Come funziona il soccorso alpino
Chi lo gestisce, quando interviene e quando bisogna pagarlo di tasca propria, ora che se ne parla per la coppia spagnola nelle Dolomiti
L’episodio della coppia di alpinisti spagnoli rimasta bloccata tre giorni su una delle Tre Cime di Lavaredo, nelle Dolomiti, è stato molto raccontato dai giornali, soprattutto perché i due hanno rifiutato per due volte l’intervento del soccorso alpino, giunto sul posto con l’elicottero dopo la chiamata della madre di uno dei due. Dopo essersi ostinati per proseguire la scalata, al terzo intervento dei soccorsi la coppia ha infine accettato di essere riportata a valle: un primario del Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza (SSUEM) di Pieve di Cadore, uno degli ospedali di riferimento delle Dolimiti, ha detto a Rai News che ora i due dovranno pagare l’intero costo dell’intervento, per un conto totale compreso probabilmente tra gli 8 e i 10mila euro. Ma come funziona l’elisoccorso in Italia? Quando si può chiamare, e quando lo si deve poi pagare?
Come funziona il soccorso alpino in Italia
In Italia il SSUEM, cioè il servizio di soccorso sanitario di emergenza, si avvale di diversi corpi per il soccorso in aree di montagna e in quelle che sono definite di accesso “impervio” (che possono essere anche al mare, per capirci). In larga parte gli interventi sono svolti con gli uomini e i mezzi del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS), che è una sezione del Club Alpino Italiano (CAI), ma talvolta sono compiuti anche dagli appositi corpi della Guardia di Finanza, dall’Esercito o dai Vigili del Fuoco.
Il soccorso alpino è pensato per intervenire in aiuto di chi si trova in montagna e si fa così male da non poter più tornare in un centro abitato a valle, oppure perché le condizioni atmosferiche ne mettono in pericolo la vita. In altri casi, poi, il soccorso alpino interviene per cercare persone disperse perché chiamato da familiari o amici che non ne hanno notizie. Vien da sé che la casistica è molto ampia, e non è sempre facile stabilire quando una chiamata al soccorso alpino è giustificata: talvolta una semplice distorsione a una caviglia in certi posti di montagna merita l’intervento dell’elicottero, mentre in altre situazioni lo stesso infortunio può consentire in qualche modo di tornare indietro autonomamente, specialmente se si è in compagnia.
Per quanto riguarda le persone disperse, poi, spesso il soccorso alpino viene messo in allerta semplicemente perché gli escursionisti hanno avuto dei ritardi nella tabella di marcia comunicata ai propri cari, o perché il loro telefono non prende. Questo comunque non rappresenta di per sé un problema: avvertire per tempo i soccorsi che delle persone potrebbero essere in pericolo, sapendo che probabilmente non è ancora il caso di avviare le ricerche, può anzi essere molto utile per velocizzare l’intervento se dovesse passare altro tempo e se i soccorritori dovessero ritenerlo opportuno.
Specialmente negli ultimi anni, con la notevole diffusione dell’escursionismo e specialmente tra i frequentatori più occasionali e meno esperti della montagna, capita però che arrivino chiamate al soccorso di persone che sono semplicemente stanche e non riescono più a tornare indietro, oppure che si sono infortunate molto lievemente. In altri casi, la chiamata all’elisoccorso è giustificata ma diretta conseguenza di scelte avventate, tipo essersi incamminati in montagna in prossimità del calar del buio o senza tenere conto delle previsioni meteo. In ogni caso, chiamando il 112 – il numero unico d’emergenza europeo – gli operatori pongono a chi chiede soccorso diverse domande per assicurarsi della gravità dell’infortunio, per accertarsi che sia necessario un intervento d’urgenza.
