Per anni la CIA ebbe una spia ad alti livelli al Cremlino
Finché nel 2017 dovette portarla via dalla Russia per timore che la sua identità venisse scoperta, ma rimpiazzarla è difficile, raccontano CNN e il New York Times
Nel 2017 la CIA, l’agenzia di spionaggio internazionale degli Stati Uniti, condusse una missione per portare fuori dalla Russia una spia che per più di dieci anni aveva fornito informazioni dall’interno del governo russo, da molto vicino al presidente Vladimir Putin. Lo hanno raccontato prima CNN e poi aggiungendo dettagli il New York Times, citando funzionari ed ex funzionari dell’amministrazione Trump che hanno chiesto di restare anonimi avendo condiviso informazioni riservate. La spia era la fonte di informazioni dalla Russia di più alto livello: vedeva spesso Putin e poteva addirittura fornire fotografie dei documenti che si trovavano sulla scrivania del presidente russo.
Secondo una delle persone che hanno parlato con CNN, la decisione della CIA di portare via dalla Russia la spia – e dunque di privarsi di una preziosa fonte difficilissima da sostituire – fu dovuta in parte alla preoccupazione che il presidente Donald Trump potesse mettere a rischio la sicurezza della spia diffondendo, su Twitter o nei colloqui con leader stranieri, informazioni riservate ottenute attraverso di lei. Nel maggio del 2017 infatti, durante un colloquio con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’allora ambasciatore russo negli Stati Uniti Sergei Kislak, Trump riferì alcune informazioni di intelligence altamente riservate riguardo alla Siria fornite agli americani da Israele.
Secondo altre fonti di CNN e del New York Times furono invece solo le indagini dei giornali sul lavoro della CIA a far preoccupare l’agenzia per la sicurezza della spia. Nel gennaio del 2017 i media americani cominciarono a diffondere notizie sul coinvolgimento di Putin nelle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016 e a febbraio il Washington Post scrisse che la CIA era giunta alla conclusione che Putin avesse avuto un ruolo nella cosa grazie a «fonti molto addentro al governo russo»; successivamente lo stesso New York Times aveva pubblicato degli articoli contenenti dettagli su queste fonti. Questi dettagli avrebbero potuto permettere al governo russo di identificare la spia e quindi metterla in pericolo. Una portavoce della CIA, Brittany Bramell, ha risposto a CNN negando che il comportamento di Trump abbia portato a un’operazione di “esfiltrazione”, cioè al recupero della spia e al suo trasferimento fuori dalla Russia.
Le “esfiltrazioni”, o “estrazioni”, sono missioni straordinarie che le agenzie di spionaggio portano avanti solo quando ritengono che una fonte di informazioni sia in grande pericolo. Nel caso della spia al Cremlino la questione era particolarmente delicata per via dell’importanza della spia. Durante la presidenza di Barack Obama le informazioni che forniva erano ritenute così importanti che il direttore della CIA dell’epoca John O. Brennan non le inseriva nel rapporto giornaliero per il presidente, ma gliele faceva avere in rapporti separati all’interno di buste sigillate consegnate direttamente nello Studio Ovale.
La prima volta che la CIA aveva proposto alla spia di allontanarsi dalla Russia, questa aveva rifiutato per motivazioni legate alla sua famiglia. Il rifiuto (insieme ad alcune altre cose, secondo due fonti del New York Times) aveva fatto temere a parte della CIA che la spia stesse in realtà facendo il doppio gioco con la Russia e che quindi avesse dato agli Stati Uniti informazioni inaccurate. Questi timori erano stati messi da parte dopo che, in seguito alla diffusione di ulteriori articoli che avrebbero potuto mettere a rischio la sua sicurezza nella primavera del 2017, la spia aveva accettato una seconda proposta di esfiltrazione.
Né CNN né il New York Times hanno diffuso informazioni sull’identità della spia né su dove si trovi adesso, informazioni che nessuna delle loro fonti ha condiviso: la vita di questa persona potrebbe essere tuttora a rischio come dimostra – a detta delle fonti dei giornali – il caso dell’avvelenamento di Sergei Skripal, l’ex spia russa che aveva fatto il doppio gioco per i servizi segreti britannici. Nemmeno i dettagli dell’operazione di esfiltrazione sono stati diffusi.
Da quando la spia non è più al Cremlino gli Stati Uniti non hanno più una fonte di informazione così in alto nel governo russo e fanno fatica a reclutarne perché Putin è molto attento alla possibile presenza di spie. Alcune discussioni importanti avvengono solo tra un ristrettissimo gruppo di persone – di cui la spia non faceva parte – e certe comunicazioni avvengono senza usare mezzi elettronici per ragioni di sicurezza.