Gli assurdi Mondiali di atletica in Qatar
A Doha gli atleti hanno trovato un clima insopportabile, gare organizzate a notte fonda e tribune semivuote: chi lo avrebbe mai detto?
Ci troviamo in un quinquennio in cui, dopo enormi investimenti, i ricchi paesi della penisola araba ospiteranno i maggiori eventi dello sport internazionale. Dopo aver consolidato la loro presenza negli sport motoristici, a gennaio negli Emirati Arabi Uniti si è tenuta la prima edizione della Coppa d’Asia di calcio aperta a ventiquattro nazionali. In attesa di ospitare l’evento più atteso, i Mondiali di calcio del 2022 — i primi a giocarsi in autunno — in questi giorni nel vicino Qatar si stanno disputando i Mondiali di atletica leggera, una sorta di prova generale per gli organizzatori. Ma non sta andando bene, come ampiamente previsto.
L’atletica leggera è una delle manifestazioni sportive che più vengono influenzate dalle condizioni climatiche. Le gare infatti si disputano all’aperto — per quelle al chiuso ci sono i Mondiali indoor — e per questo, di norma, i Mondiali vengono organizzati ad agosto nei paesi con un clima temperato. I problemi per gli atleti in Qatar si sono verificati già al primo giorno, nella maratona femminile, dove 28 partecipanti su 68 si sono ritirate prima della fine e almeno due sono finite in ospedale. Questo a causa dei circa 30 gradi centigradi e di un tasso di umidità del 70 per cento, nonostante la gara sia stata fatta cominciare a mezzanotte.
L’allenatore etiope Haji Adillo Roba ha commentato la gara dicendo: «Non avremmo mai corso una maratona in queste condizioni nel nostro paese». La bielorussa Volha Mazuronak l’ha invece descritta così: «L’umidità ti uccide. Non c’è aria da respirare. Pensavo che non sarei arrivata alla fine». La canadese Lyndsay Tessier ha detto in un’intervista poche ore dopo la gara: «Vedi qualcuno a terra lungo il percorso, ed è spaventoso, pensi che potresti essere tu nei successivi 500 metri».
Le reazioni di atleti e allenatori sono state ancora più dure dopo che la Federazione internazionale di atletica leggera (IAAF) ha comunicato di aver fatto «tutto il possibile per ridurre al minimo i rischi legati al caldo» e che la gara si è svolta a un livello di rischio per la salute ritenuto «accettabile». Il francese Yohann Diniz, campione mondiale due anni fa a Londra, ha risposto dicendo di essere estremamente turbato, dopo aver corso la marcia maschile qualche ora dopo: «Se fossimo stati nello stadio avremmo avuto condizioni normali, ma lì fuori ci hanno messo in una fornace, era impossibile gareggiare”.
Per tenere al riparo dal caldo gli atleti, al Khalifa International Stadium di Doha, dove si disputano tutte le gare su pista, è stato infatti installato un gigantesco impianto di aria condizionata — come quelli che verranno usati per i Mondiali di calcio — che abbassa di alcuni gradi la temperatura rispetto all’esterno, rendendola accettabile seppur comunque alta, e senza considerare il considerevole impatto ambientale di questa soluzione. Tutte le gare si disputano inoltre dopo le 16 locali, per evitare i 40 gradi delle ore centrali della giornata.
Il clima non è il solo problema dei Mondiali di Doha. Al Khalifa International Stadium i posti vuoti sono stati quasi il doppio di quelli occupati dagli spettatori, che per gran parte continuano a essere allenatori, dirigenti, atleti non in gara e familiari dei partecipanti. A poco sono serviti i teloni con cui gli organizzatori hanno ridotto di circa metà la capienza di 50.000 posti dello stadio, a dispetto delle promesse iniziali contenute nella candidatura di Doha a città ospitante, che nel 2017 assicurava spalti gremiti e grande partecipazione. Da venerdì scorso la media spettatori non supera le 2.000 presenze.
Il Qatar, una penisola di deserto affacciata sul Golfo Persico e un tempo praticamente disabitato, è un paese che si è popolato negli ultimi vent’anni. Ora conta poco più di due milioni di residenti, molti dei quali stranieri trasferitisi solo temporaneamente. La popolazione araba è di qualche centinaia di migliaia di persone, molte delle quali vivono in povertà, come gli operai impegnati nella costruzione di edifici e stadi per i prossimi eventi sportivi. Delle pessime condizioni di lavoro nel paese, dei lavoratori sfruttati, delle misure di sicurezza insufficienti e delle morti tra gli operai si parla peraltro da anni senza che efficaci contromisure siano mai state veramente adottate. Secondo diverse organizzazioni non governative, che negli anni hanno prodotto ampi reportage, nei cantieri qatarioti sarebbero morti più di cinquemila operai in un decennio.