Come sono andate le consultazioni di Conte

Non benissimo, sembrerebbe: Luigi Di Maio ha detto che si farà il governo con il PD solo se sarà rispettato il programma del Movimento 5 Stelle

(ANSA / Filippo Attili - Chigi Palace press office)
(ANSA / Filippo Attili - Chigi Palace press office)

Oggi il presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte ha concluso il secondo giorno di consultazioni con le forze parlamentari, ma non ha rilasciato dichiarazioni su come sono andati gli incontri con i partiti. Conte non ha nemmeno detto quando intende recarsi dal presidente della Repubblica per sciogliere la sua riserva, cioè comunicargli se intende accettare l’incarico di presidente del Consiglio oppure se intende rimettere il suo mandato.

Le consultazioni di Conte servivano ad accertare l’esistenza di una maggioranza di governo tra PD e Movimento 5 Stelle e sembra che non siano andate molto bene. Il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, venerdì, ha fatto un discorso particolarmente duro, sia nelle parole che nei toni, che è sembrato a molti mettere in dubbio la possibilità che l’accordo con il PD venga raggiunto.

Di Maio ha detto che «i punti di programma» del Movimento 5 Stelle devono diventare il programma del governo «altrimenti sarà meglio tornare al voto, e aggiungo: prima possibile». Di Maio ha inoltre detto che «non ha alcun senso» parlare di «modifiche ai decreti sicurezza», le due leggi particolarmente controverse e severe sulla gestione dell’immigrazione e dell’ordine pubblico volute dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che il PD aveva annunciato di voler abolire o modificare.


Di Maio ha poi attaccato indirettamente il PD – dicendo che il «surreale dibattito sugli incarichi di governo» ha contagiato anche «alcune forze politiche» – e ha rivendicato l’operato del governo precedente, attaccando Matteo Salvini, senza nominarlo, per averlo fatto cadere. Ha anche detto che il taglio dei parlamentari, che il PD vorrebbe accompagnare a una modifica della legge elettorale, deve invece essere fatto subito, alla prima occasione disponibile. Infine, Di Maio ha anche detto di considerare Conte una figura neutrale e non un esponente del Movimento 5 Stelle, mentre il PD ha ripetuto in più di un’occasione che Conte deve essere considerato una figura espressa dal Movimento.

Al termine del discorso di Di Maio, Conte ha lasciato il palazzo della Camera senza rilasciare dichiarazioni. Soltanto l’agenzia ANSA è riuscita a fermarlo per domandargli cosa pensasse del discorso di Di Maio: Conte ha risposto di non averlo sentito. Pochi minuti dopo il Movimento ha diffuso un nuovo elenco di punti programmatici che il Movimento ritiene fondamentali. Dai dieci di pochi giorni fa sono diventati venti.

Insomma, Di Maio ha rifiutato tutte le richieste del PD, sottolineando i contrasti e rifiutando qualsiasi apertura o compromesso su ciò che ha chiesto il Movimento. Il discorso e il tono di Di Maio hanno sorpreso molti osservatori che consideravano l’accordo tra le due forze politiche oramai a un passo dall’essere raggiunto. Il vicesegretario del PD, Andrea Orlando, si è chiesto pochi minuti dopo la fine del discorso se Di Maio non avesse forse cambiato idea sull’opportunità di un governo insieme.

Poco dopo, il capogruppo alla Camera del PD Graziano Delrio ha definito quello di Di Maio «un ultimatum al presidente incaricato» che «non può essere accettato». L’altra vicesegretaria del PD, Paola De Micheli, ha definito il discorso di Di Maio «frutto delle divisioni interne al Movimento 5 Stelle».

Circa un’ora prima del discorso di Di Maio, dopo aver incontrato Conte, il segretario del PD Nicola Zingaretti aveva tenuto un discorso molto diverso e pieno di aperture al Movimento. Zingaretti aveva detto che l’incontro con Conte era stato positivo e aveva elencato le sue priorità per il futuro governo, nominando temi ritenuti accettabili e non controversi per il Movimento, come il taglio delle tasse ai lavoratori e l’aumento della spesa per l’istruzione.

In risposta all’irrigidimento del PD alcuni dirigenti del Movimento hanno provato a moderare gli effetti delle parole di Di Maio. Il più attivo è stato probabilmente il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli che ha detto che il suo partito non ha «assolutamente» intenzione di far saltare l’accordo. «Adesso ci siederemo a dei tavoli con Pd e Conte – ha detto Patuanelli- e troveremo soluzioni». Ha poi giustificato il discorso di Di Maio dicendo: «Non ho visto toni critici o aggressivi» da parte del capo del Movimento.