Il WWF difende Jovanotti e il “Jova Beach Tour”
La famosa associazione ambientalista è stata partner dell'ultimo tour del cantante italiano nelle spiagge, che ha ricevuto molte critiche per il suo impatto ambientale
In un’intervista pubblicata oggi da Repubblica Donatella Bianchi, la presidente del WWF Italia, ha difeso Jovanotti dalle accuse che molti gruppi ambientalisti gli hanno rivolto riguardo l’impatto ambientale del “Jova Beach Tour”, la serie di concerti estivi che il noto cantante ha tenuto in molte spiagge italiane. Il WWF Italia è la sezione italiana della più grande associazione ambientalista al mondo. L’intervista è stata pubblicata dopo che Jovanotti aveva accusato il «mondo dell’ambientalismo» di essere «più inquinato dello scarico della fogna di Nuova Delhi», in un lungo post su Facebook in cui si era difeso dalle accuse degli ultimi mesi.
Nell’intervista a Repubblica, Bianchi ha preso le distanze dalle accuse di Jovanotti al mondo ambientalista italiano – «non è una cloaca di cialtroni litigiosi» – ma le definisce «comprensibili»:
«Sono stati mesi di attacchi assurdi a lui e al Wwf per i concerti sulle spiagge. Un processo alle buone intenzioni celebrato sui social. Siamo stati tempestati da accuse false, mosse da chi cercava 15 minuti di celebrità. Ma almeno ora si parla di spiagge derubate della sabbia, di lidi da proteggere».
Di cosa vi hanno accusato?
«Di esserci venduti, quando invece abbiamo lavorato gratuitamente, e di aver svenduto la natura. Di aver approvato l’abbattimento di dune e messo in pericolo colonie di volatili. Bugie, un assurdo frutto di un malinteso, un po’ di invidia e malafede». […]Dov’è il grande malinteso?
«L’idea che il Wwf rilasciasse le autorizzazioni, quelle spettano agli organi competenti. Noi abbiamo solo dato la nostra esperienza per fare in modo che gli eventi non incidessero su aree protette, siti di interesse comunitari e spiagge con presenza di specie a rischio».Chi vi ha attaccato?
«Con le grandi organizzazioni nazionali lavoriamo benissimo, collaboriamo, certo ognuno ha i suoi obiettivi ma non ci sono problemi. Le accuse sono arrivate soprattutto via social da privati che si nascondevano dietro nomignoli, o piccole associazioni locali che magari cercavano visibilità. E l’effetto rete ha moltiplicato gli insulti. Se i primi sono stati querelati, con le associazioni alla fine abbiamo chiuso con una stretta di mano»