La lettera di Marina Berlusconi sul caso di Imane Fadil
La figlia dell'ex presidente del Consiglio ha scritto al Corriere per lamentarsi della «cultura dell’allusione e della calunnia», ora che la storia sembra chiusa
Marina Berlusconi, figlia dell’ex presidente del Consiglio Silvio e presidente di Fininvest e Mondadori, ha scritto al Corriere della Sera una lettera per commentare il caso di Imane Fadil, la donna nota per essere stata una delle testimoni nel processo “Ruby Ter” morta lo scorso marzo. Ieri la procura di Milano ha detto che Fadil morì per un’aplasia midollare: una forma di anemia in cui il midollo osseo smette di produrre globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
Per settimane, dopo la sua morte, sui giornali erano circolate confuse e infondate tesi secondo cui Fadil era stata avvelenata per il suo coinvolgimento nel processo ai danni di Berlusconi, ed erano circolate più o meno velate insinuazioni sul fatto che fosse stata “messa a tacere”. La procura aveva anche aperto un’indagine, che ora secondo il Corriere sta per essere archiviata. Marina Berlusconi si è lamentata di quella che definisce «cultura dell’allusione e della calunnia», che ha «vergognosamente usato [il caso di Fadil, ndr] con una spregiudicatezza e un disprezzo della verità dei fatti che fanno rabbrividire».
Caro Direttore,
ora che l’evidenza dei fatti impone a tutti di tornare alla razionalità, una riflessione relativa al modo in cui la terribile vicenda della morte di Imane Fadil è stata gestita credo sia giusto farla. Non solo su ruolo e obiettività dell’informazione, ma anche, più in generale, sulla cultura dell’allusione e della calunnia e su quanto tutto questo intossichi la vita democratica del nostro Paese.Flagello non nuovo, purtroppo, la cui gravità mi pare troppo spesso sottovalutata. Così come non è una novità il fatto che da 25 anni una delle vittime principali, se non la principale, di questi meccanismi avvelenati sia proprio mio padre.
Ma quello cui abbiamo assistito per lunghi mesi credo sia andato ben oltre. Stavolta c’era di mezzo la morte di un essere umano, di una ragazza dalla vita complicata che ha fatto una fine atroce. Di fronte alla quale non si sarebbe dovuto provare altro che rispetto e umana pietà. E invece il suo dramma è stato vergognosamente usato con una spregiudicatezza e un disprezzo della verità dei fatti che fanno rabbrividire.