La sinistra vincerà in Portogallo?
Oggi si vota in uno dei paesi più strani d'Europa, dove la sinistra è al governo da quattro anni aumentando i suoi voti, dove la destra radicale non esiste e dove i politici dicono che serve più immigrazione
Le elezioni in Portogallo di questa domenica potrebbero smentire tre luoghi comuni della politica europea: il primo, che stare al governo a lungo finisce inevitabilmente per far perdere voti; il secondo, che la sinistra è in crisi e non più capace di vincere; il terzo: che l’estrema destra è in crescita in tutto il continente.
Secondo i sondaggi infatti, dopo cinque anni trascorsi al governo, l’alleanza che sostiene il governo di sinistra del primo ministro Antonio Costa non solo dovrebbe vincere facilmente le elezioni, ma con ogni probabilità riuscirà ad allargare parecchio la sua maggioranza rispetto alle elezioni precedenti. I due piccoli partiti di estrema destra nati negli ultimi anni, infine, sono praticamente assenti dal dibattito pubblico e ai loro comizi faticano a portare in piazza più di qualche decina di persone.
Nel frattempo, l’economia cresce del 3,5 per cento, i conti pubblici sono in ordine e, anche se c’è qualche dubbio sul futuro a medio termine del paese, per il momento la disoccupazione ha raggiunto i livelli minimi dall’inizio della crisi, andare in pensione è diventato più facile e i salari minimi sono stati alzati.
Questa situazione si riflette in sondaggi lusinghieri per la coalizione di governo. Secondo gli ultimi, il Partito Socialista del primo ministro Costa dovrebbe raggiungere il 37-38 per cento dei voti, circa sei punti e fino a 28 seggi in più di quanto raccolse nel 2015. Apparentemente questo guadagno non è arrivato a spese degli alleati: il Blocco di sinistra (BE) dovrebbe vedere i suoi voti crescere leggermente (intorno al 10 per cento), mentre la Coalizione Democratica Unitaria (CDU, formata dall’alleanza di comunisti e verdi) li vedrà probabilmente calare un poco (intorno al 6 per cento).
Questa insolita coalizione di sinistra e sinistra radicale si formò a sorpresa dopo le elezioni del 2015, che avevano visto una dura sconfitta per il centrodestra. Piuttosto che formare una grande coalizione, come molti si aspettavano, il nuovo leader del Partito Socialista Costa annunciò un’alleanza parlamentare con i due partiti di sinistra radicale, entrambi euroscettici e con posizioni critiche sulla moneta unica. All’epoca nessuno scommetteva sulla durata della coalizione, ribattezzata la geringonça, che potremmo tradurre con “l’accozzaglia”.
E invece il governo è arrivato alla fine della legislatura, anche se il clima tra le forze di maggioranza si è fatto sempre più pesante mano a mano che ci si avvicinava alla scadenza elettorale. Costa ha manovrato abilmente tra i creditori e i partner europei e i suoi alleati di governo. Ai primi ha offerto una leale collaborazione e un bilancio rispettoso delle severe regole europee (al punto che il suo ministro delle finanze, Mario Centeno, è divenuto presidente dell’Eurogruppo). Ai suoi alleati ha dato anticipi pensionistici per i dipendenti pubblici e risorse per la spesa sociale.
Il prezzo di questi interventi è stato un crollo degli investimenti pubblici, che in percentuale al PIL sono i più bassi d’Europa. Con infrastrutture come strade e ferrovie che in molti casi cadono letteralmente a pezzi, il paese in futuro rischia di pagare un prezzo molto alto per questi tagli. Per il momento però, il mix di politiche di Costa ha funzionato. Secondo i sondaggi, il 51 per cento dei portoghesi lo ritiene un primo ministro migliore del suo principale avversario, Rui Rio, apprezzato solo dal 25 per cento degli elettori.
Il gradimento dei leader si riflette anche nei risultati che ci si aspetta dai loro partiti. Il partito di Rio, che in modo controintuitivo per un partito di centrodestra si chiama Partito Social Democratico (PSD), dovrebbe perdere circa 7 o 8 punti percentuali rispetto al 2015, scendendo al 29 per cento e a una ventina di seggi. Sono risultati comunque in netto miglioramento rispetto allo scorso maggio, quando alle elezioni europee il distacco con il PS di Costa aveva raggiunto i 12 punti percentuali, arrivati fino a 15 nei sondaggi successivi.
Gli altri partiti, Popolari e ambientalisti-animalisti, non sono molto rilevanti e dovrebbero raccogliere ciascuno circa il 4 per cento. Infine, la destra radicale del Partito Nazionale Rinnovatore e del nuovo partito Chega (che significa “Basta”) dovrebbe faticare a raggiungere il 2 per cento dei voti. Il pessimo risultato che si prevede per la destra è un’altra delle eccezioni della politica portoghese. Tra le ragioni usate per spiegarla c’è di solito il recente passato dittatoriale del paese (che ha raggiunto la democrazia solo negli anni Settanta) e le difficoltà che ci sono nel trasformare l’immigrazione in un argomento politico.
Il Portogallo infatti è un paese abituato da decenni a ricevere immigrati dalle sue ex-colonie, come ad esempio Brasile e Angola (lo stesso Costa è figlio di un indo-portoghese originario della città indiana di Goa, anche se nato a Maputo, in Mozambico, una ex colonia portoghese in Africa). Più che una minaccia, gli stranieri sono visti e presentati dai media come portatori di opportunità economiche in un paese sempre più vecchio e bisognoso di giovani lavoratori.
Contrariamente alla gran parte dei leader della sinistra europea, che per una ragione o per l’altra spesso adottano una retorica e azioni pubbliche sull’immigrazione simili a quelle della destra, il governo portoghese non ha quasi mai fatto compromessi su questo fronte. Poche settimane fa, il primo ministro Costa ha detto apertamente che il Portogallo ha bisogno «di più immigrati» e che «non tollereremo alcuna retorica xenofoba».
Il voto di domenica sarà importante per capire che strada percorrerà il Portogallo in futuro. Costa ha escluso di trasformare l’attuale alleanza in una vera e propria coalizione: la sinistra, insomma, è destinata in ogni caso a rimanere fuori dal governo, come è già oggi (i partiti di estrema sinistra non hanno ministri). Ma una riedizione fedele della geringonça sembra comunque improbabile visto l’aumento delle tensioni tra gli alleati. Se i voti glielo consentiranno, è più probabile che Costa deciderà di proseguire la coalizione con uno solo degli attuali partner, magari con l’aggiunta del partito animalista che lo scorso maggio è riuscito a leggere un europarlamentare.