“Fight Club” è ancora qui
Sono passati vent'anni e, anche se all'iniziò non l'avrebbe detto nessuno, ci ricordiamo ancora molto bene di Marla Singer e Tyler Durden
di Gabriele Gargantini
C’è un discreto consenso, tra chi si occupa di cinema, sul fatto che il 1999 fu un grande anno per il cinema; secondo alcuni l’ultimo grande anno. Forse c’entra il fatto che stava finendo un secolo, ma più probabilmente c’entrano fattori tecnologici e economici che permisero di avere un po’ più di coraggio quando si trattava di sperimentare. E c’è grande consenso, ormai, sul fatto che uno dei migliori film di quell’anno fu Fight Club, presentato vent’anni fa alla Mostra del cinema di Venezia, nella sottocategoria “Sogni e Visioni”. Allora Fight Club passò perlopiù inosservato, almeno tra i non-addetti-ai-lavori, e andò male anche nei cinema tra i normali spettatori. Nell’estate del 2000, dopo il suo deludente giro nelle sale cinematografiche, sembrava essere un film destinato a essere dimenticato. Poi però uscì in DVD e cambiò tutto, sebbene il film fosse sempre quello.
Prima
Prima di essere un film Fight Club era stato un libro: il primo di Chuck Palahniuk, pubblicato nel 1996. Già prima che uscisse qualcuno a Hollywood l’aveva adocchiato, pensando che sarebbe potuto diventare un film: ma era lo strano libro di un autore esordiente, nessuno si strappò davvero i capelli per averlo. La Fox Searchlight organizzò una lettura ad alta voce del libro e ne mandò le registrazioni alla produttrice Laura Ziskin, il cui più grande risultato era stato Pretty Woman. Ziskin apprezzò e pagò 10mila dollari per i diritti del film. Poca roba, anche vent’anni fa.
Per la sceneggiatura si pensò a Buck Henry, che già aveva adattato la sceneggiatura del Laureato, ma alla fine si ripiegò su un nome molto meno affermato: Jim Uhls, uno che ancora oggi non ha una pagina italiana di Wikipedia. Tra i nomi che circolarono per la regia ci furono Peter Jackson, Bryan Singer e Danny Boyle, ma alla fine fu scelto David Fincher, che come Uhls aveva letto il libro e insistito per ottenere il lavoro (dopo aver provato a comprarsi da solo i diritti del libro, scoprendo che li aveva la Fox). Dalla sua aveva l’aver diretto l’apprezzato Seven, ma non era in ottimi rapporti con Fox da quando a inizio anni Novanta aveva diretto Alien³.
Fincher ha raccontato che alla 20th Century Fox propose due opzioni: fare un film a basso budget, dal costo di 3 milioni di dollari, girato con strumenti quasi amatoriali; oppure fare un grosso investimento e chiamare grandi attori. Fincher ha detto di aver convinto la Fox spiegando che a suo modo di vedere il vero «atto eversivo» sarebbe stato scegliere la seconda opzione.
Nell’agosto 1997 Fincher fu scelto come regista e Fight Club divenne un suo progetto. Ci furono incontri con Russell Crowe ma alla fine si decise che Tyler Durden, uno dei protagonisti e ancora oggi il personaggio più ricordato del film, sarebbe stato interpretato da Brad Pitt. Le solite voci dicono che per il ruolo del narratore senza nome poi assegnato a Edward Norton erano stati presi in considerazione Matt Damon e Sean Penn. Pitt fu scelto perché Fincher ci aveva lavorato, con ottimi risultati, per Seven; Norton perché a Fincher era molto piaciuto come aveva recitato in Larry Flynt – Oltre lo scandalo. Norton arrivava tra l’altro da American History X, in cui aveva interpretato un personaggio diversissimo, oltre che certamente molto più muscoloso. A completare il cast principale furono chiamati Helena Bonham Carter, che ha raccontato che per il ruolo si ispirò a Judy Garland, e Jared Leto, che aveva da poco fondato i Thirty Seconds to Mars.
Fincher ha raccontato che sul set discusse moltissimo con Norton – un attore noto per discutere moltissimo con i registi – su quanto e come Fight Club avrebbe dovuto far ridere. Fincher vedeva il film come una «satira» e di recente ha spiegato: «La serietà sul far esplodere i palazzi è pari a quella che c’è nel Laureato sullo scoparsi le amiche della propria madre». A proposito: nella scena in cui Marla Singer fa sesso con Tyler Durden, la sua frase di commento all’atto avrebbe dovuto essere «Voglio avere un aborto con te». I produttori dissero a Fincher che era troppo. Lui disse che l’avrebbe cambiata ma avrebbero dovuto lasciargli libertà sulla frase alternativa. Decise quindi di far dire a Marla Singer: «Era dalle elementari che non mi scopavano così». Per approfondire il prima di Fight Club, e tutto quello che Fincher ha da dirne, l’articolo giusto è stato pubblicato qualche mese fa su The Ringer: “Prima regola del Fight Club, parlare del Fight Club“. Bisogna conoscere l’inglese e avere almeno una mezzora libera, ma ne vale la pena.
