Domani la Corte suprema britannica dirà se la sospensione del Parlamento decisa da Boris Johnson sia legittima
Domani alle 11.30 ora italiana la Corte suprema britannica annuncerà il suo verdetto sulla sospensione dei lavori del Parlamento britannico voluta dall’attuale primo ministro conservatore Boris Johnson. Un eventuale verdetto contrario al governo potrebbe avere un’influenza molto forte sul processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, rendendo più difficile la vita a Johnson e agli altri sostenitori di Brexit.
The judgment in 'R (on behalf of Miller) v The Prime Minister' and 'Cherry and others v Advocate General for Scotland' will be handed down at 10.30am on Tuesday 24 September in Courtroom 1 https://t.co/yo4BzgEvdE pic.twitter.com/3LF96kYrlS
— UK Supreme Court (@UKSupremeCourt) September 23, 2019
Se la Corte dovesse decidere contro il governo, Johnson rischia di essere costretto a riaprire la sessione parlamentare con tre settimane di anticipo rispetto al 14 ottobre, la data attualmente prevista per l’inizio delle sedute. Con queste tre settimane di attività in più, i parlamentari potrebbero avere il tempo di bloccare un tentativo di Johnson di abbandonare l’Unione Europea tramite un “no deal”, la brusca e potenzialmente molto dannosa uscita automatica dall’Unione Europa che scatterà il 31 ottobre se il governo britannico non chiederà ufficialmente un nuovo rinvio o se il Regno Unito non accetterà l’accordo sull’uscita raggiunto con l’Unione dal precedente governo.
La sospensione dei lavori del Parlamento utilizzata da Johnson e sotto giudizio della Corte suprema è un’antica tradizione britannica che di solito dura per un tempo simbolico e non ha alcuna reale funzione. Johnson, che fa parte della destra del Partito Conservatore ed è favorevole a una Brexit a qualsiasi costo, ha invece utilizzato il meccanismo (che si chiama “prorogation”, cioè “rinvio”) per sospendere i lavori del Parlamento per quasi 5 settimane, e arrivare così a ridosso della scadenza di Brexit senza dare ai suoi avversari una possibilità di contrastare l’uscita automatica fissata per il 31 ottobre.