Un po’ di statistiche
In totale, il numero di interventi di soccorso con l’elicottero in Italia, nel 2018, è stato di 3.990, secondo i dati pubblicati dal CNSAS. In più del 59 per cento dei casi sono stati impiegati i mezzi del 118, operati dal CNSAS, mentre nel 27% dei casi sono intervenuti gli elicotteri della protezione civile, e nel 10% quelli dell’Union Alpin Dolomit, il soccorso alpino attivo in Alto Adige. Per quanto riguarda i quasi 10.000 interventi complessivi del CNSAS, e quindi comprensivi anche di quelli in cui non è stato usato l’elicottero, quasi la metà sono stati causati da cadute o scivolate; un quarto circa dalla perdita dell’orientamento, dall’incapacità di proseguire, dal ritardo nella tabella di marcia, dallo sfinimento o dal maltempo; i malori invece sono stati più di un decimo dei motivi di intervento. L’1% circa degli interventi è dipeso da valanghe, e altrettanti da frane.
Nel 40% dei casi in cui è intervenuto il CNSAS, chi ha chiesto aiuto stava praticando l’escursionismo; nel 17% dei casi stava sciando, mentre nel 6% dei casi stava praticando l’alpinismo (diverso dall’escursionismo perché si svolge ad alta quota, oppure perché consiste nel procedere scalando e non semplicemente camminando). Nel 6% dei casi stava invece andando in mountain bike; nel 5% dei casi i soccorsi sono intervenuti per aiutare persone che vivono in montagna; nel 4% dei casi invece chi ha chiamato stava praticando scialpinismo, nel 2% stava facendo una via ferrata.
Nel 2018, secondo il CNSAS, sono morte “in montagna e dove l’ambiente naturale è severo” 458 persone, in Italia. Nel 45% dei casi di richiesta di soccorso al CNSAS i feriti erano leggeri, nel 13% erano gravi, nel 2,6% erano in imminente pericolo di vita. In poco meno del 5% dei casi, le persone sono morte. Nel 33,5% le persone erano invece illese. 61 persone segnalate come disperse non sono state ritrovate. Oltre il 70 per cento degli infortunati erano uomini. I mesi in cui sono arrivate più richieste di soccorso sono stati luglio, con il 14%, agosto, con il 16,2%, e settembre, con l’11,3%.
Chi paga il soccorso?
Com’è facilmente immaginabile, l’elisoccorso è uno strumento fondamentale attraverso il quale si salvano quotidianamente delle vite, ma è anche molto costoso. Far volare un elicottero, oltre che costare molti soldi, può essere poi pericoloso, specialmente in ambienti e in condizioni meteorologiche ostili. Per questi motivi bisogna sempre tenere presente che fare intervenire l’elisoccorso è una cosa molto seria, ma anche che in certi casi è la cosa giusta da fare.
In certe regioni, sostanzialmente quelle dell’arco alpino, l’alto numero di interventi con l’elisoccorso, in parte giustificati e in parte no, ha reso insostenibile la fornitura gratuita del servizio. Dato che il soccorso alpino è gestito dal SSUEM, funziona in modo simile ai trasporti di emergenza in ambulanza: in alcuni casi sono gratuiti, in altri sono a pagamento. Le cose cambiano però da regione a regione: generalmente il servizio è totalmente gratuito in caso di successivo ricovero in ospedale, ma ci sono posti, come il Trentino-Alto Adige, dove parte della spesa è sempre a carico dell’infortunato (ma si tratta di poche decine di euro). In Veneto il ticket è pagato anche in caso di ricovero se l’infortunato stava praticando sport estremi, tra i quali è inclusa per esempio l’arrampicata sportiva. Nelle regioni che non fanno parte dell’arco alpino, l’elisoccorso è gratuito anche in caso di mancato ricovero. Funziona così in realtà anche in Liguria e Friuli Venezia Giulia.
Per chi chiama l’elisoccorso senza venire poi ricoverato, i costi possono variare molto da regione a regione. Generalmente si paga circa 120€ al minuto per minuto di missione: spesso nei casi in cui la chiamata non era davvero necessaria è previsto un tetto alla spesa, che può andare dai 1.000 ai 3.500 euro; nei casi in cui la chiamata era totalmente immotivata non sono generalmente previsti limiti e va pagato l’intero costo dell’intervento, che quindi può ammontare a diverse migliaia di euro. Se si è soci del CAI, però, si è dotati di un’assicurazione che copre sempre gli eventuali costi dell’intervento dell’elisoccorso.