Il film
Fight Club è un film così cult che è difficile trovare qualcuno che non ne sappia a grandi linee la trama, ed è un film con dei colpi di scena così sorprendenti che sarebbe un peccato rovinarli a quei pochi che non l’hanno visto. E poi è un film con tante storie in una: una crisi personale, una lotta interiore, un thriller, una storia d’amore, un gruppo con due regole uguali in cui ci si picchia ma ci si vuole bene, un progetto anticapitalista sovversivo ed eversivo che sfugge di mano. In tutto questo il film parla di depressione, di consumismo, di una protagonista che finge di avere malattie gravi per sentirsi meglio, di un’amicizia maschile tra due uomini che a qualcuno ha fatto parlare di omoerotismo. Nel farlo, il film usa trovate registiche originali, talvolta spiazzanti, che sfruttarono in modi relativamente nuovi quel che le tecnologie di allora avevano reso possibile.
Fight Club mette insieme grandi discussioni sociologiche e forse quasi filosofiche che hanno avuto un evidente impatto culturale, ma fa tutte queste cose in un film che è pieno di battute e scene memorabili. È poi uno di quei film che fa certamente venire voglia di essere rivisto: per prima cosa per vedere l’effetto che fa, sapendo da subito quel che c’è da sapere; ma anche per le tante cose nascoste o comunque poco evidenti. La lista di curiosità, fun facts, cose-da-sapere, cose-che-non-sapevate, cose-nascoste, cose-che-vedi-solo-se-sai-dove-guardare è lunga e gli articoli che le raccontano altrettanto lunghi: ci sono le scene in cui Tyler Durden compare per una frazione di secondo, le quasi onnipresenti tazze di Starbucks (ce n’è una praticamente in ogni scena), il numero di telefono di Marla Singer (555-0134) che è un numero di telefono piuttosto famoso, nel cinema, c’è il personaggio di Brad Pitt che a un certo punto guarda in tv una pubblicità con Brad Pitt, c’è il personaggio di Jared Leto che fa un discorso sull’essere una rockstar.
Dopo
Dopo la presentazione a Venezia, Fight Club fu portato nei cinema. In Italia uscì a fine ottobre, ma se ne accorsero in pochi. Molti critici lo accusarono di essere un film troppo esplicito nel mostrare sesso e violenza e lo giudicarono incapace di avere un messaggio di qualche tipo oltre quel sesso e quella violenza. Qualcuno lo definì un film «stupido e brutale» e David Denby del New Yorker scrisse che era una «rapsodia fascista». Qualcun altro si disse preoccupato dei possibili tentativi di emulazione di quel che fanno i personaggi di Fight Club, oppure non lo apprezzò ma disse che almeno sarebbe stato un buono spunto per parlare di certi temi. Ci fu qualcuno tra i critici che ne parlò bene, persino benissimo, in certi casi paragonandolo a Gioventù bruciata e Il laureato, ma fu una minoranza.
A prescindere dalla critica, Fight Club era un film che aveva avuto pochi spettatori. Era costato circa 60 milioni di dollari e finì per incassarne, in tutto il mondo, poco più di 100. A Fincher era stata data una considerevole libertà di fare il film come voleva lui, ma poi i produttori lo trovarono troppo estremo e difficile da promuovere. Diversi resoconti, in certi casi fatti direttamente da Fincher, dicono che Fox non aveva ben chiaro quale potesse essere, nel 1999, il pubblico di riferimento di un film come Fight Club. C’era una storia d’amore, c’era un’analisi della contemporaneità, c’erano scene di azione, c’erano scene di lotta corpo a corpo, c’era la satira. Era un film d’autore, ma era anche un film con Brad Pitt sudato e a petto nudo. Qualcuno voleva puntare sulla violenza e il “fight club”, come se più di ogni altra cosa fosse un film di combattimenti; qualcuno disse a Fincher che nessun uomo era interessato a vedere Brad Pitt muscoloso e a petto nudo, perché «lo faceva sentire inadeguato». Fincher aveva idee più interessanti e più coordinate con il film, ma non fu molto ascoltato. Ne uscì una promozione piuttosto piatta.
Qualcuno il film andò comunque a vederlo e, con i tempi di vent’anni fa, molto meno rapidi di oggi, lo fece sapere in giro. Molti non fecero in tempo a vedere Fight Club nei cinema, o forse non era nemmeno un film giusto per i cinema, ma quando nel giugno 2000 Fight Club uscì in DVD, le cose cambiarono. Il DVD – alla cui concezione e realizzazione Fincher collaborò direttamente, cosa che non molti registi facevano allora – conteneva spiegazioni, interviste e contenuti extra (compresi alcuni filmati promozionali che Fincher aveva girato e non gli avevano fatto usare): tutte cose che aumentavano la profondità del film, che vendette diversi milioni di DVD in pochi anni, ed è impossibile tenere il conto di tutte le successive visioni, legali o illegali, che hanno reso Fight Club il pezzo di storia del cinema che è ancora oggi. Già nel 2009, a dieci anni dall’uscita di Fight Club, il New York Times lo definì «il film cult del nostro tempo». Magari ne sono arrivati anche altri, nel frattempo, ma Fight Club è ancora qui.