La psicoterapia online non è tutta fuffa
Se integrate con la psicoterapia tradizionale, le nuove tecnologie possono essere di aiuto ai pazienti con disagio psicologico
La maggior parte delle persone non esita a chiamare il medico di famiglia quando ha l’influenza, o il dermatologo quando scopre uno sfogo sulla pelle, o il dentista quando il mal di denti diventa insopportabile. Sono pochi invece quelli che riconoscono di dover chiedere aiuto quando sperimentano attacchi d’ansia, crolli depressivi o altri sintomi di un disagio mentale. Spesso passa molto tempo tra il momento in cui ci si rende conto per la prima volta di aver bisogno di aiuto e il momento in cui effettivamente si inizia una psicoterapia: nel caso dei disturbi d’ansia si è calcolato che le persone aspettano in media due anni prima di rivolgersi a un professionista (quando lo fanno).
Le barriere che frenano le persone sono diverse: innanzitutto culturali, perché in molti contesti è ancora radicata l’idea che la psicoterapia sia una cosa riservata ai “matti” e che gli psicologi siano solo ciarlatani, e poi ragioni più personali, quelle che ci trattengono fino all’ultimo dall’ammettere a noi stessi che c’è un problema e che non possiamo affrontarlo da soli. A queste ragioni più profonde e radicate si aggiungono ragioni più pratiche, ma non per questo trascurabili: molte persone non sanno da dove iniziare a chiedere aiuto, a chi rivolgersi, quale approccio sia meglio per loro o banalmente non sanno come conciliare la terapia con la propria vita quotidiana per motivi di tempo e soldi.
Negli ultimi anni in molti si sono chiesti come superare questi ostacoli e rendere la psicoterapia più accessibile a un maggior numero di persone. Nel rispondere a questa esigenza, la tecnologia ha avuto un ruolo importante, attraverso strumenti come le videochiamate o i servizi di messaggistica istantanea, oltre che piattaforme, applicazioni e sistemi di intelligenza artificiale che hanno ridotto le distanze e i costi della terapia. Nella direzione di una maggiore accessibilità però bisogna stare attenti a non perdere di vista gli elementi su cui la psicoterapia si fonda e che la rendono efficace.
La terapia su Skype funziona?
Tradizionalmente la psicoterapia si svolge all’interno di una cornice molto rigida che viene definita setting e che è l’insieme di una serie di norme che regolano il rapporto tra terapeuta e paziente. Il setting è sia uno spazio mentale, quello della relazione tra il terapeuta e il paziente, che uno spazio fisico delimitato per esempio dalle pareti della stanza in cui si svolge la terapia, o dall’orario e dal giorno della terapia, che vanno mantenuti il più possibile invariati. Altre regole del setting riguardano il rispetto di orari e pagamenti, la natura dei contatti tra paziente e terapeuta al di fuori delle sedute e altro.
Visto il ruolo centrale del setting per il funzionamento del processo psicoterapeutico, ci si è domandati se spostare le sedute da una stanza allo schermo di un computer con applicazioni come Skype non potesse avere effetti negativi sull’efficacia della terapia. Per trovare una risposta a questa domanda, negli ultimi vent’anni sono stati condotti diversi studi clinici negli Stati Uniti, in Svezia e in Israele i cui risultati hanno mostrato che nella maggior parte dei casi la terapia online è una valida alternativa a quella di persona e che le due sono paragonabili sia sul piano della soddisfazione del paziente che negli effetti a lungo termine.
Fatte salve alcune condizioni cliniche peculiari o per gravità o per tipologia di sintomi (come persone a rischio di suicidio), l’efficacia della terapia a distanza è stata dimostrata per la maggior parte delle terapie, indipendentemente dall’approccio psicoterapeutico (esistono diversi tipi di psicoterapia, ad esempio quella cognitivo-comportamentale, quella sistemica e quella psicodinamica). Gli elementi necessari perché una terapia sia efficace infatti sono fattori comuni a tutti gli approcci, ovvero la costruzione di un’alleanza tra terapeuta e paziente, l’empatia, la fiducia e la condivisione degli obiettivi su cui lavorare. Se queste cose ci sono e funzionano, impuntarsi su aspetti formali della terapia come il fatto di essere presenti di persona, può diventare addirittura controproducente.
