La Russia sta presentando il conto alla Siria
L'intervento della Russia ha cambiato l'esito della guerra a favore del regime di Assad, ma non è stato gratis: è costato un pezzo importante dell'industria siriana
Nel novembre 2015, a poco più di quattro anni dall’inizio della guerra civile in Siria, il regime del presidente siriano Bashar al Assad sembrava praticamente spacciato: sarebbe stato sconfitto nel giro di poco tempo se non fosse intervenuta la Russia al suo fianco, stravolgendo l’esito del conflitto e permettendo ad Assad di riprendere l’iniziativa e riconquistare un pezzo di paese. L’intervento russo fu considerato l’evento più importante e decisivo del 2015 nella guerra siriana, ed ebbe importanti conseguenze anche negli anni successivi. Tuttavia l’aiuto ad Assad non fu gratis. Da un po’ di tempo la Russia ha cominciato a presentare il conto, che per il regime siriano si sta rivelando molto caro perché riguarda una delle risorse più importanti per l’industria nazionale: i fosfati.
La Siria ha una delle più grandi riserve al mondo di fosfati, sostanza usata per fare i fertilizzanti. Da diverso tempo, ha raccontato il Financial Times, l’industria di fosfati siriana è in parte controllata da un oligarca russo amico del presidente Putin, Gannady Timchenko, che possiede una società chiamata Stroytransgaz Logistic. Nel marzo 2018 i media statali siriani riportarono che il Parlamento nazionale aveva ratificato un contratto che dava la possibilità a Stroytransgaz Logistic di operare in una miniera di fosfati vicino alla città di Palmira, nella Siria centrale. Gli stessi media dissero anche che Stroytransgaz Logistic aveva concluso una partnership con la General Fertiliser Company, società statale che si occupa di produrre fertilizzanti, e aveva ottenuto la gestione del porto siriano di Tartus, punto di partenza per le esportazioni di fosfati e fertilizzanti.
Nonostante negli ultimi anni l’industria siriana dei fosfati non sia stata colpita dalle sanzioni occidentali, a differenza per esempio del settore petrolifero, molte società straniere hanno mostrato riluttanza a comprare fosfati e fertilizzanti dalla Siria, per paura di essere sanzionate per avere indirettamente finanziato il regime di Assad. La questione fu affrontata anche dal Parlamento Europeo lo scorso anno, quando un carico siriano di fosfati gestito da Stroytransgaz Logistic arrivò in Grecia. Unione Europea e Stati Uniti decisero di non imporre nuove sanzioni, ma la società dell’oligarca russo cominciò a prendere nuove precauzioni, per esempio commerciare i fosfati facendoli passare per il Libano.
Non si hanno dati precisi sulla dimensione di questo tipo di commercio: secondo i dati dell’Unione Europea, ha scritto il Financial Times, nel 2018 arrivarono nei Paesi Bassi fosfati provenienti dal Libano per un valore di 2 milioni di euro. Considerato che il Libano non ha riserve di fosfati, l’ipotesi che fanno esperti e analisti è che tutto il carico provenisse dalla Siria.
La società di Gannady Timchenko – oligarca peraltro già sanzionato dagli Stati Uniti per avere «assistito materialmente» il governo russo a seguito dell’invasione russa della Crimea, nel 2014 – non è l’unica ad averci guadagnato con la guerra siriana. Il regime di Assad ha dovuto ricompensare per l’aiuto fornito anche l’Iran, altro paese fondamentale per le sorti del conflitto siriano, a cui tra le altre cose è stato dato in gestione un operatore telefonico e alcune importanti miniere di fosfati. Rinunciare al controllo di una delle industrie nazionali più importanti dal punto di vista strategico potrebbe avere conseguenze molto rilevanti per la stabilità futura del regime di Assad, che con la guerra ha perso non solo il controllo di pezzi importanti della propria economia, ma anche pezzi importanti del proprio territorio.