Secondo la Corte Suprema di Belfast, la legge sull’aborto dell’Irlanda del Nord viola il rispetto dei diritti umani del Regno Unito
La Corte Suprema di Belfast, capitale dell’Irlanda del Nord, ha stabilito che le limitazioni all’aborto in Irlanda del Nord e in contrasto con il resto del territorio britannico violano gli impegni del Regno Unito in materia di diritti umani. L’Irlanda del Nord infatti non ha la stessa legge sull’aborto di Inghilterra, Scozia e Galles, dove è in vigore l’Abortion Act, norma che nel 1967 legalizzò l’aborto in Gran Bretagna. In Irlanda del Nord l’aborto è permesso solo se c’è il rischio per la vita della donna o per la sua salute fisica o mentale, mentre non è consentito in caso di stupro, incesto o malformazioni gravi del feto. Non ci sono invece limitazioni per le donne che vogliono andare in altre parti del paese per abortire in maniera legale.
Il caso è stato portato davanti alla Corte dall’attivista 29enne Sarah Ewart, a cui nel 2013 era stato rifiutato il diritto di abortire, nonostante i medici avessero stabilito che il feto non sarebbe mai sopravvissuto fuori dall’utero una volta nato; Ewart andò allora ad abortire in una clinica a Londra.
La decisione è stata presa alla luce del “Northern Ireland (Executive Formation etc) Act 2019”, una legge approvata lo scorso luglio dal parlamento del Regno Unito per estendere anche all’Irlanda del Nord una serie di diritti civili, tra cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la legge sull’aborto vigente nel resto del Paese; la legge sull’aborto entrerà automaticamente in vigore il 31 marzo del 2020, a meno che venga nel frattempo formato un governo, ora vacante, in Irlanda del Nord entro il prossimo 21 ottobre.