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  • Mercoledì 25 settembre 2019

Il rapper che potrebbe finire nel programma di protezione testimoni

Dopo aver testimoniato contro i membri di una gang criminale, il famoso cantante di trap Tekashi 6ix9ine potrebbe dover scomparire

Tekashi 6ix9ine durante un precedente processo per aggressione a Houston, nel 2018. (Bob Levey/Getty Images)
Tekashi 6ix9ine durante un precedente processo per aggressione a Houston, nel 2018. (Bob Levey/Getty Images)

La scorsa settimana il rapper americano Tekashi 6ix9ine – da leggersi six nine – ha testimoniato in un tribunale di Manhattan per ore, raccontando come la sua breve carriera, che lo ha portato in pochi anni a diventare uno dei più popolari cantanti di musica trap al mondo, si sia intrecciata alla gang criminale dei Nine Trey Gangsta Bloods, attiva nella East Coast statunitense. Se la storia dell’hip hop è storicamente legata a quella delle gang criminali statunitensi, è la prima volta che un artista di così alto profilo collabora con la giustizia facendo nomi e attribuendo colpe: che, nella retorica dell’hip hop e della criminalità organizzata americana, ha fatto cioè lo “snitch”, la spia, come si dice in slang.

Tekashi 6ix9ine rischia molti anni di carcere, ma con la sua collaborazione potrebbe addirittura entrare nel programma di protezione testimoni. Il suo comportamento è stato criticato da diversi altri rapper, e in generale la vicenda è stata assai commentata perché c’è chi crede che possa contribuire a cambiare il modo in cui vengono percepiti – e considerati dalla giustizia – i comportamenti “da gangster” tipici di alcuni artisti hip hop.

Tekashi 6ix9ine si chiama in realtà Daniel Hernandez, ha 23 anni ed è di Brooklyn: tra il 2017 e il 2018, nel giro di poco più di un anno, passò dall’essere una marginale personalità di Instagram al diventare uno degli artisti più ascoltati dagli adolescenti di tutto il mondo, con dieci singoli finiti nella classifica Hot 100 di Billboard. Dopo un’adolescenza complicata in cui si fece anche un po’ di carcere, cominciò la sua carriera più come influencer che come cantante, costruendosi un personaggio “da cartone animato” per poi cambiare radicalmente la sua immagine.

Hernandez iniziò infatti a usare i social network per esibire uno stile di vita violento e da gangster, che all’apparenza poteva ricordare quello di grandi rapper degli anni Novanta come Tupac Shakur e Notorious B.I.G., ma che in realtà era molto diverso. In quei casi, infatti, i rapper vivevano in un contesto violento e povero, che si  portavano giocoforza dietro anche da famosi. Nel caso di Hernandez e di molti altri rapper suoi coetanei, le frequentazioni gangsta sono state perlopiù un tentativo posticcio di ottenere la cosiddetta “street cred” (cioè la credibilità della strada, il rispetto che l’hip hop della vecchia scuola assegna ai rapper che sono anche mezzi criminali).

Questa differenza è quella che rende la storia di Hernandez a suo modo esemplare: in poco tempo finì nel giro di una gang criminale, mettendosi nelle mani di un membro dei Nine Trey Gangsta Bloods che scelse come agente, pagandolo in cambio di protezione e “reputazione”. Il suo stile cambiò, si fece molti nemici e finì in mezzo ad alcune rapine e sparatorie che lo fecero finire in tribunale. Durante il processo, Hernandez accettò di collaborare con la giustizia: nelle udienze della scorsa settimana ha raccontato estesamente dei suoi rapporti con la gang che frequentava, facendo nomi e formulando accuse, attirando in questo modo minacce di morte, prese in giro e dure critiche dalla comunità hip hop.

Il processo riguarda diversi capi di imputazione, principalmente legati a un presunto traffico di armi e per il quale lo stesso Hernandez rischia un minimo di 47 anni di carcere. «Era quello che piaceva alla gente, una semplice formula, un marchio che ho scoperto piaceva alle persone» ha spiegato Hernandez dei suoi rapporti con la gang, in una testimonianza che in molti hanno definito “ingenua”. Ancora prima del processo, i rapporti tra il rapper e la gang si erano incrinati, tanto che a un certo punto venne rapito da alcuni membri, che le intercettazioni hanno rivelato discussero di come punirlo. Inizialmente Hernandez rifiutò di collaborare con l’FBI, per poi cambiare idea.

Questo potrebbe garantirgli un notevole sconto di pena, facendolo entrare nel programma protezione testimoni. Può stupire che un profilo come quello di Hernandez, che sull’esibizione della propria vita privata ha costruito una carriera, possa trascorrere il resto della sua vita sotto un’altra identità. Ma come ha spiegato al New York Times Jay Kramer, ex agente dell’FBI specializzato in criminalità organizzata, «ci sono posti in questo paese in cui se il ragazzo si taglia i capelli e indossa vestiti normali nessuno si interesserebbe a lui».

In molti hanno comunque avanzato perplessità sulla capacità di Hernandez di mantenere l’anonimato, chiedendosi anche come farebbe con i vistosi tatuaggi che ha sul volto, che peraltro riportano ripetutamente il suo nome d’arte, “69”. «Sembrerà uno con la peste» ha dettoComplex Kelly Rheel, proprietario di un centro specializzato nella rimozione laser dei tatuaggi di New York. E ci vorrà più o meno un anno, durante il quale dovrebbe nascondere i segni con uno spesso strato di trucco.

Secondo Pitchfork, la testimonianza di Hernandez potrebbe rappresentare un precedente pericoloso: ammettendo che i contenuti “gangsta” dei suoi video e delle sue canzoni corrispondevano alla sua vita privata, e che riflettessero veri reati e comportamenti criminali, rinnegherebbe una differenza che è sempre stata sostenuta con decisione da una parte degli artisti hip hop, e cioè che la violenza della propria musica fosse una finzione, che mostrarsi criminali non significa esserlo.

A un certo punto della sua testimonianza, Hernandez ha addirittura parlato dei rapporti con le gang di altri rapper, come Cardi B e Jim Jones. Diversi artisti hip hop hanno attaccato Hernandez per questa scelta, alcuni prendendolo in giro – come Snoop Dogg o Future – e altri criticando più in generale i rapper come lui, che hanno usato gli atteggiamenti criminali come una posa qualsiasi, soltanto per costruirsi un personaggio. «Messaggio del giorno: non fare il gangster di internet, sii te stesso» ha scritto su Twitter il rapper Meek Mill.

https://twitter.com/MeekMill/status/1174041498226233344