Per persone che dopo aver iniziato una terapia di persona decidono di trasferirsi in un’altra città o in un altro paese, il passaggio alla terapia online è una buona soluzione per non interrompere una relazione terapeutica che funziona e dover ricominciare tutto da capo con un nuovo professionista. Per alcuni pazienti, la terapia con videochiamata è a maggior ragione efficace perché è anche l’unica opzione possibile: per esempio per chi vive in zone particolarmente isolate, per chi ha problemi di mobilità a causa di disabilità fisiche, malattie croniche o disagi psicologici (come la paura degli spazi aperti o forme di fobia sociale) o semplicemente per chi ha impegni che gli impediscono di andare regolarmente nello studio del terapeuta. L’American Psychological Association fa notare anche come per i pazienti più giovani, abituati fin da piccoli a una comunicazione mediata da chat e chiamate, la terapia online possa risultare più rassicurante di un incontro di persona.
E le altre forme di terapia online?
Oltre alla terapia a distanza con strumenti come Skype — dove le sedute in studio semplicemente vengono “trasportate” su schermo, ma di fatto mantengono le stesse regole —, sotto il cappello di “terapia online” si possono trovare servizi di altro tipo, anche molto lontani dalla terapia tradizionale. Soprattutto negli Stati Uniti, negli ultimi anni sono nati numerosi progetti nell’ambito dell’innovazione del supporto psicologico.
Talkspace è uno tra i servizi di psicoterapia online più famosi negli Stati Uniti, grazie anche alla visibilità del suo testimonial, il nuotatore olimpico Michael Phelps, che l’ha usato per superare un momento di difficoltà e ha condiviso la sua testimonianza in uno spot. È un sito che seleziona per l’utente alcuni professionisti sulla base delle risposte date a un questionario iniziale e gliene fa scegliere uno. Una volta accoppiati paziente e terapeuta, si apre una chat dove il paziente può scrivere al terapeuta quando e quanto vuole, con la garanzia di ricevere una risposta entro un determinato tempo oppure chiedere un appuntamento in videochat. Il pacchetto base permette di messaggiare illimitatamente e costa 65 dollari alla settimana. La conversazione in questo caso è più simile a un continuo scambio di mail piuttosto che a una seduta periodica su Skype.
Un’altra piattaforma che negli Stati Uniti è molto usata (ha più di 600mila utenti e quasi 5mila terapeuti registrati) è Betterhelp, che mette in contatto terapeuti e utenti 24 ore su 24 tramite messaggi, chat, telefono e videochiamate. A gennaio è stato pubblicato uno studio sull’approccio multicanale di Betterhelp che ha rilevato una riduzione dei sintomi nei pazienti affetti da depressione. Sull’efficacia di questi servizi basati sulla messaggistica diversi esperti e utenti si sono espressi positivamente, ma esistono ancora pochi studi ed è molto difficile fare un confronto con la terapia tradizionale.
Un’ulteriore variante di queste nuove forme di supporto psicologico è quella degli assistenti virtuali o chatbot, dove la tecnologia non si limita a mettere in contatto paziente e terapeuta a distanza, ma sostituisce completamente il terapeuta. Tra i più conosciuti al momento ce ne sono due in lingua inglese, Woebot e Tess, intelligenze artificiali che comunicano con gli utenti tramite il programma di messaggistica di Facebook. Entrambe funzionano con algoritmi che conversano con l’utente usando domande e suggerimenti in risposta alle parole che manifestano un possibile disagio dell’utente. Per esempio, se l’utente scrive “nessuno mi vuole bene”, l’intelligenza artificiale cercherà di sostituire questo pensiero con altri più funzionali per il benessere della persona. Diversi studi hanno valutato l’efficacia di un percorso di psicoterapia fatto tramite chatbot e allo stato attuale non lo si può considerare del tutto efficace o risolutivo per determinati disturbi. Lo psicoterapeuta virtuale insomma non riesce ancora a sostituire un terapeuta umano, ma può servire come sostegno integrativo alla terapia o come strumento d’informazione che serva da collegamento tra il paziente in cerca di aiuto e un servizio di aiuto adeguato (che vada oltre la ricerca su internet di possibili sintomi e “cure”).
