negli anni numerosi paesi hanno cercato di combattere l’evasione IVA ricorrendo alle lotterie, viste come uno strumento meno problematico rispetto all’estensione dei pagamenti elettronici (che rischia di causare altri tipi di problemi) e certamente meno impopolare dell’aumento dei controlli e degli obblighi per i contribuenti. Il primo paese a tentare questa strada è stato Taiwan, negli anni Cinquanta. Più di recente Malta, Lettonia, Portogallo e Slovacchia hanno introdotto questo strumento, mentre in Grecia se ne è discusso per qualche anno senza arrivare a nulla.
I risultati di questa misura, almeno quando adottata da sola, non sono spettacolari. In un articolo pubblicato sull’Economist lo scorso febbraio, si notava che la Slovacchia, che ha introdotto la lotteria nel 2013, sia diventata anzi il simbolo di come queste misure possano risultare praticamente fallimentari. Nel 2014 il ministero dell’Economia slovacco stimò che le maggiori entrate dovute alla lotteria erano pari ad appena 8 milioni di euro.
Sembra che i risultati siano stati migliori in Portogallo, dove la “fatura da sorte”, che significa “fattura fortunata”, è in vigore dal 2014. Negli ultimi anni la raccolta dell’IVA ha visto un incremento pari a circa 3 miliardi, ma è difficile valutare quanto si debba alla lotteria visto che, contemporaneamente, il governo ha adottato una serie di altre misure per combattere l’evasione fiscale. Anche in Italia la raccolta dell’IVA è in aumento da anni e la sua evasione è in diminuzione. Secondo le stime del governo, l’introduzione della fatturazione elettronica lo scorso gennaio ha prodotto un aumento di gettito pari a 4 miliardi di euro.
Tra i molti che hanno sottolineato i limiti delle lotterie con gli scontrini fiscali c’è il blogger economico Mario Seminerio, che ha ricordato come il principale problema del “contrasto di interessi” è che molto spesso l’evasione è più conveniente di qualsiasi incentivo possa fornire lo Stato. È difficile che la remota possibilità di vincere un’estrazione settimanale possa battere, come incentivo, lo sconto che può fare un artigiano in cambio di un lavoro eseguito senza fattura.
Secondo gli esperti il contrasto di interessi può essere utile, ma solo se è parte di una strategia molto più estesa che passa per incentivare i pagamenti elettronici e soprattutto fornire maggiori risorse alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle Entrate, in termini di uomini, mezzi e capacità tecnologiche. Molti inoltre sostengono che senza una modifica della legge sulla privacy per rendere più efficaci i controlli delle autorità sarà difficile raggiungere risultati importanti.