I selfie al posto degli autografi
È un fatto, come vi sarete accorti, ma per sportivi e famosi che si fanno fotografare ogni giorno con sconosciuti comporta qualche accorgimento
Il New York Times ha di recente raccontato una cosa di cui probabilmente vi siete accorti negli ultimi anni: i selfie con i personaggi famosi stanno sostituendo gli autografi dei personaggi famosi. Già cinque anni fa la cantante Taylor Swift definì gli autografi “obsoleti” in un articolo che scrisse per il Wall Street Journal, e da allora il fenomeno si è probabilmente solo allargato. È successo per motivi che immaginate: quasi tutti ormai hanno uno smartphone, le telecamere continuano a migliorare, i social permettono di condividere le foto e una foto con è oggettivamente un miglior ricordo di una firma di. Date per assodate queste premesse, il New York Times si è concentrato su come funzionano le cose per chi i selfie li concede, spesso scattando le foto in prima persona. L’articolo si intitola “Inquadra. Sorridi. Scatta. Ripeti” e parla di come questa cosa dei selfie viene vissuta dalla nazionale statunitense femminile di calcio.
Le calciatrici della nazionale statunitense sono le più forti al mondo – hanno vinto le ultime due edizioni dei Mondiali, e quattro delle ultime otto – e tra le più famose atlete statunitensi. Negli Stati Uniti il calcio femminile è infatti piuttosto seguito, di certo più che in Italia, cosa che contribuisce in modo rilevante alla loro fama. L’attaccante Alex Morgan, la calciatrice americana più pagata, è seguita su Instagram da oltre 9 milioni di utenti, più di quelli che, per fare un esempio, seguono Mario Balotelli. Il New York Times scrive che per Morgan e compagne è molto importante essere percepite come vicine al pubblico, anche quando si tratta di selfie, per aiutare l’intero movimento del calcio femminile a crescere.
Thanks @alexmorgan13 for the famous pre wrap head band and this selfie. AO Hartford loves the uswnt pic.twitter.com/60TrYZA3OS
— Meg Kuch (@megkuch) July 30, 2018
Andrew Keh, autore dell’articolo del New York Times, ha raccontato di aver assistito alla procedura “Inquadra. Sorridi. Scatta. Ripeti” dopo una partita amichevole giocata a gennaio ad Alicante, in Spagna, tra Stati Uniti e Spagna. Ha scritto che si trattò di una «lezione avanzata in gestione delle file di persone che vogliono selfie» e che le calciatrici, aiutate da qualche membro dello staff, riuscirono a fare «decine di selfie in serie e a gran velocità». A ben vedere, si tratta dello stesso racconto che Emanuele Lauria fece su Repubblica nell’articolo “Salvini e la catena di montaggio da 1.500 selfie al giorno”.
Che si tratti di Roger Federer, Matteo Salvini, Taylor Swift o Alex Morgan, il fatto è che le persone con più esperienza in fatto di selfie sono proprio quelle a cui i selfie vengono chiesti, e che finiscono in centinaia di foto al giorno.
La prima cosa da sapere è che, come hanno raccontato le calciatrici americane, spesso sono proprio le persone famose a scattare i selfie. Perché sono più abituate, e quindi più agili nell’esecuzione. Sam Mewis, centrocampista, ha detto, che se non prende in mano lei la situazione, cioè lo smartphone, «i bambini si girano verso i genitori e chiedono loro di farci la foto; e i genitori sono impacciati», con perdita di tempo e frustrazione per chi aspetta in fila. Mewis ammette però di avere un iPhone e che «quando mi danno in mano un telefono che non è un iPhone, non so come si fa». Talvolta capita anche, ha spiegato, che qualcuno le dia un telefono in cui deve ancora essere inserito il codice di sblocco, cosa che inceppa tutta la procedura.
Rose Lavelle, altra centrocampista, si è lamentata dicendo che spesso, in genere quando lei è nel campo e gli spettatori stanno in tribuna, «l’angolo della foto è brutto». Però ha aggiunto: «La foto non è per me, quindi va bene così». Abby Dahlkemper, che gioca in difesa, ha spiegato che l’unica cosa su cui si concentra è non fare cadere i telefoni che le vengono dati in mano.
Emily Sonnett, anche lei in difesa, si è un po’ lamentata del fatto che i selfie, anche se fatti in fretta, prendano più tempo degli autografi. Sonnett ha spiegato che ci sono tre regole base da seguire, in caso di selfie da stadio. Primo: cercare di aumentare il più possibile l’angolazione verticale della foto. Secondo: cercare di evitare le foto con «la luce diretta del sole». Terzo: visto che non sempre ci si ricorda di chi è il telefono con cui si sta facendo una foto, cercare di inquadrare più persone possibile, sperando che tra loro ci sia anche il proprietario del telefono. Conseguenza della terza regola, non presa in considerazione da Sonnett: nell’agognato selfie con la calciatrice di cui si è grandi fan, il proprietario del telefono potrebbe trovarcisi insieme a qualche altro sconosciuto.
In tutto questo, nonostante nel 2014 Swift avesse scritto che non le capitava di fare autografi da quando erano arrivati gli smartphone con fotocamere frontali, le calciatrici statunitensi continuano anche a fare autografi. «Qualcuno ancora li vuole», ha scritto il New York Times: «E ci sono membri dello staff che tengono a portata di mano pennarelli indelebili per chi ne dovesse avere bisogno».