Il fallimento di Thomas Cook
Da lunedì l'agenzia di viaggi britannica ha cessato tutte le sue attività, e ora ci sono circa 500mila turisti bloccati in giro per il mondo e in attesa di essere rimpatriati
Lunedì il consiglio di amministrazione di Thomas Cook, la grande agenzia di viaggi britannica, ha annunciato il fallimento della società, dopo l’esito negativo delle ultime trattative per salvarla portate avanti nel weekend. La bancarotta mette a rischio circa 22mila posti di lavoro nel mondo, e rende ora necessaria un’enorme operazione per rimpatriare le circa 500mila persone che sono in viaggio con i tour offerti dall’agenzia e con la compagnia aerea Thomas Cook Airlines, le cui attività sono state interrotte con effetto immediato e le cui prenotazioni sono state interamente cancellate.
Secondo il Financial Times, di questi turisti 150mila sono britannici: l’operazione con cui verranno riportati a casa sarà «la più grande operazione di rimpatrio d’emergenza di sempre in tempi di pace». Il ministro dei Trasporti britannico Grant Shapps ha già detto che saranno organizzati voli charter gratuiti per riportarli a casa. Molti turisti sono bloccati negli aeroporti di diverse città del mondo, dopo che il loro volo è stato cancellato. Il Guardian scrive di lunghe code negli aeroporti di alcune località turistiche della Spagna, molto frequentate dai turisti britannici, come Palma di Maiorca. Condor, compagnia aerea tedesca sussidiaria di Thomas Cook, ha fatto sapere che i suoi voli oggi saranno operativi come al solito, e di aver chiesto un prestito ponte al governo tedesco per poter continuare le proprie attività.
Thomas Cook fu fondata nel 1841 a Leicester e, dopo circa vent’anni da compagnia statale, nel dopoguerra diventò una delle più importanti agenzie turistiche nel mondo: nel 2001 era stata acquisita dalla tedesca C&N Touristic AG. Il fallimento della società è stato attribuito a una serie di fattori, dalla concorrenza delle agenzie online e delle compagnie aeree low cost ad alcuni avvenimenti internazionali, come l’instabilità turca degli ultimi anni e Brexit, che ha portato molti clienti a rimandare le proprie prenotazioni.
Credit: Jim Hatton Holidaymakers wait for return flights to the UK following the collapse of British travel firm Thomas Cook. https://t.co/98Xv03gI7F pic.twitter.com/zKm61Hq9j5
— The Herald (@heraldscotland) September 23, 2019
Nel corso degli anni Thomas Cook aveva accumulato debiti superiori a 2 miliardi di sterline (circa 2,2 miliardi di euro), e il gruppo cinese Fosun, principale azionista dell’azienda, aveva concordato con i creditori un piano di salvataggio da 900 milioni di sterline (circa 1 miliardo di euro) in cambio della conversione del debito in azioni. I creditori, però, questa settimana avevano fatto sapere che avrebbero approvato il piano di salvataggio solo se Thomas Cook fosse riuscita a fornire 200 milioni di sterline aggiuntivi, necessari per potere garantire l’operatività durante la stagione invernale. Nonostante i tentativi delle ultime ore per cercare di soddisfare queste richieste, Thomas Cook non è stata in grado di trovare ulteriori 200 milioni, anche a causa del rifiuto del governo britannico di un suo intervento diretto, e ha quindi dovuto dichiarare il fallimento.