Trump ha chiesto all’Ucraina di indagare su Biden
Cosa si sa e cosa non si sa di una storia di cui rischiamo di sentir parlare per i mesi a venire
Da qualche giorno la politica americana gira attorno a una vicenda piuttosto grave e complessa che coinvolge il presidente Donald Trump e un suo possibile sfidante alle prossime elezioni presidenziali, l’ex vicepresidente Joe Biden. In estrema sintesi: secondo una denuncia proveniente dall’intelligence statunitense e poi seguita da diverse inchieste giornalistiche, durante una telefonata avuta a luglio Trump avrebbe fatto pressioni sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky per avviare un’indagine su Joe Biden e su suo figlio, Hunter Biden, ex membro del consiglio di amministrazione di una società ucraina del gas. Secondo molti, l’obiettivo di Trump era – ancora una volta – usare l’interferenza di un paese straniero e danneggiare Biden padre, candidato dato al momento per favorito a vincere le primarie del Partito Democratico e a sfidare Trump alle prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel novembre 2020.
Negli ultimi giorni sono emersi nuovi dettagli sulla storia, di cui si stanno occupando tutti i principali giornali americani.
La denuncia da cui è partito tutto
Il caso era iniziato il 12 agosto, quando un funzionario interno al governo statunitense aveva presentato una denuncia formale (“whistleblower complaint“) contro Trump, accusandolo di avere fatto una promessa pericolosa e inopportuna a un leader straniero nel corso di una telefonata (le telefonate tra capi di Stato sono normalmente e legittimamente ascoltate dai funzionari dell’intelligence). Nella denuncia, che era stata ritenuta dall’intelligence statunitense fondata, credibile e di «urgente preoccupazione» – una classificazione legale che implica una valutazione delle commissioni competenti al Congresso – non si specificava chi fosse il leader straniero coinvolto.
Inchieste successive di New York Times, Washington Post e Wall Street Journal, però, hanno individuato il leader straniero in Volodymyr Zelensky, ex comico eletto presidente ucraino lo scorso aprile, e lo stesso Trump lo ha poi confermato.
La richiesta di Trump a Zelensky
Il centro dell’intera storia riguarda una telefonata che Trump fece a Zelensky il 25 luglio scorso, durante la quale Trump chiese al presidente ucraino di avviare un’indagine su Joe e Hunter Biden: Biden figlio infatti faceva affari in Ucraina negli anni in cui il padre era vicepresidente degli Stati Uniti nel governo guidato da Barack Obama. Il Wall Street Journal ha scritto che Trump avrebbe sollecitato «circa otto volte» Zelensky a lavorare insieme a Rudy Giuliani, consigliere per la sicurezza informatica della Casa Bianca, sulle indagini sui due Biden.
Una fonte del Wall Street Journal ha detto che Trump voleva dimostrare che Joe Biden si era comportato in maniera illegittima da vicepresidente degli Stati Uniti, prendendo posizioni sull’Ucraina che avrebbero avuto il solo scopo di proteggere suo figlio Hunter. Secondo la tesi di Trump e Giuliani, infatti, Joe Biden avrebbe esortato il licenziamento di Viktor Shokin, il procuratore ucraino che aveva indagato sulla società ucraina del gas in cui lavorava Hunter Biden.
Questo punto comunque è piuttosto controverso. Finora non è emersa alcuna prova a sostegno delle accuse di Trump contro Joe Biden, senza contare che la richiesta di sostituire Shokin proveniva non solo da Biden, ma anche dalle autorità anticorruzione ucraine, da diversi diplomatici europei e dallo stesso dipartimento di Stato americano, che giudicavano l’ufficio del procuratore come ampiamente corrotto. Shokin era accusato di non fare abbastanza contro la corruzione: diversi funzionari occidentali e ucraini ritenevano per esempio che non avesse indagato abbastanza sugli affari del Burisma Group, la società nel cui consiglio di amministrazione sedeva proprio Hunter Biden.
Sabato Joe Biden ha negato le accuse di Trump: «Sta violando qualsiasi norma basilare per un presidente. Sta usando l’abuso di potere e ogni elemento della presidenza per provare a colpirmi».
Le accuse contro Trump
Una delle cose non ancora chiare in tutta questa storia riguarda il modo in cui Trump avrebbe provato a convincere Zelensky ad avviare l’indagine su Joe e Hunter Biden.
Negli ultimi giorni i giornali americani si sono concentrati su un’ipotesi in particolare, che potrebbe spiegare la presunta «promessa» inopportuna e illegittima che Trump avrebbe fatto a un leader straniero. Come ha scritto il New York Times, alcuni temono che Trump abbia «manipolato la politica estera» statunitense per raggiungere il suo scopo, cioè avviare l’indagine e screditare Biden. Nel periodo della telefonata tra Trump e Zelensky, infatti, gli Stati Uniti avevano rimandato l’invio di nuovi aiuti militari all’Ucraina: Trump avrebbe potuto usare questa leva – autorizzare la ripresa degli aiuti – per convincere il presidente ucraino a fare quello che gli stava chiedendo.
Trump ha sostenuto che la conversazione telefonica che ebbe con Zelensky fu «di routine» e ha parlato di «caccia alle streghe» iniziata dai giornali americani contro di lui e il suo governo, ma ha rivendicato di aver invitato Zelensky a darsi da fare contro la corruzione portata dagli americani in Ucraina, riferendosi evidentemente ai Biden. Giuliani ha detto in tv che è un diritto del presidente invitare un altro capo di stato straniero a muoversi contro la corruzione.
La storia della promessa nella campagna elettorale americana
Come ampiamente prevedibile, tutta questa storia della promessa a un leader straniero è finita al centro della campagna elettorale per le primarie organizzate in vista delle elezioni presidenziali. Diversi candidati Democratici alla presidenza si sono detti infuriati e indignati, e hanno cercato di capitalizzare al massimo le accuse contro Trump pur senza citare troppo Joe Biden, dato al momento per favorito a vincere le primarie del Partito Democratico. Warren, che ad aprile aveva chiesto che fosse votato l’impeachment a Trump, ha accusato il presidente di «chiedere a un altro governo straniero di attaccare il nostro sistema elettorale», dopo averlo già fatto con la Russia di Vladimir Putin.