Un giudice ha bloccato temporaneamente la dura legge contro l’aborto della Georgia
Negli Stati Uniti un giudice federale ha temporaneamente bloccato la dura legge contro l’aborto introdotta nello stato della Georgia lo scorso maggio. La legge, che dovrebbe entrare in vigore a gennaio, ha ridotto l’intervallo di tempo in cui si può ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza da venti a sei settimane. Come altre leggi simili è stata impropriamente chiamata “heartbeat bill”, cioè “legge del battito del cuore”, perché vieta l’aborto quando è possibile rilevare il “battito cardiaco” dell’embrione (a sei settimane non si parla ancora di feto), o meglio la sua pulsazione, dato che a sei settimane, quando molte donne ancora non sanno di essere incinte, non c’è un organo cardiaco vero e proprio.
La decisione del giudice è arrivata dopo che un gruppo di associazioni che si occupano di difesa dei diritti civili, medici e cliniche avevano fatto causa allo stato per cercare di bloccare la legge. Finora nessuna delle leggi restrittive sull’aborto approvate quest’anno in vari stati americani di orientamento conservatore è entrata in vigore: tutte sono state contestate in tribunale. Si può fare perché contraddicono apertamente la sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade del 1973, quella che legalizzò l’interruzione volontaria di gravidanza in tutti gli Stati Uniti. Tuttavia per gli attivisti e i politici antiabortisti il fatto che queste leggi siano portate in tribunale e bloccate fa parte di una strategia più ampia: il loro scopo è far arrivare i casi su queste leggi fino alla Corte Suprema, l’unico tribunale che può cambiare le leggi federali sull’aborto. Grazie alle nomine dei giudici Brett Kavanaugh e Neil Gorsuch fatte dal presidente Donald Trump infatti la Corte Suprema è diventata a maggioranza conservatrice.