Trump ha promesso qualcosa che non doveva a un leader straniero?
Lo sostiene con preoccupazione un funzionario dell'intelligence statunitense, che ha presentato una denuncia formale
Un dipendente dell’intelligence statunitense ha presentato una denuncia formale accusando il presidente Donald Trump di avere fatto una promessa che non doveva a un leader straniero, ha scritto il Washington Post citando fonti proprie. L’esistenza della denuncia era già nota, ma finora non si sapeva che la questione riguardasse il presidente Trump e una presunta telefonata che avrebbe fatto prima del 12 agosto a un leader straniero. La denuncia è stata ritenuta fondata, credibile e di «urgente preoccupazione», classificazione legale che implica una valutazione delle commissioni competenti al Congresso. Finora, però, le commissioni non hanno ottenuto la documentazione richiesta e hanno accusato il direttore della National Intelligence, Joseph Maguire, di ostacolare il procedimento per difendere Trump.
La vicenda è piuttosto complicata e ci sono ancora diversi aspetti poco chiari. Quello che sta succedendo ha riportato però l’attenzione su un tema di cui si è parlato molto negli ultimi due anni e mezzo: la preoccupazione per la gestione di Trump delle informazioni riservate, cosa che ha già portato a scontri e diffidenze tra il presidente e le diverse agenzie di intelligence del paese. Alcune ore dopo la diffusione della notizia, Trump l’ha smentita parlando di «notizia falsa», e negando di dire cose «inappropriate» durante le sue telefonate con i leader stranieri.
Another Fake News story out there – It never ends! Virtually anytime I speak on the phone to a foreign leader, I understand that there may be many people listening from various U.S. agencies, not to mention those from the other country itself. No problem!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) September 19, 2019
Il caso di cui parla il Washington Post è iniziato il 12 agosto, quando un whistleblower interno al governo statunitense ha presentato una denuncia formale (“whistleblower complaint“) contro Trump. Con il termine whistleblower s’intende una persona che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite all’interno di un’organizzazione pubblica o privata. In questo caso non si sa molto della persona che ha fatto partire la denuncia: si sa che lavora per l’intelligence statunitense (che include diverse agenzie, tra cui CIA, NSA e Defense Intelligence Agency) e che in passato aveva lavorato nello staff del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Si hanno poche informazioni anche sul contenuto della denuncia: non si sa che promessa avrebbe fatto Trump, e non si sa nemmeno l’identità del leader straniero coinvolto. Il Washington Post ha scritto che nelle cinque settimane precedenti alla presentazione della denuncia Trump aveva avuto conversazioni o interazioni con almeno cinque leader stranieri: una telefonata con il presidente russo Vladimir Putin, due lettere ricevute dal dittatore nordcoreano Kim Jong-un, incontri con il primo ministro pakistano Imran Khan, con il primo ministro olandese Mark Rutte e con l’emiro qatariota Tamim bin Hamad al Thani. Secondo il giornalista Ken Dilanian di NBC News, la promessa sarebbe stata fatta durante una telefonata: non è chiaro comunque se Trump abbia avuto contatti telefonici con altri leader, oltre a quelli conosciuti.
A former US intelligence official confirms to me that this whistleblower complaint was about a Trump phone call. Need to find different words for unprecedented. https://t.co/y6N4U1KzN2
— Ken Dilanian (@KenDilanianNBC) September 19, 2019
La denuncia, comunque, è stata presentata all’Ispettore generale della comunità d’intelligence, ruolo occupato oggi da Michael Atkinson, ex funzionario del dipartimento della Giustizia, nominato da Trump e riconfermato dal presidente nel 2018. Come previsto dalla legge statunitense, Atkinson ha dovuto valutare due cose: se la denuncia era da considerarsi di «preoccupazione urgente» e se era credibile. Ha ritenuto che la risposta a entrambe le questioni fosse positiva. A quel punto però sono iniziati i problemi.
Atkinson ha inoltrato la denuncia all’Ufficio del direttore della National Intelligence, ruolo occupato da Joseph Maguire dal momento delle dimissioni di Dan Coats, avvenute lo scorso agosto. Maguire avrebbe dovuto inoltrare la documentazione alle commissioni per l’intelligence del Congresso, che si occupano di azioni di questo tipo, ma non lo ha fatto, secondo alcuni violando la legge e con lo scopo di proteggere il presidente Trump. Atkinson ha quindi deciso di contattare direttamente i deputati e i senatori competenti: ha scritto una lettera alle commissioni della Camera e del Senato, comunicando loro l’esistenza della denuncia. Il presidente della commissione d’Intelligence della Camera, il Democratico Adam Schiff, ha mandato una lettera a Maguire accusandolo di violare la legge e chiedendo chiarimenti. L’Ufficio del direttore della National Intelligence ha risposto di essersi consultato con il dipartimento della Giustizia e di avere concluso che la denuncia non sollevava questioni di «preoccupazione urgente», e che quindi non valesse l’obbligo di inoltrarla al Congresso.
La questione non si è ancora conclusa, e con le ultime rivelazioni del Washington Post si è ulteriormente ingrandita. Giovedì l’Ispettore generale Atkinson parlerà di fronte al comitato d’intelligence della Camera in un incontro che rimarrà chiuso al pubblico. Il 26 settembre toccherà a Maguire.