Renzi lascia il PD, infine
Ha annunciato la scissione in un'intervista a Repubblica, assicurando che il suo nuovo partito continuerà a sostenere il governo
Matteo Renzi – senatore, ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Partito Democratico – ha annunciato in un’intervista a Repubblica che lascerà il PD per fondare un nuovo partito, come si ipotizzava da mesi e come era diventato pressoché certo negli ultimi giorni. Renzi non ha detto come si chiamerà il nuovo partito a Repubblica, ma lo ha poi annunciato a Porta a Porta: Italia Viva. Per ora esisterà nella forma di due gruppi parlamentari, uno alla Camera e uno al Senato, composti da una quarantina di parlamentari in tutto. I nuovi gruppi continueranno a sostenere il governo Conte, ha assicurato Renzi, che ha detto che «saranno un bene per tutti»: sia per il PD che per il governo.
La mossa di Renzi, secondo gli osservatori, è un tentativo di creare una nuova forza politica più centrista rispetto al PD, in grado di attrarre i voti degli elettori di Forza Italia e +Europa e quindi allargare il centrosinistra, oggi in difficoltà anche per la maggiore ampiezza della coalizione di centrodestra. Renzi ha assicurato che le imminenti elezioni amministrative, che si terranno nei prossimi mesi in Umbria, Calabria ed Emilia-Romagna e poi nel 2020 in diverse altre regioni, non sono un obiettivo e che il nuovo partito non si presenterà. Avrà invece come obiettivo le prossime elezioni politiche (che Renzi spera essere nel 2023, dice) e poi quelle europee del 2024.
La tempistica della scissione è stata molto commentata, visto che Renzi era stato uno dei principali artefici dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle, facendo forti pressioni in questo senso sul segretario Nicola Zingaretti, che invece non la voleva. La mossa di Renzi era arrivata a sorpresa, visto che per mesi era stato il più convinto oppositore dell’accordo: e ora, pochi giorni dopo la formazione del governo, esce dal PD, pur mantenendo il suo sostegno al governo. Dall’intervista a Repubblica:
Ha davvero deciso lo strappo?
«I gruppi autonomi nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti: Zingaretti non avrà più l’alibi di dire che non controlla i gruppi pd perché saranno “derenzizzati”. E per il governo probabilmente si allargherà la base del consenso parlamentare, l’ho detto anche a Conte. Dunque l’operazione è un bene per tutti, come osservato da Goffredo Bettini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il ragionamento è più ampio e sarà nel Paese, non solo nei palazzi»Cosa non ha ottenuto dalla nascita del nuovo governo che giustifichi l’addio?
«Non è questo il punto. Se penso a come erano rappresentate le istituzioni un mese fa dico che il Conte bis è un miracolo. Aver mandato a casa Salvini resterà nel mio curriculum come una delle cose di cui vado più fiero».
Secondo i giornali, seguiranno Renzi nei suoi nuovi gruppi parlamentari alcuni dei dirigenti del PD a lui più fedeli, come Maria Elena Boschi, la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, il sottosegretario Ivan Scalfarotto, Ettore Rosato e Francesco Bonifazi, mentre altri esponenti a lui storicamente vicini rimarranno nel PD: è il caso di Luca Lotti, Andrea Marcucci e di Lorenzo Guerini, o del sindaco di Firenze Dario Nardella. «A Zingaretti lasciamo la maggioranza dei parlamentari», ha detto Renzi. Fu però sotto la sua dirigenza che il PD compilò le liste elettorali dell’attuale delegazione parlamentare del PD, che quindi in buona parte gli rimane quantomeno vicina, anche se non lo segue nel nuovo partito. Non entrerà in Italia Viva la sottosegretaria Anna Ascani.
I sondaggi sul consenso del nuovo partito sono ancora prematuri, un po’ perché finora non era ancora stato effettivamente fondato e un po’ perché non ci sono elezioni in vista. I numeri circolati in queste settimane hanno stimato il partito intorno al 5 per cento.
Nell’intervista a Repubblica, fatta da Annalisa Cuzzocrea, Renzi ha definito un «capolavoro tattico» di «democrazia parlamentare» l’alleanza con il M5S che ha escluso il leader della Lega Matteo Salvini dal governo. Ma ha sostenuto che alla vittoria parlamentare debba seguire una vittoria nei consensi degli italiani per cui il PD non è attrezzato, visto che è ormai «impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo», quando in realtà è «organizzato scientificamente in correnti». Renzi ha escluso che la scissione derivi da un problema personale con Zingaretti, che secondo i retroscena dei giornali sarebbe però molto deluso e arrabbiato per la scissione.
Renzi, nell’intervista, ha proseguito poi lamentandosi di essere sempre stato considerato «un intruso» nel centrosinistra, tornando a parlare della “Ditta”, come Bersani e la vecchia dirigenza (ora in parte passata a Liberi e Uguali) si riferivano al PD, alludendo al fatto che la sua uscita possa aprire la strada ad altri ritorni: «del resto il contrappasso è semplice: io esco, nei prossimi mesi rientrano D’Alema, Bersani e Speranza».
Parla di fuoco amico, ma ammesso e non concesso che Bersani, Epifani, D’Alema siano usciti dal Pd per farle la guerra, lei non sta facendo lo stesso? Non sta tradendo la fiducia di chi ha votato il Pd anche per le sue idee?
«Scriverò una lettera aperta agli elettori dem, ma non accetto lezioni da chi ha votato altre liste alle ultime elezioni. Con il nuovo governo e con la fase nuova che si apre, per lo più in un sistema proporzionale, è evidente che non puoi passare la giornata a discutere al tuo interno se vuoi battere il populismo nel Paese».Quindi è d’accordo con il ritorno al proporzionale?
«No. Ma lo rispetterò se è parte dell’accordo di governo. Sogno che Zingaretti e Di Maio si sveglino un giorno proponendo il monocameralismo, il doppio turno, un sistema in cui la sera sai chi ha vinto le elezioni. Non cambio idea».È quello che vuole Salvini.
«Non conta, se è giusto. Ma so che c’è un patto tra Pd e 5 stelle sulla legge elettorale e non sarò io a violarlo o a votare contro. Voglio passare i prossimi mesi a combattere il salvinismo nelle piazze, nelle scuole, nelle fabbriche. Faremo comitati ovunque. Non posso farlo se tutte le mattine devo difendermi da chi mi aggredisce in casa mia
Il nuovo partito, dice Renzi, «non è di centro o di sinistra, ma che occupa lo spazio meno utilizzato dalla politica italiana: lo spazio del futuro». E «sarà femminista con molte donne di livello alla guida». Renzi ha spiegato che Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo, e che i coordinatori provinciali saranno un uomo e una donna.
Al Senato il nuovo partito di Renzi potrebbe avere difficoltà a creare un gruppo autonomo, visto che i senatori sono meno del minimo per cui è consentito. Vengono però di frequente concesse deroghe, e questo è quello che spera Renzi: secondo Repubblica, potrebbe aggiungersi alla delegazione anche qualche attuale componente del Gruppo Misto, come l’ex leader dell’UDC Pierferdinando Casini. Tra gli altri esponenti del PD che seguiranno Renzi ci sono, sempre secondo Repubblica, Gennaro Migliore, Michele Anzaldi, Roberto Giachetti, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Luciano Nobili, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Mattia Mor, Nicola Carè e Massimo Ungaro. Tra quelli al governo, oltre a Bellanova e Scalfarotto, ci sarà la ministra della Famiglia e delle Pari opportunità Elena Bonetti.