Il 3 settembre 1989 morì Gaetano Scirea
Fu uno dei più grandi liberi nella storia del calcio, campione del mondo con l'Italia e rispettato simbolo della Juventus: morì in uno sfortunato incidente stradale in Polonia
Nella prima domenica di settembre del 1989 si disputò la seconda giornata del campionato di Serie A. La Juventus, che non vinceva lo Scudetto dal 1986, giocò e vinse in trasferta a Verona contro l’Hellas. Era una squadra che stava cercando di ripartire dopo i successi ottenuti fra gli anni Settanta e Ottanta con una grande generazione di calciatori, formata tra gli altri dal Pallone d’oro Michel Platini, dal polacco Zbigniew Boniek e dai campioni del mondo Dino Zoff, Marco Tardelli, Claudio Gentile, Antonio Cabrini e Gaetano Scirea.
Negli anni Ottanta smisero tutti di giocare: Zoff si ritirò nel 1983, Platini nel 1987, Boniek andò alla Roma nel 1985 e Tardelli passò all’Inter, dove nel 1986 ritrovò Giovani Trapattoni. L’ultimo a lasciare la squadra fu Antonio Cabrini, nell’estate del 1989. Il capitano Gaetano Scirea, invece, la Juventus non la lasciò. Si ritirò al termine della stagione 1987/1988 ma i dirigenti gli proposero subito il ruolo di vice del nuovo allenatore, nonché suo vecchio amico e compagno di squadra Dino Zoff.
Scirea era stato un professionista esemplare, apprezzato anche da tutti, avversari compresi, e probabilmente il più grande libero nella storia del calcio italiano assieme ad Armando Picchi e Franco Baresi. Fu anche uno dei più grandi capitani della Juventus, per la quale giocò per quasi quindici anni vincendo tutto il possibile, e riuscendo a non farsi mai espellere pur giocando nel ruolo più delicato della difesa in anni cui il calcio era molto più ruvido di quello che vediamo oggi, a dimostrazione della correttezza che lo definì come giocatore.
Nato nel 1953 a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, cresciuto in una famiglia di operai – origini siciliane da parte del padre, lombarde da parte della madre – fu notato all’oratorio da un allenatore dell’Atalanta che lo portò con sé nelle giovanili bergamasche, da dove poi arrivò fino alla prima squadra. Per giocare a calcio lasciò gli studi in contrasto con il parere del padre, ma non se ne dimenticò: nel 1987 si ripresentò a casa a Cernusco con un diploma di scuola superiore ottenuto a 34 anni.
Scirea esordì in Serie A nel 1972, l’anno in cui l’Atalanta retrocesse in Serie B. Non fece in tempo però a riguadagnarsi la categoria che nel 1974 la Juventus se lo portò a Torino. Da bambino tifava Inter, avendo seguito i successi negli anni Sessanta della “Grande Inter” di Helenio Herrera e Giacinto Facchetti, ma non si oppose certamente al trasferimento alla Juventus, considerato un grande traguardo per tutti i calciatori, allora come oggi.
Il presidente Giampiero Boniperti e l’allenatore Carlo Parola notarono in lui le qualità, la serietà e la maturità richieste per giocare nella Juventus, già anticipate dalle parole del presidente dell’Atalanta, Achille Bortolotti. A Torino vinse subito tre campionati in quattro stagioni, e una Coppa UEFA al secondo anno. Entrò stabilmente nel giro della Nazionale del commissario tecnico Enzo Bearzot, con cui vinse i Mondiali del 1982. In dieci anni divenne capitano della Juventus, e non lo fu prima solo perché Dino Zoff si ritirò nel 1983 a 41 anni compiuti.
Da uomo serio e riservato si guadagnò il rispetto di tutti rappresentando la Juventus nel giorno più difficile della sua storia. Di Scirea rimarranno infatti anche le parole pronunciate ai microfoni dello stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio del 1985, quando 39 spettatori morirono schiacciati e asfissiati dalla calca provocata dai tifosi inglesi del Liverpool. Dopo quasi un’ora e mezzo di rinvio per i disordini, prima di iniziare la finale Scirea parlò al pubblico juventino rimasto sugli spalti dicendo: «La partita verrà giocata per consentire alla polizia di organizzare la protezione durante l’uscita dallo stadio. Non rispondete a provocazioni, restate calmi, giochiamo per voi». La Juventus vinse quella finale ma i suoi giocatori, scesi in campo ignari della gravità dei fatti, non la considerarono tale e non la considerano tuttora come una loro vittoria.
La generazione di calciatori italiani che vinse il Mondiale in Spagna del 1982 rimase attiva nel calcio anche dopo il ritiro. Zoff e Scirea restarono a Torino e si presero l’impegno di far iniziare un nuovo ciclo vincente, un compito difficile che avrebbe richiesto anni di lavoro. Ma dopo il quarto posto in campionato e i quarti di finale raggiunti in Coppa UEFA al primo anno di incarico, le loro aspettative per la stagione 1989/90 aumentarono.
Nel 1989 la Serie A iniziò il 27 agosto, mentre il debutto in Coppa UEFA della Juventus fu programmato per il 12 settembre. Al primo turno del torneo la Juventus venne sorteggiata con i polacchi del Gornik Zabrze. Per questioni organizzative, Scirea venne mandato in Polonia a osservare gli avversari in coppa e saltò quindi la trasferta di campionato a Verona. Il 3 settembre Scirea compilò il rapporto sugli avversari, lasciò la città di Zabrze e si diresse in macchina verso Varsavia, dove avrebbe dovuto prendere il volo per tornare in Italia.
A circa settanta chilometri dalla capitale, la Fiat 125 nella quale viaggiavano Scirea, l’autista polacco, un interprete e un dirigente del Gornik Zabrze venne tamponata da un furgone. Di per sé l’impatto non fu così grave, ma bastò a incendiare la Fiat 125 a causa delle quattro taniche di benzina conservate nel bagagliaio. Il dirigente della squadra polacca riuscì a salvarsi uscendo da una porta aperta del veicolo in fiamme, ma gli altri tre passeggeri rimasero bloccati dentro. Scirea fu soccorso e portato all’ospedale più vicino, ma i medici non poterono fare altro che constatarne la morte.
Dino Zoff e i giocatori della Juventus lo vennero a sapere mentre si trovavano nel pullman di ritorno dalla trasferta a Verona. La notizia fu comunicata in Italia domenica sera da Sandro Ciotti alla Domenica Sportiva, popolare trasmissione televisiva, peraltro alla presenza del suo vecchio compagno di squadra, Marco Tardelli, che rimase in studio ma non riuscì più a parlare. Scirea era sposato da quattordici anni con sua moglie, Mariella Cavanna, e aveva un figlio di dodici anni, Riccardo, che oggi è responsabile dei match analyst della Juventus. Dal 1990 una delle due curve della Juventus, sia allo stadio delle Alpi che oggi all’Allianz Stadium, è in suo ricordo.