E in Italia?
In Italia, dove ancora la psicoterapia tradizionale fatica a prendere piede, sono stati fatti alcuni tentativi, ma senza grande successo. Tra le realtà che maggiormente stanno investendo nell’innovazione della pratica psicoterapeutica c’è il Centro Medico Santagostino, un poliambulatorio specialistico che offre tra le altre cose un servizio di psicoterapia personalizzata a Milano, Brescia e Bologna e che mira a raggiungere pazienti su tutto il territorio con la terapia a distanza.
Dalla sua nascita, il servizio di psicoterapia del Centro Medico Santagostino ha aiutato più di 15mila persone e ogni mese riceve una media di 400 richieste di aiuto. Dei percorsi di psicoterapia di cui si sta occupando in questo periodo circa il 7 per cento si svolge online. Sono quasi tutti pazienti che iniziano la terapia di persona e poi per una serie di motivi decidono di continuare online. «Nessuno di questi pazienti ha mai trovato inadeguata la nostra proposta di continuare la terapia online, perché la vive come la normale prosecuzione di un rapporto che funziona e che si basa sulla fiducia» ha raccontato al Post Michele Cucchi, psichiatra e direttore sanitario del centro, «ma parliamo solo di una piccola minoranza: di quelli che hanno già un alto livello di consapevolezza, che hanno deciso di iniziare una terapia e che l’hanno preso come impegno. Là fuori però ci sono moltissime altre persone che convivono con un disagio psicologico, ma non sono disposte a portarlo in uno studio medico».
Secondo Cucchi lo strumento della psicoterapia online è particolarmente adatto per provare a risolvere i problemi psicologici diffusi tra i giovani: «In quest’epoca storica ci troviamo a fare i conti con la profonda solitudine che si nasconde nell’illusione di essere sempre connessi, e con un senso costante di inadeguatezza rispetto a standard e aspettative troppo alte che la società ci impone. Tutto questo non sfocia necessariamente in condizioni patologiche per cui sia necessaria la psicoterapia, ma va comunque intercettato e accolto in uno spazio di ascolto. A volte bastano una telefonata o uno scambio di mail per impostare un rapporto di fiducia e indirizzare queste persone verso ciò di cui hanno bisogno».
Uno dei progetti a cui il Centro Medico Santagostino sta lavorando è una chat aperta, gestita a turno dagli psicoterapeuti del centro, che si occupi di rispondere alla prima richiesta di contatto da parte dei potenziali pazienti curiosi, ma ancora troppo scettici per prenotare una seduta. Sarà una specie di piattaforma di messaggistica istantanea come quelle che si sono affermate negli Stati Uniti, ma gratuita e riservata solo alla prima fase di contatto tra pazienti e terapeuti. Dopo il primo contatto, che serve a chiarire le idee al paziente e porre una base di fiducia per la costruzione di una relazione terapeutica, se vorrà, il paziente potrà iniziare una terapia online con lo specialista più adatto. L’obiettivo finale è sfruttare al massimo le potenzialità degli strumenti digitali per rendere accessibile il modello psicoterapeutico del Santagostino in tutta Italia.
«Anche i terapeuti hanno dovuto mettersi in discussione» ha aggiunto Cucchi «molti non erano convinti di poter usare Skype o una chat come spazio terapeutico e si rifiutavano di impostare un percorso online con un paziente mai incontrato di persona, ma quelli che hanno provato poi hanno quasi sempre scoperto che è più naturale ed efficace di quanto possa sembrare».
Questo articolo fa parte di un progetto sponsorizzato dal Centro Medico Santagostino.