i titoli delle canzoni scritti tutti in minuscolo
MA ANCHE TUTTI IN MAIUSCOLO, ve ne siete accorti? Succede sempre più spesso, ci sono delle ragioni
Per molti decenni, i titoli delle canzoni in inglese – che fossero pop, rock, rap, ma anche pezzi jazz e composizioni classiche – hanno seguito regole piuttosto precise e omogenee per quanto riguardava la loro notazione: la prima lettera di ogni parola è sempre stata scritta con la maiuscola, salvo che per alcune eccezioni, principalmente gli articoli, le congiunzioni e le preposizioni. Da qualche tempo, le cose sono un po’ cambiate: sempre più artisti scelgono di scrivere i titoli delle loro canzoni con tutte le lettere maiuscole, oppure con tutte le lettere minuscole.
Rientra in questa categoria uno dei dischi pop dell’anno, WHEN WE ALL FALL ASLEEP, WHERE DO WE GO? di Billie Eilish, cantante americana diciassettenne celebratissima dalla critica, che ha deciso di inserire nel suo disco con un titolo tutto in maiuscolo canzoni scritte esclusivamente in minuscolo. Compresa “bad guy”, attualmente al primo posto della classifica di Billboard. Ariana Grande, altra cantante pop di enorme successo, ha pubblicato quest’anno thank u, next, un disco con cui peraltro è riuscita a scrollarsi di dosso l’etichetta di cantante per teenager con un passato a Disney Channel ottenendo buoni riscontri dalla critica musicale. Tutti i titoli delle canzoni del disco sono scritti in minuscolo, come già lo erano nel suo disco precedente Sweetener.
Non è solo un vezzo del pop. Già nel 2017 il rapper americano Kendrick Lamar, il più famoso e apprezzato artista hip hop di questi anni, aveva incluso nel suo disco DAMN. soltanto canzoni scritte in maiuscolo. Lo stesso hanno fatto altri importanti rapper nei loro dischi degli ultimi due anni, come Joey Bada$$, Post Malone, Tyler the Creator, i BROCKHAMPTON (che hanno usato le maiuscole anche per il proprio nome) e Travis Scott.
È una tendenza iniziata qualche anno fa: uno dei primi esempi nell’hip hop fu Birds In The Trap Sing McKnight di Travis Scott, del 2016, in cui tutte le canzoni erano in minuscolo; ma c’è chi cita come pionieri di questo tipo di notazioni alcuni cantanti pop giapponesi dei primi anni Duemila, che traslitterando in inglese i titoli delle proprie canzoni usavano già soltanto il maiuscolo o il minuscolo. In ogni caso è diventata una tendenza consolidata soltanto nell’ultimo anno, o poco più. Il sito Quartz ha messo insieme i dati sulle 200 canzoni più ascoltate su Spotify: nell’ultima settimana del dicembre del 2018 soltanto otto erano scritte tutte in maiuscolo o tutte in minuscolo. In media, nel 2019, le canzoni della classifica settimanale ad avere questa caratteristica erano più di trenta.
Secondo Quartz, la spiegazioni più probabile è legata al fatto che gli artisti in questione sono cresciuti nell’epoca della messaggistica istantanea e dei social network. Con alcune eccezioni – Kendrick Lamar per esempio ha 32 anni – gli artisti che adottano questo tipo di annotazione sono generalmente nati negli anni Novanta, e hanno costruito la propria carriera anche su piattaforme come Instagram, Twitter e Snapchat. Hanno quindi fatto proprie, come buona parte della loro generazione, tecniche di scrittura più informali e immediate, meno legate alle regole tradizionali. Un’altra spiegazione comune, poi, è che i titoli tutti in minuscolo o tutti in maiuscolo siano più eleganti, secondo gli attuali canoni dell’estetica dell’industria musicale, rispetto a quelli tradizionali.
Nei linguaggi attuali di internet, poi, scrivere tutto in minuscolo o tutto in maiuscolo ha assunto significati propri e che variano dal contesto: una certa noncuranza e superiorità nel primo caso, un atteggiamento di sarcasmo nel secondo, per fare due esempi. Ma ce ne sono altri: Twitter e Instagram non permettono di usare corsivo e grassetto, e quindi nei codici di internet l’uso delle maiuscole in certi casi ha sostituito queste funzioni.
Nel 2017 il New York Times aveva già raccontato che l’abitudine di usare solo le lettere minuscole appartiene anche a certi compositori di musica contemporanea (intesa come musica classica contemporanea, definizione usata di rado perché un po’ paradossale). In quel caso, le ragioni però sono diverse e più “studiate”: alcuni compositori hanno raccontato di aver iniziato con questa notazione per usare un approccio più dimesso e rispettoso verso i classici, altri per dare un’atmosfera più intima ai propri brani.
Questa tendenza, in ogni caso, ha fatto emergere tra le altre cose una specie di conflitto generazionale. YouTube, il sistema più comune ed efficace con cui i giovani artisti condividono la loro musica, si presta perfettamente a titoli di canzoni tutti in maiuscolo o in minuscolo. Già su Spotify però, il più popolare servizio di streaming, era stato segnalato qualche problema tecnico per chi voleva usare un nome d’arte tutto in minuscolo, per esempio. E ci sono ancora interi mercati in cui si usa il sistema tradizionale: su Discogs, uno dei più grandi database online di musica e tra le più usate piattaforme per la vendita di dischi in vinile, le canzoni sono sempre annotate con la prima lettera di ogni parola maiuscola e le altre minuscole, anche per i dischi nella cui versione originale sono tutte maiuscole.