Ci serve Internet veloce, ma forse non così veloce
Cambia davvero qualcosa tra 30 e 1.000 Mb al secondo? Per l'uso che ne fa la maggior parte delle persone no, scrive il Wall Street Journal
Quando si cerca un nuovo contratto per la linea Internet di casa, la prima cosa che si va a vedere è la velocità di download dei dati (o banda, come si chiama in gergo) proposta dalle varie compagnie. Negli ultimi anni le pubblicità si sono concentrate proprio su questo aspetto, proponendo velocità sempre maggiori per invogliare i potenziali clienti a sottoscrivere un abbonamento. Se 30 Megabit per secondo (Mbps) sono considerati come “banda larga”, dai 100 Mbps in su si parla di “banda ultra-larga”. Oggi 100 Mbps, 250 Mbps o 1 Gigabit per secondo (Gbps) sono le velocità più comuni che è possibile trovare nelle offerte delle varie compagnie: ma per un normale uso domestico di Internet serve davvero tutta questa banda?
La risposta è no, nella maggior parte dei casi. È il risultato di uno studio condotto dal Wall Street Journal in collaborazione con le università di Princeton e Chicago, che ha analizzato l’utilizzo di Internet da parte di 53 suoi giornalisti. Lo studio si è concentrato sull’utilizzo medio che le famiglie statunitensi fanno di Internet, che non è molto diverso da quello italiano ed europeo. L’attività che ha richiesto l’uso della maggiore banda è stata la visualizzazione in streaming di video, film e serie tv: non sono state quindi considerate in questa ricerca le persone che utilizzano Internet per lavoro in maniera molto intensa e le persone che sono solite scaricare file molto pesanti. Nel 2018 secondo l’ISTAT la quota di famiglie con una connessione ad almeno 30 Megabit al secondo è stata il 73,7 per cento, in crescita rispetto al 70,2 per cento del 2017.
Secondo una ricerca di mercato di Kagan, nel dicembre del 2018 il 65 per cento delle famiglie statunitensi aveva una connessione a Internet con 100 o più Mbps, ma lo studio è giunto alla conclusione che pagare per avere una tale velocità è abbastanza inutile per chi fa un utilizzo “normale” di Internet. Per farlo ha chiesto ai partecipanti di replicare una situazione limite, utilizzando contemporaneamente fino a sette servizi di streaming su più dispositivi per circa mezz’ora. Otto partecipanti al test, con una connessione con 100 o più Mbps, hanno usato in media solo 7,1 Mbps. Una persona con un abbonamento da 300 Mbps ha usato solo 7,2 Mbps, il 2 per cento di quello che paga.
Uno dei partecipanti, Peter Loftus, con una connessione da 150 Mbps, è arrivato a un certo punto del test a utilizzare il 65 per cento di tutta la sua banda. Ma questo picco è durato solo per un secondo: per il resto del tempo ha usato in media il 5 per cento della sua velocità massima di trasmissione. Il picco di banda si è avuto quando ha fatto partire il suo quinto video in contemporanea: i ricercatori hanno detto che la qualità delle immagini è rimasta buona, nonostante qualche piccolo abbassamento della risoluzione.
Un’altra partecipante, Shalini Ramachandran, ha un abbonamento da 15 Mbps: ha raggiunto il limite massimo della sua banda per gran parte del tempo in cui aveva sette video in streaming attivi contemporaneamente, ma ha detto di non aver riscontrato nessun problema con la qualità delle immagini. «Per molte persone non ci sono grandi differenze tra 50 Mbps, 100 Mbps e 1 Gbps», ha detto Nick Feamster, esperto di prestazioni di rete dell’università di Chicago, che è stato tra i ricercatori che hanno condotto lo studio.
I ricercatori hanno spiegato che l’utilizzo di piattaforme di streaming come Netflix, Amazon Prime Video o YouTube non richiede grande velocità di trasmissione. Si riscontrano generalmente dei picchi di dati scaricati solo all’inizio dello streaming, ma poi la necessaria velocità di trasmissione si abbassa rapidamente. Questi picchi fanno sì che il video parta leggermente in ritardo: nel caso di Netflix questo ritardo è stato quantificabile in circa un secondo, sia per gli utenti con più banda che per quelli con meno banda, mentre per Amazon e YouTube questo ritardo è stato anche minore.
Il Wall Street Journal spiega anche che la qualità dello streaming di un video non dipende quasi mai dalla banda. Quando un video su Netflix si vede con una bassa qualità, nella maggior parte dei casi il motivo non è la velocità del proprio abbonamento a Internet, ma il dispositivo che si sta utilizzando per vederlo, il router che si usa per connettersi a Internet, un rallentamento momentaneo di Netflix o altre interferenze.
I ricercatori hanno detto anche che giocare ai videogame online o usare altri dispositivi connessi a Internet non ha fatto aumentare più di tanto l’uso della banda. Per giocare online generalmente non serve molta banda: la società statunitense Comcast consiglia di avere dai 3 ai 6 Mbps di banda. Stadia, il servizio di videogiochi in streaming di Google che uscirà alla fine del 2019, consiglia invece di avere almeno 10 Mbps. I ricercatori però hanno anche spiegato che ci sono casi limite in cui la banda viene usata completamente, come nel caso del download di videogiochi o file pesanti.
Le maggiori società statunitensi che forniscono collegamenti a Internet, come Comcast, Charter, AT&T, Verizon, Altice e Cox, hanno commentato i risultati della ricerca dicendo che una velocità di trasmissione maggiore è richiesta dalla presenza sempre più massiccia di dispositivi connessi a Internet all’interno delle abitazioni, della sempre maggiore possibilità di lavorare da casa per molte persone e della diffusione dei televisori in grado di trasmettere in qualità 4K. Todd Smith, portavoce di Cox, ha detto che sono gli stessi consumatori a richiedere maggiore velocità per la loro connessione a Internet: «Vogliono essere preparati per il futuro, anche se non ne hanno bisogno ora».