L’India ha bloccato l’esportazione delle cipolle
Per rispondere al crollo della produzione di un prodotto lì insostituibile, e al conseguente grande aumento dei prezzi
Il governo indiano ha bloccato tutte le esportazioni di cipolle e ha imposto nuovi limiti sulle quantità di cipolle che rivenditori e grossisti possono tenere in magazzino. Le due misure sono state prese per contrastare il crollo della produzione di cipolle, uno degli ingredienti più usati e importanti della cucina indiana e di quella di molti paesi vicini. La siccità dello scorso anno e le piogge monsoniche degli ultimi mesi che hanno colpito l’India hanno infatti provocato enormi problemi agli agricoltori, che ora stanno pagando le decisioni del governo prese con l’obiettivo di minimizzare gli effetti della crisi sui consumatori indiani.
Nella cucina indiana le cipolle sono fondamentali e non sostituibili con altri ingredienti. Il governo indiano, ha scritto Deutsche Welle, è preoccupato che un aumento eccessivo del prezzo delle cipolle possa scatenare la rabbia della popolazione, soprattutto in stati dove si andrà a votare nei prossimi mesi, tra cui lo stato di Maharashtra che ne è un grande produttore. Inoltre è già successo in passato che un governo indiano cadesse a causa dell’aumento del prezzo di beni alimentari di base, ha scritto il New York Times.
Il blocco delle esportazioni e i nuovi limiti sulle riserve da poter tenere in magazzino hanno già prodotto i primi effetti. Il prezzo delle cipolle si è ridotto notevolmente, anche se non è ancora tornato ai livelli pre-crisi: dopo essere passato la scorsa settimana da 25 a 70 rupie al chilo (da 32 a 90 centesimi di euro), negli ultimi due giorni è sceso a 50 rupie al chilo (64 centesimi di euro). Il problema si è così spostato dai consumatori ai produttori di cipolle, ai quali il governo guidato dal primo ministro nazionalista Narendra Modi aveva promesso di fornire più aiuti e assistenza: in alcune zone dell’India centrale gli agricoltori hanno risposto alle politiche del governo organizzando proteste e bloccando autostrade.
Gli effetti delle ultime decisioni sulle cipolle si sono cominciati a sentire in diversi paesi stranieri. A Dacca, la capitale del Bangladesh, il prezzo delle cipolle è aumentato del 700 per cento negli ultimi mesi, ed è raddoppiato solo nell’ultima settimana. Un venditore di strada sentito dal New York Times ha raccontato che i clienti si sono arrabbiati così tanto che lui ha deciso di non vendere più cipolle. La stessa decisione è stata presa da molti altri venditori e negli ultimi giorni per le strade di Dacca è diventato sempre più difficile comprare cipolle indiane. Proteste e malumori ci sono stati anche in altri paesi importatori di cipolle indiane, come per esempio il Nepal e gli Emirati Arabi Uniti.