Le novità sull’omicidio di Mario Cerciello Rega
"Repubblica" e "Corriere" oggi hanno pubblicato nuovi dettagli dell'indagine, a cominciare dalle versioni contraddittorie di Andrea Varriale su come siano andate le cose quella notte
Repubblica e Corriere oggi hanno pubblicato nuove informazioni sull’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, avvenuto a Roma in circostanze ancora poco chiare nella notte tra il 25 e il 26 luglio scorso. I nuovi dettagli si aggiungono a quelli pubblicati ieri e tratti dagli atti depositati dalla Procura di Roma in vista dell’udienza al tribunale del riesame prevista per il 16 settembre. Dagli articoli pubblicati ieri era emerso che la notte dell’omicidio a essere disarmato quella notte non fosse soltanto Cerciello Rega, come già appurato, ma anche Andrea Varriale, il collega che era con lui la notte dell’omicidio.
Le versioni di Varriale
Oggi, però, un nuovo articolo di Repubblica sostiene che anche Varriale la notte dell’omicidio di Cerciello Rega fosse disarmato e che sia lui sia il suo collega fossero in servizio in quel momento. Nei giorni seguenti Varriale avrebbe mentito dicendo ai suoi superiori di aver avuto con sé la pistola d’ordinanza per timore di una punizione.
Repubblica riporta un virgolettato di Varriale in cui il carabiniere dice «se dicevo la verità finivo sotto processo disciplinare e militare». Repubblica non spiega il contesto in cui sarebbe stato pronunciato, ma si specifica solo che risalirebbe a “settimane successive” all’omicidio. Al momento dell’arrivo delle pattuglie sul luogo del delitto, Varriale avrebbe detto di aver lasciato le pistole in caserma, ma due giorni dopo, durante la sua deposizione, avrebbe cambiato versione sostenendo di aver avuto con sé “la pistola di ordinanza e le manette di sicurezza”.
Il Corriere scrive che successivamente Varriale, ascoltato dai magistrati, avrebbe cambiato nuovamente versione, e avrebbe ammesso di non aver avuto l’arma con sé. «Quella sera quando siamo usciti sia io che Cerciello avevamo in dotazione le manette, ovviamente i tesserini, ma abbiamo lasciato le pistole in caserma proprio in relazione al tipo di servizio che dovevamo fare… Credo di aver già riferito la circostanza anche ai miei superiori gerarchici», si legge nel verbale riportato dal Corriere.
Dai documenti dell’inchiesta, riportati da Repubblica, è emerso anche che sia Cerciello Rega che Varriale quella notte erano in servizio da mezzanotte alle 6 del mattino, e quindi obbligati a portare con sé la pistola d’ordinanza, e che tutta l’operazione sarebbe stata coordinata dalla centrale operativa dei carabinieri. A conferma di questo, Repubblica ha pubblicato la trascrizione della conversazione via radio tra la centrale operativa e Cerciello Rega, in cui veniva impartito al carabiniere l’ordine di andare sul posto per recuperare lo zaino rubato da Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth.
Questo vorrebbe dire che Cerciello Rega e Varriale non avrebbero agito autonomamente, come si era ipotizzato inizialmente, e sembrerebbe smentire l’ipotesi che Sergio Brugiatelli, l’uomo che aveva condotto i due ragazzi da uno spacciatore nel quartiere Trastevere, e a cui era stato sottratto lo zaino, fosse un informatore dei carabinieri. Il Corriere aggiunge però un altro particolare che porta un ulteriore elemento di mistero in questa storia: dall’indagine del Nucleo investigativo dei carabinieri risulta infatti che Italo Pompei, lo spacciatore che avrebbe dovuto vendere la cocaina ai due ragazzi, avrebbe avuto un referente tra i carabinieri, un appuntato con il quale avrebbe avuto oltre 2mila contatti telefonici in due anni.
Tra le tante cose che non tornano c’è anche da appurare se Cerciello Rega e Varriale quella notte avessero o meno con sé i tesserini identificativi. Nella sua deposizione, Varriale aveva detto che lui e Cerciello Rega si erano identificati come carabinieri al momento dell’incontro con i due ragazzi statunitensi accusati della morte del carabiniere, ma secondo i documenti dell’indagine tra gli oggetti rinvenuti nel marsupio di Cerciello Rega c’erano delle chiavi, un mazzo di carte, due banconote, monete e un cellulare, ma nessun tesserino identificativo.
La confessione di Finnegan Lee Elder
Repubblica oggi ha pubblicato anche un estratto del verbale della confessione di Finnegan Lee Elder, il ragazzo accusato di aver accoltellato Cerciello Rega. Elder sostiene innanzitutto che a voler comprare cocaina fosse stato il suo amico Gabriel Natale Hjorth (in contraddizione con quanto invece sostenuto da quest’ultimo, secondo cui era stato Elder a voler comprare la droga) e che al momento dell’incontro con Sergio Brugiatelli per restituirgli lo zaino che gli aveva sottratto, sarebbe stato aggredito da Cerciello Rega, senza che questo si identificasse come un poliziotto.
Elder ha detto di aver pensato che Varriale e Cerciello Rega fossero turisti, e quest’ultimo lo avrebbe buttato a terra e avrebbe cercato di strangolarlo. «Siamo stati aggrediti non appena sono arrivati vicino a noi, e loro non ci hanno detto nulla», si legge nel verbale riportato da Repubblica. «Uno dei due mi ha buttato a terra e ha cercato di strangolarmi. A quel punto ho estratto il coltello perché pensavo che fossero stati mandati da Sergio e che avessero cattive intenzioni, non pensavo che Sergio avesse potuto ottenere l’aiuto dei poliziotti. Gli ho dato il primo fendente, ma questo ragazzo (Cerciello, ndr) non si fermava, quindi ho continuato a colpirlo finché non ho sentito mollare la presa al collo. Quindi sono scappato».