Sembra che Israele spiasse Trump
I servizi segreti israeliani avevano piazzato dei dispositivi a Washington per intercettare le telefonate del presidente, scrive Politico
Secondo il sito di informazione Politico il governo israeliano avrebbe cercato di intercettare le comunicazioni del presidente Donald Trump nel corso degli ultimi due anni. Politico ha parlato con tre ex funzionari del governo statunitense, che hanno confermato i tentativi di spionaggio. I tre funzionari hanno anche raccontato che una volta scoperti i dispositivi per effettuare le intercettazioni non ci sarebbe stata alcuna conseguenza per gli israeliani, come invece è spesso avvenuto quando in passato sono emersi simili casi di spionaggio tra alleati.
I tentativi di intercettazioni sarebbero avvenuti tramite l’installazione di alcuni finti ripetitori per cellulari vicino alla Casa Bianca e in altri punti strategici della città di Washington. Queste finte “torri” (chiamate in gergo “International mobile subscriber identity-catchers” o più semplicemente “IMSI-catchers”) funzionano facendo credere ai telefoni cellulari di essere dei normali ripetitori a cui agganciarsi. Così facendo possono rilevare la posizione del cellulare, le utenze che cerca di contattare e, in alcuni casi, i contenuti delle conversazioni e dei messaggi che vengono scambiati.
Secondo Politico, questi dispositivi avevano lo scopo di intercettare le conversazioni di Donald Trump e dei suoi più stretti collaboratori. Non è chiaro se l’operazione abbia avuto successo. Politico però sembra implicare che la risposta potrebbe essere facilmente positiva. «Il presidente Trump è considerato poco scrupoloso nell’osservare i protocolli di sicurezza», ha scritto Daniel Lipmann, autore dell’articolo. Politico e il New York Times avevano già scritto in precedenza che Trump utilizza abitualmente telefoni cellulari poco sicuri e che viene «spesso» intercettato dall’intelligence cinese e russa.
In una lettera del maggio 2018 esaminata da Politico, il dipartimento della Sicurezza nazionale statunitense ha scritto di aver individuato diversi dispositivi per le intercettazioni a Washington, ma di non poter identificare con certezza chi li aveva piazzati. Successive analisi che hanno coinvolto anche l’FBI avrebbero identificato i responsabili in alcuni membri di alto rango dell’intelligence israeliana. Uno dei tre funzionari che hanno parlato con Politico ha detto che, dall’esame dei componenti dei dispositivi scoperti, «è risultato abbastanza chiaro che fossero di provenienza israeliana».
L’incidente è stato negato in via ufficiale da tutte le parti coinvolte. L’ambasciata israeliana a Washington ha detto a Politico che Israele non compie alcun tipo di operazione di spionaggio negli Stati Uniti (una smentita che un ex ufficiale dell’intelligence americana ha definito puramente “pro-forma”). La Casa Bianca ha preferito non commentare, mentre le agenzie di sicurezza coinvolte non hanno risposto alle richieste di Politico.
Una delle fonti consultate da Politico ha detto che dopo la scoperta dei dispositivi per effettuare le intercettazioni e la loro attribuzione all’intelligence israeliana, non c’è stata alcuna forma di protesta da parte dell’amministrazione Trump, a quanto pare nemmeno in forma privata. Nel corso della precedente amministrazione, cioè quella di Obama, ha aggiunto il funzionario, «il caso sarebbe stato trattato molto diversamente». Secondo Politico, la questione è stata trattata diversamente per via del solido rapporto personale che è nato tra Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Trump ha appoggiato quasi tutte le iniziative di Netanyahu e ha spostato l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, la capitale rivendicata dal governo israeliano ma non riconosciuta da gran parte della comunità internazionale.
A quanto pare però, nonostante queste buone relazioni, gli israeliani proseguono in una campagna di spionaggio che un funzionario che ha parlato con Politico ha definito “aggressiva”. Anche se i dispositivi individuati di recente sono stati installati probabilmente nel corso degli ultimi due anni, diversi membri di passate amministrazioni ricordano momenti piuttosto ambigui nelle loro interazioni con i colleghi israeliani.
Alcuni, ad esempio, hanno raccontato a Politico di quando cinque anni fa, durante uno degli ultimi tentativi di organizzare nuovi colloqui di pace tra israeliani e palestinesi, i funzionari israeliani utilizzassero spesso nelle loro conversazioni con gli americani delle frasi tratte da comunicazioni e altri rapporti riservati dell’amministrazione Obama sui quali non avrebbero dovuto aver modo di mettere le mani. Se all’epoca di Obama a questo genere di incidenti faceva di solito seguito un qualche tipo di protesta formale, oggi l’atmosfera sembra essere diventata più cinica. Come ha detto un membro dell’intelligence americana a Politico: «Perché, cosa credete che facciamo noi altri a Tel Aviv?».